Renata Andolfi in … “Himalaya in bicicletta: una donna in solitaria dove l’aria è sottile”

Cari ciclo viaggiatori, nell’ultimo mese come alcuni di voi avranno visto, ho fatto un viaggio un po’ speciale, nel nord dell’India, nella regione himalayana dove le montagne sono alte e l’aria è sottile. Ho fatto circa 900 km e, soprattutto, ho attraversato la remota regione dello Zanskar da sud a nord entrando da Manali, dopo aver superato il Rothang pass a quasi 4000 metri, poi ho attraversato la regione cavalcando la nuova strada che da Darcha arriva a Leh, quindi da Leh ho scalato il Kardung la, 5360 mt e sono scesa nella Nubra Valley. Centinaia di chilometri di una strada infernale, che strada ancora non si può chiamare, perché sterrata, sassosa, a tratti sabbiosa con pendenze spesso del 12%.
Ho viaggiato da sola, spesso ho dormito presso famiglie o campi tendati, magari dei lavoratori che provenienti dal Nepal o dal sud dell’India vengono sfruttati per pochi euro al giorno durante l’estate, per lavorare nei cantieri ad alta quota nella costruzione delle strade.
Ho visitato i monasteri buddisti, luoghi di pace e di preghiera, e qui ho anche dormito. Ho condiviso il tè nei campi con le famiglie di contadini, ho visto centinaia di camion militari, convogli infiniti al confine con il Pakistan e la Cina, e interi villaggi convertiti in basi militari. Paesaggi montuosi a perdita d’occhio, rocce che cambiano di colore ad ogni curva: rosse, gialle, bianche, viola, verdi, nere, marroni, colonne di basalto, camini delle fate, blocchi di conglomerato sospesi sulla mia testa, minacciosi. Strade spesso interrotte da frane e frane spostate a mano dalle donne che sasso dopo sasso riaprono il passaggio. Quasi nessuno che parla inglese, e quindi ho comunicato a gesti e sorrisi, perché quelli non mancano mai.
Ho filtrato acqua, ho mangiato riso e lenticchie per giorni, mi sono intrufolata in scuole e ho partecipato ai giochi e alle danze.
Un passo >2000 m, uno >3000, tre >4000 mt, tre >5000mt.
È stata un’esperienza enorme, oltre ogni aspettativa, mi sono riempita gli occhi e il cuore, e sono tornato a casa carica, con un’esperienza che non se ne andrà mai, che ha lasciato un segno profondo nel mio cammino perchè avevo un obiettivo; infatti, non ho pedalato solo per me, ma anche e soprattutto, per le bambine del Rescue Center in Kenya. Il Rescue Center è una realtà di una ONG di fisioterapisti osteopati europei, e non solo, di cui faccio parte. Il Rescue Center è una casa, una fattoria dove accogliamo le bambine che scappano dalla mutilazione delle genitali ( FGM: Female génital mutilation).
Le bambine accolte vengono scolarizzate, ma soprattutto imparano che cosa sia una famiglia, la condivisione, e qui imparano a giocare, a essere complici tra di loro ad aiutarsi mutuamente, a diventare autonome. Quelle più in gamba riescono anche ad andare all’università.
Ho viaggiato per raccogliere fondi con grande, fatica ma spero ben ricompensata da voi. Grazie! ❤️
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