Roberto Mantovani: Un Monte Bianco senza fili

L’amico, giornalista e scrittore, Roberto Mantovani ci ha gentilmente concesso la pubblicazione di un articolo pubblicato anni fa: “Un Monte Bianco senza fili”

Un Monte Bianco senza fili. Preistoria o paradiso degli alpinisti? Oggi possiamo solo immaginarlo, ma c’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui il gigante delle Alpi e il suo intorno era in grado di regalare ad alpinisti, escursionisti e viaggiatori il fascino della lontananza e delle scalate senza fine. Fin quasi alla vigilia della Grande Guerra, cime e ghiacciai che sovrastano Chamonix e Courmayeur profumavano ancora d’avventura.

È stato per caso, frugando tra i vecchi libri di una vecchia biblioteca, che tempo fa abbiamo iniziato il nostro viaggio nel tempo. All’indietro, beninteso, ché in avanti c’è meno gusto.

Stazione di partenza sono state le pagine centrali di un antico Baedecker del 1894: il Manuel du Voyageur del Sud-Est de la France, du Jura a la Méditerranée (et y compris la Corse).

Abbiamo scoperto che la Chamonix del tempo vantava sei hotel di buon livello e sei «più modesti», oltre a due caffè: il Carrier, «assez cher» e il de la Terrasse, «au bord de l’Arve». Per ammirare ghiacciai e panorami, spiegava il compilatore della guida, sarebbe stato bene farsi accompagnare dalle guide locali. Che erano però del tutto superflue per le «promenades ordinaires», vale a dire: il Montanvert (sic), la Flégère e il Brévent. In ogni caso, assicurava il Baedeker, le guide erano organizzate in una compagnia, sotto la direzione di un capo guida che, a turno, smistava gli incarichi per le diverse escursioni. Ma era altresì possibile scegliere questa o quella guida a proprio discernimento. I bagagli venivano trasportati dalle guide o a loro spese, purché non superassero il peso di 12 chili per le gite ordinarie e i 7 chili per le ascensioni difficili. Tariffa speciale, ça va sans dire, per l’ascensione del Monte Bianco. Per le scalate impegnative, la guida faceva il nome di una trentina di professionisti. Chi voleva il cavallo o un mulo al seguito, doveva sborsare la stessa tariffa dovuta alle guide: equiparazione assoluta.

Camminare, comunque, si doveva. Per salire alla Flégére, di fronte alla Mer de Glace, al passo di allora, occorrevano 2.30-3 ore; per il Montanvert, invece, bastavano 2-2.30 ore (mulet: 6 fr.). E poi occorreva assolutamente visitare la Mer de Glace, dove «le passage du glacier n’offre pas de difficulté, et, si l’on a le pied sûr, on n’a besoin de guide», il Glacier des Bossons, e ancora ammirare il grandioso panorama del Brévent, Per salire sul Monte Bianco, considerato «le roi des Alpe, mais non des montagnes de l’Europe, comme le croyait encore naguère, car l’Elbrouz, dans le Caucase, a 5631 m…», si prendevano di solito due guide (100 fr. l’una, vale a dire circa 375 euro) e un portatore (50 fr.) per ogni persona, più una guida per ogni altro alpinista del gruppo. Ma se un alpinista possedeva già una certa esperienza e un buon allenamento, bastavano una guida e un portatore. In totale, calcolando le provviste e le soste al rifugio dei Grands Mulets, l’avventura in alta quota richiedeva un esborso di almeno 220-250 franchi (825-940 euro). E per attraversare la montagna, considerando il fatto che non esistevano funivie? Per scendere a Courmayeur, bisognava valicare il Col de Géant, «passage fatigant, mais sans trop de difficulté pour les vrais alpiniste et très interessant (guide: 50fr.; porteur: 30fr.): in tutto erano necessarie 15-16 ore, se tutto procedeva per il meglio.

Un piccolo angolo d’Himalaya nel cuore della Alpi, dunque. Periferia del Regno di Sardegna fino alla cessione di Nizza e della Savoia a Napoleone III, e poi sede della prima «industrie des étranger», la Valle di Chamonix non resterà però a lungo così come l’abbiamo descritta. Sul finire degli anni 10 del nuovo secolo, di qua e di là delle Alpi giornali e rotocalchi annunciavano già la prossima inaugurazione di «una delle più ardite applicazioni di ferrovia funicolare aerea» che, una volta completata, avrebbe condotto i turisti sull’Aiguille du Midi». Scienza e tecnica, ormai, avevano deciso di colonizzare anche le alte quote.

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