Per non dimenticare: il CAI e le “leggi razziali”

Il Club alpino italiano ha riaperto la questione e inaugurato
un percorso di autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica

Durante il ventennio fascista il Club alpino italiano (Cai) fu alle dipendenze del Partito Nazionale Fascista (PNF). Quando nel 1938 il PNF emanò le “Leggi razziali” per discriminare gli ebrei ed “epurarli” dalla vita sociale, economica, politica, il Presidente generale del CAI Angelo Maranesi (nominato dal regime) emanò una circolare alle Sezioni che ordinava di identificare ed espellere i soci ebrei.
Dopo la seconda guerra mondiale, escludendo poche Sezioni, tra cui quella di Biella, non c’è stato da parte del Cai un atto formale di revisione e riammissione dei molti soci espulsi.

Dopo 80 anni, il CAI riapre la questione e inaugura un percorso di autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica.
Nel 2022, all’annuale Assemblea nazionale dei Delegati, con i rappresentanti di tutte le Sezioni ed i soci dell’associazione, è stata approvata all’unanimità una mozione e programma di indirizzo che impegna il CAI a ricostruire i fatti rielaborando la propria storia, riconoscere la propria responsabilità nel dare continuità alla politica razziale fascista, pubblicare articoli sui fatti e ricerche storiche ull’argomento, riammettere formalmente tutti i soci espulsi (riabilitandone e onorandone la memoria, ove possibile consegnando delle tessere Cai alla memoria agli eredi dei soci espulsi dalla Sezione di Roma, posando delle pietre di inciampo per i soci espulsi).

Mercoledì 25 gennaio 2023, in una giornata che passerà  alla storia come una giornata memorabile, il CAI ha riconosciuto e condannato le leggi razziali del 38/39 per le quali centinaia di soci ebrei sono stati espulsi dal sodalizio.

Il presidente nazionale, Antonio Montani, ha consegnato alle famiglie degli ebrei epurati una pergamena: tessera alla memoria. Tutto questo per non dimenticare.

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