Matteo Olivero : geniale pittore di montagna ingiustamente poco conosciuto

Da qualche mese si può ammirare entrando in Sede la copia di un bellissimo quadro donatoci dall’amico  Roberto Bianco, accademico CAAI.   Di seguito un articolo dello stesso che racconta di quest’artista ingiustamente poco conosciuto …

 Non sono un critico d’arte ma semplicemente un alpinista appassionato anche di quadri di montagna ed in particolare di paesaggi con la neve e qui esprimerò opinioni molto personali.

Il pensiero corre subito alla rivoluzione della luce del Divisionismo ed al grande maestro Segantini ed ai suoi discepoli Fornara e Maggi . Magnifiche anche le nevi del biellese Bozzalla. Il Divisionismo , usando le parole di Luigi Marini “ non è che un mezzo tecnico per riprodurre colle materie coloranti le vibrazioni luminose dei raggi onde si compone la luce”. Pennellate a filamenti stratificati più o meno cariche di colore che conferiscono un effetto di maggior luminosità . Una tecnica che era derivata dalle scoperte della Fisica sulla scomposizione dello spettro della luce.

Anche se non proprio divisionisti amo ricordare Andrea Tavernier con i suoi violenti contrasti cromatici e pennellate ricche di materia. Non dimentichiamo Alberto Falchetti di Caluso che nei primi anni del novecento andò al passo del Maloja a studiare i paesaggi segantiniani , dove era stato preceduto da Fornara e Maggi .

Matteo Olivero nasce nel 1879 a Villa di Pra Rotondo , frazione di Acceglio in val Maira dove ritornerà dopo gli studi a Dronero , Saluzzo e Torino . Legatissimo a sua madre ed alla sua valle non si allontanerà mai troppo dai luoghi natii tranne qualche puntata a Parigi e Venezia . Val Maira , valle Varaita , valle Po e valle Grana sono i suoi paesaggi prediletti , profondamente sentiti ed in armonia con la sua anima di autentico valligiano . Come se lui stesso facesse parte della natura che rappresenta sulla tela , infatti spesso è forse lui quella figura che appare nel quadro a completare la composizione.  Arriva alla tecnica divisionista ammirando e studiando le opere di Segantini , confortato ed incoraggiato da una fitta relazione epistolare con l’affermato pittore alessandrino Pellizza da Volpedo.

Specialmente nelle grandi dimensioni , fantastici ed emozionanti sono i paesaggi delle sue amate valli ammantate di neve , con un’incredibile gradualità di toni luminosi fitti ed intensi che ben rendono la tersa e limpida atmosfera della montagna invernale . Maté, come lo chiamano i suoi amici , capisce , sente e riproduce le sensazioni della montagna come solo un vero valligiano , figlio dei monti , sa fare . Maggi ha talento, ma ad certo punto smette con la tecnica divisa perché si impazzisce , si perde troppo tempo per realizzare un quadro . Dopo gli anni trascorsi a la Thuile preferisce ritornare a Torino , ama la vita mondana , i salotti e le belle signore della buona borghesia che lo richiedono per la sua abilità di ritrattista . I suoi bei dipinti sul Cervino o sulla catena del Monte Bianco arricchiscono i saloni delle residenze di villeggiatura dei ricchi torinesi. Maggi vive brillantemente in società mentre il nostro tenero e sensibile Matè continua a vagabondare con cavalletto e colori per le sue amatissime valli cuneesi facendo bozzetti , studi di natura più impressionistica e prove quasi definitive alla continua ricerca di una perfezione compositiva e cromatica . Nel 1908 termina “Solitudine “ opera impegnativa e bellissima di notevoli dimensioni 150×200 , che riceverà molti premi da parte della critica . Indubbiamente uno dei suoi capolavori.

Permettetemi di osservare come tutti i pittori di montagna che ho citato in precedenza pur avendo notevoli talenti , tecniche ed abilità tendono spesso ad una rappresentazione un poco retorica e formale. Matteo Olivero è più puro , diretto , inondato di sensazioni che riesce a trasmettere . Pochissimi  sanno arrivare ad una tale fortissima ispirazione . Per rendervi l’idea vorrei ancora proporvi un altro suo capolavoro : “ Sole invernale, dopo la nevicata “, 1911-1914 , quadro esposto a Novara nel castello Visconteo Sforzesco , posizionato accanto al quadro di Segantini , icona della mostra” Divisionismo – La rivoluzione della luce “.

