Dalle Valli di Lanzo alla Valchiusella: storia di montagne, uomini e teleferiche

L’amico Ezio Sesia, scrittore ed accompagnatore del nostro Gruppo TAM, è un grande conoscitore delle Valli di Lanzo con la sua storia, le sue tradizioni,  le sue bellezze naturali ed artistiche. Oggi ci regala un articolo che già comparve sull’Annuario 1997 della sezione di Venaria Reale del CAI (già UGET), con il sottotitolo “Personaggi e storie tra gli archivi della memoria”.
Buona lettura … 

Non è raro che nei villaggi di montagna, anche nei più sperduti, siano vissuti personaggi rimasti nella memoria per le loro singolari capacità intellettuali e artigianali. Ad esempio Giuseppe Alasonatti “Pin d’la Crous” di Ala di Stura, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, significativo caso di letterato pressoché autodidatta e costruttore di meridiane, che redasse tra l’altro una cronaca vivace e precisa degli avvenimenti locali. Nel mio piccolo, ricordo anche il mio bisnonno materno, Antonio Vottero Reis di Pugnetto (Mezzenile), detto per le sue capacità “Canoun” (cannone): era capace di aggiustare gli orologi, anche quello del campanile, si costruì da solo svariati aggeggi, tra cui un macinacaffè, ed era pratico di codici e leggi, tanto che molti suoi compaesani si rivolgevano a lui per pareri e consigli.

Proprio dalla zona di Mezzenile, precisamente dalla frazione Monti, viene il protagonista della nostra storia.

Nei boschi sovrastanti il fondo della media Valle di Lanzo si trovano diverse radure prative, oggi strette sempre più dalla vegetazione che avanza a recuperare quegli spazi faticosamente ottenuti dall’uomo nei secoli passati. Sono le conche che ospitano i “mount”, come vengono chiamati dalle nostre parti molti degli insediamenti subito al di sopra di quelli di fondovalle, tra gli 800 e i 1200 metri di quota; così intorno a Ceres abbiamo i mount della Vana (sono addirittura tre), quello di Voragno, “Al Mount” sopra Chiamorio, Belmonte e Monterosso sopra Bracchiello, e altrove alcuni che sono rimasti insediamenti permanenti, come Mont di Pessinetto e appunto i Monti di Mezzenile.

Quest’ultima frazione è piuttosto caratteristica e inconsueta per le nostre montagne: non consiste infatti, come accade solitamente, di un compatto nucleo abitato, magari stretto intorno all’immancabile chiesetta, ma è composta di diversi gruppi di baite e case isolate sparse su di un ampio costone scendente dalla Rocca Moross. Nel comune di Mezzenile questa era tradizionalmente considerata una delle zone più ricche: le proprietà erano meno frazionate che altrove, e gli ampi prati e pascoli consentivano di nutrire una buona quantità di bestiame, autentico segno di agiatezza tra i montanari di un tempo. Qui erano pochi i fabbricanti di chiodi, numerosissimi invece nelle altre borgate del comune, e superfici relativamente vaste ospitavano ancora bei boschi, non del tutto decimati per procurare il carbone necessario alle fucine dei chiodaioli. Tra agricoltura, allevamento e legname insomma si riusciva a vivere discretamente; per ridurre l’isolamento gli abitanti, abili nei lavori di montagna, avevano realizzato una notevole teleferica che li univa al lontano fondovalle, 600 metri più in basso.

La seconda guerra mondiale segnò pesantemente la zona di Monti, duramente colpita da due successivi rastrellamenti nazifascisti (7 marzo e 3-7 maggio 1944) in quanto sede, al Boirai, del comando partigiano delle Valli di Lanzo, e sempre ospitale con i cosiddetti “ribelli”: quasi tutte le case, persino quella del cappellano, erano state bruciate o danneggiate e la ripresa fu pertanto qui particolarmente difficile. Negli anni del dopoguerra la scarsità di lavoro in valle spinse molti a cercare occupazione lontano dal paese. Diversi, specie muratori più o meno specializzati, presero la via della Francia, ripassando, almeno in pace stavolta, quegli stessi alti valichi di frontiera (Arnas, Autaret, Collerin) già utilizzati durante la guerra partigiana per svallamenti e rifornimenti nella vicina Savoia. Qualcuno riuscì a sistemarsi in pianura o in città; ai Monti alcuni erano bravi boscaioli, veri specialisti che, oltre che in valle, si recavano a lavorare anche sulle montagne vicine, specie nelle valli del Canavese (Orco, Soana, Chiusella).

