Il Signore dei 3 Anelli

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende”, non male come incipit, però è già stato usato: non preoccupatevi, non voglio tirare in ballo Tolkien e la sua meravigliosa saga, anche se il potere magico degli anelli in qualche modo rientra in questo raccontino, così come rientra in un certo qual modo un’altra qualità degli anelli: la preziosità.

Preziosi sono gli anelli nello scialpinismo, ma lo stesso concetto lo si può estendere alle escursioni o ai trekking. Caratteristiche: punto di arrivo e di partenza sono gli stessi; si parte e si arriva da itinerari diversi. “A la boucle comme a la boucle” così diceva il mio caro amico Simon, le canadien errant; lui teorizzava che l’espressione massima di un’escursione fosse quella di non passare mai dallo stesso punto. Concetto semplice ma non sempre realizzabile. Occorre essere prudenti, acuire la percezione e la conoscenza del terreno in cui ci si dovrebbe muovere e, per lo scialpinismo, valutare lo stato della neve, visto che in genere, in un anello, si toccano tutte le esposizioni.

Gli anelli, ma anche le traversate, hanno un fascino particolare rispetto alla gita andata-ritorno. Forse parlare di avventura può essere esagerato, ma indubbiamente scatta la molla della curiosità e dell’incognito, dell’andare a vedere cosa c’è dall’altra parte, cosa si incontrerà, quali saranno gli imprevisti. Quando si raggiunge un colle od una cima e si decide di buttarsi sul versante opposto, c’è un momento magico in cui si è sospesi, timorosi ed irrequieti, ma anche si avverte una intrinseca soddisfazione. C’è la sensazione che si taglino i ponti alle proprie spalle, c’è una scarica di adrenalina: “alea jacta est”, il dado è tratto e via verso nuovi orizzonti e verso una piccola o grande avventura. Al termine della gita ci sarà un bel senso di compiutezza e di appagamento.

E ora eccomi qui a proporre tre anelli. Essi sono stati percorsi in tempi in cui non erano ancora noti e in cui avevo la presunzione di essere stato uno dei primi o tra i pochi a percorrerli. In effetti furono cavalcate solitarie mie e degli amici che erano con me; non incontrammo altri scialpinisti, ne c’erano traccia là dove veniva abbandonato il tratto classico o più conosciuto. L’assenza di tracce diventava uno stimolo per addentrarsi in terreni non ancora battuti. La loro realizzazione è stata possibile grazie allo studio delle carte, alle osservazioni fatte in gite precedenti, su montagne dirimpettaie o adiacenti. Inutile dire che i tre anelli qui descritti sono estremamente suggestivi e di grande bellezza; hanno in comune il punto di partenza ed arrivo in Italia e passaggi in terra francese. Tutti sono percorribili in giornata.

Anello del Pelvo di Ciabrera

Si volge lo sguardo verso la Val Varaita, alla cui testata si aprono diversi valloni, seguiremo quello di Bellino per sconfinare in Francia, in un angolo dell’Ubaye, dove molti impluvi convergono su Maljasset. Se ne percorrono alcuni sino a toccare il fondo del Vallon de Chabriere, da cui si torna in Italia attraverso il Col de l’Autaret. Questo giro è il compendio di due itinerari descritti nello storico libro “Dal Col di Nava al Monviso” ediz. CDA: la Testa Malacosta e il Pelvo di Ciabrera.

L’itinerario.

Punto di partenza: Sant’Anna di Bellino 1880 m, ampio parcheggio presso il Rifugio Melezet.

Dislivelli obbligatori: 1800 m in salita e discesa.

