La falesia dei Toupé

Grazie all’amico ugetino Guido Bolla vi vogliamo presentare un bellissimo paradiso per l’arrampicata che con il lavoro di tanti appassionati si sta ripristinando in Val di Susa: la falesia dei Toupè.

LA NASCITA …
La Falesia dei Toupè si trova a 950 m di altezza ed ha una esposizione Sud-Est. La roccia è uno gneiss granitoide a grana fine con diedri alternati a placche a tacche e reglettes che richiedono un’arrampicata piuttosto tecnica.
E’ stata scoperta nei primi anni 90 dalla G.A. Alberto Bolognesi che vi ha tracciato ed attrezzato una cinquantina di itinerari fra Monotiri e Multipitches.
Negli anni successivi la vegetazione si è via via riappropriata di parte del territorio e la frequentazione, per un lungo periodo, è rimasta limitata alla grande placconata del Settore Destro e a pochi altri tiri.
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PUNJAB ’70

Oggi era in programma una serata per ricordare a cinquant’anni la spedizione PUNJAB’70. Avrebbero dovuto partecipare alcuni dei protagonisti: Corradino Rabbi, capo spedizione, Alberto Re e Bruno China

Purtroppo questa emergenza dovuta al coronavirus non l’ha resa possibile, ma noi vogliamo rimediare proponendovela in modo virtuale con il racconto della spedizione dall’articolo di Alberto Re pubblicato sulla nostra rivista LIBERI CIELI nel 1970.
Comunque appena possibile la serata verrà riproposta e potremo sentire il racconta dalla voce dei protagonisti.
Buona lettura!

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Carlo Crovella: Prima e dopo

L’amico Carlo Crovella ci fornisce questo racconto ambientato nel bacino dell’Argentière (Monte Bianco) durante la stagione scialpinistica. Crovella, già Direttore della Scuola SUCAI, per diversi anni è stato anche istruttore presso la Scuola di scialpinismo dell’Uget. Da qualche tempo si dedica alla divulgazione degli aspetti più profondi e ideologici dell’andare in montagna (con o senza sci), nell’ambito di una complessiva attività editoriale che è iniziata nei primi anni ’80.

Nella recente intervista a me rilasciata e pubblicata su Gogna Blog il 6 marzo 2020, Roberto Aruga (coautore dell’Aruga-Poma) ha fatto un interessantissimo accenno al tema “scialpinismo e racconto”.

Lo spunto di Roberto ha smosso in me antichi ricordi: sono andato a recuperare alcuni racconti ambientati in contesti scialpinistici. Si tratta di scritti risalenti alla prima metà degli anni ’90. Come tutta la nidiata dei miei testi di fiction di montagna venuta alla luce in quel particolare periodo, si tratta di testi che costituirono il mio passaggio ai racconti di narrativa dopo una lunga militanza dalla stesura di articoli tecnici (relazioni e monografia, sia alpinistiche che scialpinistiche (attività quest’ultima iniziata nei primi anni ’80 e proseguita senza soluzione di continuità fino ai nostri giorno).

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Linda Cottino: L’alpinismo delle donne al tempo di Alessandra Boarelli

Con la postfazione del suo libro NINA DEVI TORNARE AL VISO (Fusta Editore 2019) l’amica, giornalista e scrittrice,  Linda Cottino, ci racconta l’alpinismo delle donne, intorno alla metà dell’ottocento, nell’epoca d’oro della conquista delle cime, quando anche le donne, in compagnia di padri, fratelli e mariti, iniziarono a frequentare le montagne.

Estate 1863. Una settimana prima che la comitiva guidata da Quintino Sella giunga in cima al Monviso, un gruppo di alpinisti anticipa il tentativo italiano alla vetta. Con loro c’è anche una 25enne di Verzuolo. Si chiama Alessandra Re Boarelli. Il maltempo e l’indecisione della guida arresteranno il tentativo. Ma se la salita fosse andata per il verso giusto, una donna avrebbe preceduto sulla vetta i fondatori del Club Alpino. E probabilmente la storia dell’alpinismo italiano organizzato avrebbe
avuto un inizio diverso da quello che tutti conosciamo.
Ad Alessandra, donna colta e libera, il Monviso è comunque entrato nel sangue. E il 16 agosto 1864, un anno dopo il precedente tentativo, riesce a calcare la vetta della montagna. 

Ma chi era davvero la giovane pioniera del Viso? Tra storia e narrazione romanzata, questo libro getta un po’ di luce sulla vita, sulla personalità della protagonista e sull’ambiente culturale in cui la donna maturò la decisione di salire sul Re di pietra.

Buona lettura!

Il 4 settembre del 1838,  lo stesso anno di nascita di Alessandra Boarelli, all’una e mezza pomeridiane una nobildonna francese metteva piede sulla cima del Monte Bianco. Quella donna era Henriette d’Angeville. Aveva la bella età di 44 anni e abitava a Ginevra, dove si era stabilita dopo che il Terrore aveva inghiottito quasi per intero la sua famiglia; da lì, nelle giornate terse, vedeva luccicare in lontananza la cupola bianca e glaciale del Monte Bianco, una montagna che all’epoca era “italiana”, in quanto parte dei territori del Regno di Sardegna. Continua la lettura di Linda Cottino: L’alpinismo delle donne al tempo di Alessandra Boarelli