Nel 1946-47 anche Agostino Francesia Villa di Monti di Mezzenile, classe 1919, arrivò in Valchiusella al seguito dell’impresa Corgiat a sfruttare le superstiti risorse boschive di una zona già alquanto impoverita per la presenza dell’importante miniera di Traversella.

Malgrado la natura impervia della montagna, lavoravano intensamente sui due versanti della valle, piazzando diverse teleferiche per agevolare il trasporto del legname. Operavano anche intorno a Succinto, forse il più bel paese della valle, alto sulla sinistra del Chiusella, a balcone verso il Canavese e la lontana pianura. Allora il villaggio, già sede di parrocchia fin dal 1794 e dipendente dal comune di Traversella, dotato di scuola e cimitero, era abitato da alcune decine di persone; era una borgata ancora viva e attiva, i cui industriosi abitanti erano riusciti già nel 1938 a procurarsi l’energia elettrica fabbricandosi una turbina. I giovani non mancavano, e neanche le ragazze, tanto che il nostro Agostino trovò da accasarsi e, senza troppi rimpianti, abbandonò la valle natìa per stabilirsi a Succinto, vicino alla grande e bella chiesa che colpisce chiunque visiti il paesino. Del resto, l’ambiente non era troppo differente da quello di Monti: simile l’altitudine, sui 1200 metri, non molto diversi i boschi e i pendii intorno e, combinazione, anche la festa grande estiva qui, come a Monti, cadeva a Ferragosto!

Anche se il dialetto era diverso, la gente era simile: onesta e laboriosa, capace di grandi fatiche ma anche di festeggiare e gioire insieme nelle occasioni giuste. Agostino si ambientò quindi facilmente, capace com’era di fare un po’ di tutto, come molti montanari di una volta (e qualcuno anche adesso). Intanto gli erano nati quattro figli a popolare un po’ la frazione, dove la gente cominciava a partire per trovare condizioni di vita migliori e, come in tanti altri paesi di montagna, le nascite non riuscivano più a compensare le morti; negli anni ’60 anche la scuola venne chiusa.

A Succinto non arrivava neanche la strada; c’era solo (come del resto ancora oggi) una stretta carrozzabile che saliva fino a Fondo ma, per giungere alla borgata dal fondovalle, occorrevano sempre 20-30 minuti di mulattiera. I trasporti soprattutto erano assai gravosi: anche gli interventi di manutenzione e ristrutturazione delle case che, oltre ai locali, anche qualche forestiero innamorato del posto cominciava a realizzare (come il sig. Carlo Rama, che con squisita disponibilità ha fornito molte di queste notizie), erano difficili e costosi. Così, dopo lunghe discussioni e tentennamenti, finalmente nel 1962, visto che non c’era modo di costruire una strada, si stabilì di montare una teleferica: e chi meglio di Agostino poteva dirigere i lavori? Secondo le migliori tradizioni montanare, si mobilitò tutta la piccola comunità; sotto la guida esperta di Agostino, che studiò la pendenza, i dislivelli, i punti dove sistemare i robusti pali di castagno, l’opera venne felicemente portata a termine, naturalmente in economia (ognuno contribuiva con qualcosa, lavoro o materiali), con un colpo di genio finale: non un motore per trainare a monte i pesanti carichi ma, sotto il carrello, un bel serbatoio da 200 litri che, riempito d’acqua a monte, consentiva di portare su carichi fino a 150 kg! Una volta giunto a destinazione il carico, era sufficiente svuotare il serbatoio a valle per ricominciare il ciclo. E a distanza di anni il sistema funziona benissimo: solo i pali in legno, attaccati dagli insetti, sono stati sostituiti da altri in metallo. E lo abbiamo utilizzato felicemente anche noi, durante il nevoso, suggestivo Capodanno 1996, quando mi venne in mente di scrivere questa storia, banale forse, ma semplice e vera come le montagne.

Agostino morì nel 1981 e oggi riposa nel camposanto di Traversella. A Succinto d’inverno rimane solo Maurizio coi i suoi animali a far la guardia alla borgata: ma nei fine settimana e d’estate il villaggio si rianima e tutti quelli che passano di qui, anche gli stranieri che percorrono la Grande Traversata delle Alpi, commentano ancora stupiti e ammirati la piccola, grande opera di Agostino Francesia Villa, da Monti di Mezzenile.

NOTA: Nel 2013 anche Succinto è stato raggiunto da una pista carrozzabile, proveniente dalla vicina frazione di Cappia; però è ancora bello raggiungere il villaggio come un tempo, in 20-30 minuti di ripida salita lungo la bella mulattiera che si arrampica dal parcheggio posto sulla strada Traversella-Fondo, appena dopo il ponte sul rio Tarva.