La prima salita si svolge lungo il classico itinerario della Testa di Malacosta fino all’omonimo colle a 3093 m. Da Sant’Anna si toccano alcuni gruppi di baite: le Grange Cruset 2021, poste sotto la caratteristica Rocca Senghi, quindi le Grange Oulun 2364 e le Grange Rui 2476 m. Da queste ultime si intuisce il bel vallone che conduce al Colle di Malacosta, che si raggiunge. Dal colle, con un supplemento di 120 metri di dislivello si può raggiungere la cima a 3203 m. Dal colle si effettua la prima discesa sul versante francese, raggiungendo il fondo di un vallone in direzione SE poco sopra i 2900 m. Si ripella per puntare al passaggio della Bottiglia (Bouteille). evidente colle tra la Punta del Vallone e l’imponente e roccioso Pic du Pelvat. Raggiunto quest’altro colle si effettua la seconda discesa in ambiente assai suggestivo. Si scende il vallone cosparso di grossi massi, che rendono varia e sicura questa discesa. Il vallone sfocia nel più ampio Vallon de Chabriere; si raggiunge un pianoro sul fondo di detto vallone a 2500 m circa, un luogo che scherzosamente abbiamo battezzato “campo base avanzato”. Una sosta è d’obbligo sia per rifocillarsi, sia per ripellare ed affrontare l’ultima salita. Si risale il vallone su morbide pendenze fin sotto il ripido pendio che conduce al Col de l’Autaret 2875 m, che si raggiunge. Si rientra in Italia e si scendono gli amplissimi pendii fino alla zona delle Barricate, dove occorre trovare il migliore punto di entrata nel canyon. Al limite ci si sposta verso l’itinerario del Faraut. Si percorrono le Barricate fino al Pian Cejol e da lì a Sant’anna, dove si chiude il cerchio.

 Anello del Bric Bucie

Come punto di riferimento di questo giro c’è il Bric Bucìe, una bella montagna piramidale e rocciosa che sfiora i 3000 metri, ben visibile dalla pianura. E’ posta sul confine italo-francese tra la Val Pellice e la Valle del Guil. Nei pressi della cima si trova la Punta Fournas, punto nodale su cui converge anche la Val Germanasca. L’anello tocca queste tre valli, contornando i vari versanti di questa montagna, è un giro è grandioso e  complesso. Si sale dalla Val Germanasca per passare in Val Pellice e successivamente sconfinare in Queyras per ritornare in Val Germanasca valicando il Passo Bucìe. La prima parte sino alla Punta Ceresira è già di per se meritevole come escursione a se stante, ed è abbastanza frequentata. Il resto del percorso si inoltra in angoli remoti e solitari delle Alpi Cozie. Sostanzialmente si ricalca l’itinerario descritto nel libro “Dal Monviso al Colle del Moncenisio” di J.C.Campana e del sottoscritto, Blu Ediz

 L’itinerario

Punto di partenza ed arrivo: Prali, bivio per Giordano, 1482 m.

Nota: in stagione avanzata si può giungere in auto a Bout du Col, accorciando di un’ora il percorso.

Dislivello totale: 1800 m

Dalla partenza si segue la strada, che diventa pista da fondo, sino a Ribba, da dove o direttamente o lungo la strada si arriva a Bout du Col 1698 m. Ci si alza in direzione S in boschi di bei larici fino al caratteristico traverso de l’Etrangolou, che taglia i ripidi pendii della Viaforcia. Lo si effettua con condizioni di neve che devono essere assolutamente sicure. Al suo termine si arriva ad una selletta, 2171 m. Si procede sulla sinistra per risalire il bel versante N della Punta Ceresira. Si raggiunge questa cima dove si trovano ruderi militari, 2822 m. Dalla Ceresira si scendono i pendii a SO, ripidi alla partenza, sino al fondo del Vallone del Bucie. Si scende sul fondo e prima del ripiano della Mait, 2300 m. ca, si punta ai pendii sulla destra, che scendono dal Col Bucìe, che non si vede ma si intuisce. Rimesse le pelli si sale verso l’imbocco del canale SE. Il tratto più ripido lo si sale a piedi fino a una roccia caratteristica con segnavia, dove si possono rimettere gli sci. In breve si raggiunge il colle, ormai evidente, nei cui pressi si trova la casermetta riadattata del bivacco-rifugio Soardi. Dal colle, 2630 m, ci si affaccia sui pendii aperti dell’alta Valle del Guil. Si scende senza problemi verso destra fino alla base di uno speroncino roccioso nei pressi di un breve canalino, 2500 m. ca. Si ripella e si sale il canalino. In breve appare il Passo Bucie 2746 m che si raggiunge per conche e dossi. Dal passo ci si affaccia sulla conca del Lago Verde e sul rifugio omonimo. Si scende il breve ma ripido canalino, che si allarga a conoide sull’ampia conca. Si percorrono i morbidi pendii puntando all’impluvio principale, che forma un lungo e sinuoso canalone. Lo si scende integralmente, assecondando le sue svolte. In fondo al canale si attraversano alcuni ripiani fino ad un piccolo dosso che si risale e nei cui pressi si incontra la strada che conduce a Bout du Col.

