Lorenzo Barbiè: 4 X 2600

Mentre  #IoRestoaCasa ma certamente #andràtuttobene, l’amico Lorenzo Barbiè ci ha regalato un altro racconto di una sua bella “impresa”: buona lettura!

Il titolo non è un bizzarro quiz matematico bensì è la sintesi di un’idea che ha preso piede. Qualche volta le idee bizzarre fanno capolino e propongono alcuni obbiettivi, esse agiscono come tarli nel corso del tempo. E’ così che, per parafrasare in maniera minimalista e con una certa dose di autoironia, ho pensato di emulare coloro che tentano la salita alle cime più alte della terra, i celeberrimi 14 Ottomila. Non è che abbia la mania del collezionismo, pensandola però in tono decisamente minore mi sono messo in testa di collezionare i “prestigiosi” 4 DuemilaSei della Alpi Liguri, in giornata naturalmente e con gli sci, soluzione interessante e casalinga.
L’idea era maturata tanti anni fa, tant’è che non ne rammento più l’origine. Per molto tempo, durante la stagione dello scialpinismo, riproponevo, fino a renderla un tormentone, questa idea ai miei amici. Ma ad ogni stagione, per un motivo o per l’altro, questa traversata non s’aveva da fare, vuoi per il tempo, vuoi per la neve (poca, troppa, pericolosa) oppure per mancanza di allenamento o di reale convinzione. Venne finalmente l’anno in cui le congiunture astrali, nivometriche e meteorologiche furono favorevoli ed è così che ad un inizio di aprile è incominciata questa piccola avventura.

Ma cos’è questo concatenamento, questa cavalcata delle Alpi Liguri? Da come l’ho interpretata essa consiste nella salita, una via l’altra, delle 4 cime delle Liguri che superano i 2600 metri, nell’ordine da est ad ovesti: il Mongioie 2630 m, la Cima delle Saline 2612 m, la Pian Ballaur 2604 m e il Marguareis 2651 m, la più alta. Ovviamente in giornata. E’ pur vero che uno ad uno avevo già salito queste cime e qualcuna anche più d’una volta. Spesso mi ero insinuato negli anfratti e nelle ampie conche delle valli Pesio, Ellero, Corsaglia e Tanaro. Sono sempre stato affascinato da queste orografie molto particolari, da questo ambiente carsico ricco di sorprese e contrasti. Qui le quote non sono così rilevanti, altro che 3-4000 metri, eppure tra queste montagne ci si muove in un ambiente tra i più affascinanti delle Alpi, al cui interno si sviluppano alcuni tra i più grandi e complessi sistemi ipogei italiani e non solo. Inoltre la grande quantità di neve che qui in genere abbonda molto più che su montagne più elevate fa si che non ci siano sostanziali differenze tra questi luoghi e zone più elevate e glaciali.

L’ unica concessione avvallata per questa “impresa” è stata quella di alleggerire la traversata facendo il viaggio da Torino in Val Tanaro, la più meridionale delle valli piemontesi, quindi salire e pernottare al rifugio Mongioie a 1550 m, sopra Viozene, il giorno prima. Per il “Gran Giorno” della traversata erano previsti in totale 2250 m di dislivello di salita e 2400 circa in discesa. Al termine i dislivelli effettuati furono di 2480 metri in salita e 2630 in discesa.

Il gruppettino, che potremmo definire “la compagnia dell’anello”, oltre che dal sottoscritto, era formata da Giovanni-Giuan, Carlo Alberto, Marco e PaolinoZeta. Avremmo dovuto essere qualcuno in più, ma la meteo, che segnalava si tempo bello ma uno zero termico ben oltre i 3000 metri, fece da disincentivo per alcuni amici. Partimmo nel primo pomeriggio con calma da Torino il 2 aprile, giornata di grande caldo, anomalo per il mese. Sarà un periodo di quasi due settimane caratterizzato da temperature prettamente estive. Lungo la strada decidemmo di andare con l’auto a Carnino anziché a Viozene. C’è quasi un’ora in più per arrivare al rifugio, in compenso saremmo arrivati direttamente all’auto il giorno successivo, compiendo un perfetto anello.

