lo, Jean Marc Boivin velocista del Monte Bianco

A trenta anni dalla sua tragica scomparso vogliamo ricordare un pioniere dell’alpinismo di velocità (integrale di Peutérey al Bianco in dieci ore e mezza), dei famosi “concatenamenti” (più itinerari duri in poche ore), con un capolavoro: discesa con gli sci dalla Est del Cervino, risalita della parete Nord in quattro ore, discesa in deltaplano, in un solo giorno.
Lo ricordiamo con un articolo dell’ugetino Emanuele Cassarà, giornalista e scrittore,  tratto dal suo libro UN ALPINISMO IRRIPETIBILE

27 agosto 1983 – dal nostro inviato (Emanuele Cassarà)

Chamonix – Mi illumina l’ultima impresa di Jean Marc Boivin, francese di Digione residente a Chamonix, classe 1951, alto 1,74 per 64 chili di peso, guida alpina, deltaplanista (record sull’Aconcagua), sciatore del brivido (tutti i canaloni estremi del Monte Bianco), velista (in battello nello stretto di Capo Horn, scende, scala una parete, risale in barca e va), sub, canoista di torrente, fotografo, consulente tecnico…
Boivin ha già salito la nord delle Jorasses (Linceul) in 2 ore e 45′ (Desmaison, 1972, in sette giorni); la nord del Cervino in 4 ore e mezza (e dal Cervino è disceso con gli sci per la parete Est, poi vi è risalito e ne è disceso in deltaplano); il Pilier d ‘Angle di Bonatti-Zappelli in quattro ore da solo (Bonatti in due giorni); il Pilier Rouge d’inverno con Patrick Berhault in 3 ore e 30’ (Bonatti-Oggioni in tre giorni, d ‘estate).
L’otto agosto scorso ha infine ripetuto da solo l’Integrale di Peuterey, in 10 ore e trenta (nel 1972 René Desmaison, prima solitaria, in tre giorni). Un’impresa nuova e di svolta.
Devo andare a vedere che faccia ha, devo parlargli. Parto per Chamonix, suono alla sua porta ed entro in casa del campione che un po’ ha mortificato, e avvilito, l’alpinismo degli altri.
Gli domando: qual è il segreto della tua velocità?
“La notte, anziché in un freddo bivacco o dentro un buco nel ghiaccio, preferisco dormire con Françoise, mia moglie”.
Françoise è una giovanissima signora, bionda molto bella che attende Jean Marc badando al troppo vispo Nicolas, quattro anni, e ad Amandine, sei mesi, e facendogli da segretaria trilingue. La vista, dal grande balcone del residence di Chamonix, è su quel Monte Bianco maestoso, proprio stampato sui vetri.
“Françoise, com’è la vita con un corridore del Monte Bianco che ha spaventato gli alpinisti?”.
Normale, se Jean Marc mi portasse qualche volta sulla Costa Azzurra. Non vivo in angoscia. Mi preoccupa quando ritarda di mezza giornata, ma è stato sempre puntuale”.
Simone, la moglie di Renè Desmaison, principe di Chamonix, si preoccupava quando il marito ritardava di una settimana…
Visitando René Desmaison nella sua casa, in quegli anni, si respirava aria di dramma e si stava di fronte a persone fiere, orgogliose, il cerimoniale era guerresco. Qui dentro i bambini giocano, si ride…
Anche René, come Boivin, era “guida indipendente”, ma per poter star meglio contro le guide ufficiali, la burocrazia ufficiale dei tradizionali e dunque meglio cercare continue rivincite e consumare vendette. Dunque gli assi sono sempre ribelli, e si assomigliano tutti.
Chiedo a Jean Marc qual è il problema personale che più l’assilla.
Trovare buoni sponsor – mi risponde – e gente che capisca“.
Per far capire gli sponsor occorre far capire i media, stampa e televisioni. Oggi, nell’epoca dopo-Messner, è difficile spiegare che non esiste più la conquista e non esistono più i conquistatori.
La prima spiegazione l’ha data proprio Messner scalando da solo l’Everest senza ossigeno, ma per il grosso pubblico ancora non bastava, forse. L’alpinismo aveva bisogno delle spiegazioni di Boivin, che, applicando l’alta velocità in montagna e su pareti difficili, ha dimostrato che non si tratta di un altro alpinismo o, peggio, di un non-alpinismo, bensì, semplicemente, di alpinismo moderno, senza le retoriche e i riti e senza scomodare “ideali” che forse esistevano ma non esistono più. L’ideale è ciò che un uomo o una donna sentono come giusto, bello, necessario. Se miti, tabù, inibizioni, paure ancestrali sono stati sgretolati e dopo che i vecchi già avevano dimostrato e proprio sul Monte Bianco di essere capaci, se necessario, di correre con tempi incredibili sulle Alpi, e di rivelare audacie insuperabili, bisognerà pur cercare altre strade.
Jean Marc, cosa dimostrate voi velocisti sulle Alpi?
Che noi uomini siamo ancora da scoprire perché conserviamo misteri enormi. Migliorando le nostre qualità tecniche, verificandole continuamente, ci accorgiamo di disporre di risorse sempre nuove e vaste. Tra vent’anni cosa saprà fare un uomo sul Monte Bianco? L’alpinismo dei Bonatti e dei Desmaison era diversamente concepito. Ci si preparava sempre al peggio, il pericolo era l’incognita. Dunque sacchi pesanti, di viveri per giorni, di chiodi per giorni, di fornellini, di indumenti pesanti per i bivacchi. Chi poteva prevedere cosa poteva succedere lassù?“.
Adesso che la strada è conosciuta e le proprie forze anche, Jean Marc Boivin parte l’8 agosto alle 5 dai nevai del Fateuil  des Allemands,  cioè dalla conca  dell’Aiguille Noire di Peuterey sopra  la Val Veny di Courmayeur (m 2700)  e in due ore e tre quarti  s’arrampica sulle creste della Sud della Noire, sino a 3773 metri. Scende nell’orrida Nord  (400 metri appeso alla corda,  mano a mano assicurata ai chiodi), risale sulle rocce e i ghiacci delle Dames Anglaises, ridiscende, risale l’Aiguille Bianche, ridiscende, risale dal Colle di Peuterey i contrafforti  del Pilier d ‘Angle e la Cresta di Peuterey sino in vetta al Monte Bianco, con oltre tremila metri di dislivello in salita e oltre un migliaio in discesa, 4 km in linea d’aria, 7 km di sviluppo del percorso. Alle 15,30 è in vetta, dopo 10 ore e 30’ dalla partenza, poi di corsa (gli alpinisti normali impiegano mezza giornata) alla stazione della funivia dell’Aiguille du Midi; alle 17,30 entra in casa e bacia Françoise, che lo accoglie come suo marito rientrasse dal lavoro in una banca.
Allenamento speciale? “No“.  Alimentazione speciale? “No. Un pezzo di cioccolata.  Ero senza borraccia“. Scarpette di gomma sulle rocce, scarponi (precedentemente depositati sulla Noire) e ramponi, poi. Due piccozze, una corda di 40 m sulle spalle. Nei tratti rocciosi i chiodi ci sono e ravvicinati.
Ci dici come si fa?
Le difficoltà rocciose sono di due gradi sotto le mie capacità, quelle su ghiaccio anche.  Dunque non mi sono mai assicurato ai chiodi e ho risparmiato molto tempo“.
L’alpinismo programmato a ore anziché a giorni.

(Jean Marc Boivin è poi caduto il 17 febbraio 1990 gettandosi con il paracadute giù dal Salto Angel, in Venezuela )

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