Così commenta il Prof.Piergiorgio Dragone : “C’è la pace, il silenzio e la solitudine della natura che piaceva e quietava Matteo Olivero, mentre poteva così osservare gli effetti della luce solare che si tramutavano in pulviscolo luminoso e colorato, in un infinito gioco di ombre e di parti in pieno sole, dando luogo a plurime rifrazioni iridescenti…..l’artista sa rendere la sensazione di chi è abbacinato ed inondato dalla diffusione dei raggi nello spazio circostante, esaltato dalla coltre nevosa e dalla miriade di piccoli fiocchi nell’atmosfera .”

Nel 1932 a Verzuolo , dove era ospite dell’ing. Luigi Burgo, suo mecenate, il geniale e sfortunato artista si lascia cadere da una finestra , amareggiato dalla scomparsa madre a cui era legatissimo e dalla critica che negli ultimi tempi lo aveva trascurato ( fine del Divisionismo , Futurismo….). La sua fama è rimasta viva nelle sue valli , a Dronero , Saluzzo , Cuneo e Torino, dove appassionati collezionisti custodiscono gelosamente i suoi capolavori , ma al di fuori di questo ristretto cerchio pochissimi lo conoscono . E questo non è giusto perché Matteo Olivero si merita molto di più !  Quando a Novara entrai nella sala centrale dedicata alla neve , vi erano tutti i grandi divisionisti italiani che si erano cimentati sul tema :  Segantini, Fornara, Maggi, Pellizza da Volpedo, Morbelli, Tominetti. Eppure il suo quadro  posizionato tra il Segantini ed uno strepitoso Fornara reggeva benissimo il confronto . Anzi se ci concentriamo sulla pura resa del magico manto nevoso ,  li batteva tutti !!

E’ colpa di noi piemontesi che non sappiamo valorizzare i nostri figli migliori . Se Olivero fosse nato in una valle lombarda  avrebbe avuto ben altra notorietà .  Gli alessandrini Pellizza e Morbelli , come pure Fornara , provengono da aree che gravitano culturalmente e commercialmente su Milano.  Mentalità dinamica, giro di denaro, mostre , pubblicazioni ed abili galleristi che sanno fare il mercato . Qui da noi i collezionisti non ti lasciano nemmeno fotografare un quadro per un catalogo aggiornato…. “ Eh ! Poi va a finire che tutti sanno che ce l’ho io ! Neh !”. Morbelli è conosciuto a Londra e New York grazie a splendidi quadri come “Le Risaiole “, ma ha fatto anche tanta, tanta retorica stucchevole con le vecchiette del Trivulzio e con montagne e nevi neanche paragonabili a quelle del nostro Maté , essendo lui uomo di pianura . Lo si sente e lo si vede. Eppure è noto mentre l’altro è sconosciuto . Vi sembra giusto ?

Negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo : nel 2019 il Prof. Antonio Musiari ha organizzato a Torino presso l’Accademia Albertina e contemporaneamente a Saluzzo , a Cuneo , a Rore in val Varaita una mostra su Olivero. Sta pazientemente lavorando alla riscoperta di opere fino ad ora sconosciute . Alcune aste torinesi hanno riacceso un po’ d’interesse sull’artista . Nelle sue valli sono nate spontaneamente tante iniziative e piccole mostre . Si sono organizzati tour sui luoghi dove ha dipinto le sue opere più famose. Nei ristoranti della val Maira vi sono alle pareti riproduzioni delle sue opere , il parcheggio auto di Acceglio è foderato da poster di suoi quadri. E’ bella questa riscoperta di orgoglio valligiano . Speriamo . Vorrei solo che a questo grande e sfortunato artista venisse giustamente riconosciuto il merito e la fama che gli spettano.

Roberto Bianco
CAAI gruppo occidentale

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