Parcheggiammo l’auto al bivio dei due Carnino, poco distante da entrambe le borgate. Il percorso da Carnino Inferiore al rifugio Mongioie è piacevole, rilassante e panoramico, con un unico punto un po’ ostico laddove c’è la passerella sulla risorgenza della Grotta delle Vene, che fu distrutta da un’alluvion qualche anno prima. All’ospitale rifugio c’è il tempo per riposare e rilassarsi.

3 aprile: colazione alle 5 e partenza 45 minuti dopo. E’ ancora buio ma già i primi chiarori dell’alba appaiono all’orizzonte. Saliamo sci in spalle il ripido pendio che conduce al Bocchino delle Scaglie. La neve è dura ma ci sono ottime tacche e non c’è bisogno di ramponi. Al colle in due calziamo prudenzialmente i ramponi, gli altri sci e coltelli. Arriviamo sulla cima del Mongioie, la prima. Ed è l’inizio di una giornata con tempo magnifico, temperature corrette nonostante il gran caldo annunciato. L’innevamento è ottimo e i panorami si dilatano su monti anche lontanissimi e sul mare. La prima discesa è su neve molto dura, in alto un po’ ventata, poi pendii lisci come biliardo. Rapidamente ritorniamo alle Scaglie col sole che arriva a lambirci. A piedi saliamo sulla cima successiva, una cima intermedia Pian Comune 2408 m. Seconda discesa nel vallone delle Saline su pendii lisci a meraviglia e neve che non cede nemmeno di un millimetro. Discesa esaltante fino a 2050 m in prossimità dell’inizio di un valloncello nascosto che risaliamo fino alla Cima delle Saline a fianco di strutture calcaree imponenti. Fa caldo nelle conche inferiori ma poi subentra un venticello fresco, che obbliga a rivestirci. Arriviamo così alla seconda cima, le Saline per un itinerario più lungo ma più sicuro, che ci fa evitare il ripido pendio sopra il Passo delle Saline. Con la terza discesa arriviamo sull’ ampio colle tra Saline e Pian Ballaur; è corta e rapida e, soprattutto, sempre con bella neve. Ci concediamo una lunga sosta sull’ampia sella. Ripelliamo per salire i 120 metri che ci separano dall’ampia cima della Pian Ballaur. La discesa sul versante opposto, l’ovest, è la più bella in assoluto, sia per la neve meravigliosa, puro firn, sia per i pendii ripidi e per la bellezza dell’ambiente. Scendiamo sulle mitiche, speleologicamente parlando, conche di Piaggia Bella. Passiamo sotto la capanna Saracco Volante e a 2150 ci fermiamo. Messe per l’ennesima volta le pelli, facciamo un lungo traversone sotto Cima Palù, fino a portarci nel Vallone che sale al Marguareis. A 2300, col fatto che ripasseremo da lì in discesa, sostiamo e svuotiamo gli zaini di tutti ciò che non ci serve. Più leggeri ci incamminiamo lungo l’ultima salita. Per incanto e nemmeno troppo stanchi percorriamo gli ultimi metri verso la grande croce del Marguareis, per lo più sepolta dalla neve. La soddisfazione è grande. Sono quasi le 16 ma ci concediamo una mezz’ora di riposo, quasi volessimo ritardare il momento della discesa. La discesa, l’ultima, è a sud, i pendii hanno preso sole tutto il giorno, ciononostante la neve è ancora ottima, appena appena cotta in superficie. Così si mantiene sino a 2200 m. Poi è decisamente marcia ma gli ampi pendii ci consentono di effettuare lunghi traversi per giungere nei pressi della Gola della Chiusetta. Nel frattempo siamo distratti da branchi di numerosi camosci. Poco oltre la gola, a 1800 m circa, la neve termina. Sci in spalle procediamo lungo il sentiero che comodamente ci conduce a Carnino e all’auto.

Si chiude così il nostro giro e si esaudisce un sogno a lungo desiderato, un piccolo evento nella vita quotidiana di ognuno di noi partecipanti. Non resta che festeggiare “l’impresa” con una cena degna al Tiglio a Viozene, dove stemperiamo la fame con ottimi agnolotti e ben altro e la sete con bottiglie di dolcetto.

 

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