Avvertenza: il canalone deve essere sceso con neve assolutamente sicura e, in stagione avanzata, deve essere ricoperto dalla neve, viceversa dal Lago Verde si va decisamente verso N senza perdere quota sino ad una sella posta sulla cresta N della Gran Guglia. Raggiuntala si scende il canale sottostante fino ai ripiani che conducono alla selletta 2171, dove ci si ricollega all’itinerario di salita.

Anello delle 4 Valli

Ci spostiamo più a Nord, ai confini del Parco Nazionale del Gran Paradiso per effettuare un itinerario spaziale (nel senso che si spazia su vasti terreni e su ampi orizzonti). Il percorso è una bella cavalcata sciistica che tocca ben 4 valli: la Valle dell’Orco, la Valsavaranche, la Val di Rhemes, la Val d’Isere ed infine si torna in Valle dell’Orco. Inutile dire che si tratta di un giro estremamente vario e variabile nel suo dislivello La variabilità dipende dalla voglia di salire qualche cima in più o dall’entusiasmo che si ha scendendo in Val di Rhemes, perdendo quota qb (quanto basta). Il periodo migliore è in stagione avanzata, da fine maggio a fine giugno, quando la strada del Colle del Nivolet sia aperta almeno sino al Lago Serrù. Anche qui si incontrano alcune tratte di scialpinismo classico, ben descritte nell’Aruga-Poma “Dal Monviso al Sempione” Ediz.CDA: La prima parte segue l’itinerario di Punta Basei e l’ultimo tratto ricalca una parte dell’itinerario della Grande Aiguille Rousse.

L’itinerario

Punto di Partenza: Lago Agnel 2329 m, strada del Nivolet – Valle dell’Orco

Arrivo: Lago Serrù 2240 m

Totale dislivelli minimi: 1700 m salita, 1800 m discesa

Si segue l’itinerario per la Punta Basei raggiungendo il Colle della Nivolettaz 3130 m. Dal colle si scende in Val di Rhemes sino ad incrociare l’itinerario per la Galisia. Si percorre il Ghiacciaio di Lavassey arrivando sulla cima della Punta Galisia 3346 m. Dalla cima si scende verso Ovest, versante Val d’Isere, sul bel Glacier de Basagne. Prima di immettersi nella valle principale si piega verso sinistra passando sotto caratteristiche rocce rossastre Giunti alla confluenza si risalgono, con un percorso di moderata pendenza, gli avvallamenti che conducono al Passo della Vacca 2980 m, che è il passaggio più agevole per rientrare in Italia. Dal colle si effettu un percorso ad arco che permette di raggiungere il Pian della Ballotta 2470 m, nei pressi dell’omonimo rifugio. Qui c’è l’ultima sorpresa della giornata: la discesa del Coluret, un canaletto assai ripido che si scende per circa 150 metri. Dalla base del canale si procede in direzione della diga del Lago Serrù, dove si chiude l’anello. Si torna al punto di partenza con un rapido autostop.
Lorenzo Barbiè