L’amica guida alpina Anna Torretta, già allieva e poi aiuto istruttore della nostra Scuola di Alpinismo Alberto Grosso, ci ha fatto un bellissimo regalo con il prologo del libro in prossima uscita “Whiteout. Coraggio, Audacia, Speranza. Il mondo attraverso gli occhi di tre donne che hanno visto nella fine un nuovo inizio.”
Il libro è scritto insieme a Eleonora Delnevo e Dorota Bankowska e racconta la loro storia di amicizia. Un libro attuale che parla di un whiteout psicologico, diverso, ma in molti aspetti simile a quello che stiamo vivendo in questi giorni.
Noi alpinisti sappiamo cosa è un whiteout, è una tempesta di neve che rende tutto bianco, in cui non capisci la direzione da prendere, dove andare. Oggi possiamo usare il termine anche in senso figurato per una situazione che ci destabilizza e di cui non si vede l’uscita.
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Prologo
Lola sbuffa, arranca, fatica, le gocce di sudore colano sotto il casco nonostante sia a contatto con la superficie gelata. Il movimento sordo e ripetitivo della piccozza risuona nel ghiaccio come il battacchio di una campana di montagna, mentre il bianco della neve abbaglia l’orizzonte e la parete est del Gran Paradiso si staglia in un cielo due volte azzurro. È una fantastica giornata di sole e in Val di Cogne, poco distante, risuonano le urla dei tifosi che seguono i mondiali di sci di fondo che si stanno svolgendo proprio in questo momento.
Se all’inizio le veniva quasi da ridere e non faceva che commentare “voi non siete normali, mi sento una deficiente!”, ora è concentrata, gli occhi sul ghiaccio e le piccozze strette tra le mani. Lola è immersa nel piccolo mondo che la circonda, in quei centimetri di acqua gelata sui quali sbuffa e spinge mentre Dot e io siamo così prese, così parte di quello che sta facendo, che le nostre urla e i nostri incoraggiamenti – “dai, su, alè alè” – suonano più alti di quelli dei tifosi.
Siamo una cordata affiatata, anche se non ci conosciamo da tantissimo. Tra noi c’è quel tipo di legame che si crea tra persone che condividono le stesse passioni, e basta uno sguardo o una mezza parola per capirci. In più sappiamo quanto sia importante per Lola, quanto ci tenga. Nonostante il sorriso con il quale si fa forza, sappiamo che questa è la scalata più difficile della sua vita, che dopo quattro anni di allenamenti, pianti, rinunce e fatiche c’è in gioco più della scalata in sé: c’è la vita stessa, la voglia di riprenderla tra le mani.
Nella parte centrale ha dato il meglio. Si è sciolta, i movimenti sono diventati più fluidi e i colpi più secchi e precisi, si è trasformata in una sorta di mitragliatrice che colpisce la superficie gelata senza sosta, un colpo dopo l’altro. Ma ora che siamo nel tratto finale rallenta nuovamente. Il caldo, lo sforzo, i muscoli in tensione, impegnati a spostare il peso del corpo… per un attimo è come se volesse fermarsi, rinuncia- re. Come se pensasse: chi me lo fa fare? Chi voglio prendere in giro?
Ma Dot e io non le diamo tregua. Ancora accanto, ancora a dirle: forza, avanti, come on Lola!
Fallo per noi che siamo qui con te, le chiedo senza dirlo, che facciamo il tifo per te. Fallo per gli altri che sono nella tua condizione, che non hanno la forza e forse la follia di immaginarsi fuori dalla prigione nella quale il destino li ha rinchiusi; per i quali puoi diventare un esempio, o se esempio non ti piace almeno uno stimolo, una speranza, un modo per dimostrare che non conta il passato ma solo il futuro, quello che stai cominciando a costruire qui e ora. Che il modo in cui vivi il presente è solo una questione di prospettive e che il passaggio dal subire una condizione alla quale la vita ti ha costretto ad affrontare la vita in modo positivo dipende solo da te. Infine fallo per te stessa, perché non stai scalando una parete di ghiaccio, ma stai scalando il ghiaccio della tua nuova vita. L’unica cosa che cambia è l’orizzonte, il punto di vista, la progressione non più verso l’alto, ma verso il confine tra terra e cielo.
Lola riabbassa gli occhi, di nuovo faccia a faccia con il ghiaccio. Poi non li rialza più. Non dice niente. Sbuffa e stringe i denti. E riprende ad avanzare. Un colpo dopo l’altro, un centimetro dopo l’altro. A mano a mano che procede si lascia indietro pensieri, ricordi ed emozioni che fanno male, e si concentra sulla meta, sul raggiungimento dell’obiettivo. Ormai è sul tratto finale, ma i movimenti sono rallentati dalla fatica, la piccozza è sempre più pesante, il respiro affannato.
Sa che manca poco. Ma quel poco vuol dire tanto.