COR-ANTENA

Con le parole di Pietro Bastianelli anche il nostro Coro CAI UGET dà il suo contributo per allietare questo #IoRestoaCasa

Sono tempi piatti, tempi lunghi fatti di respiri lenti o di respiro che manca.

Tempi di riflessione e attesa. Una sorta di canto della pianura, sottile unisono a cappella salmodiante e invocante. Tempi di dubbio, di incertezza per quel mondo cosi sfavillante e caotico cui eravamo assuefatti.
Sono cambiate le abitudini, i ritmi e le consuetudini hanno dovuto adattarsi a nuove realtà.

Il coro, nel suo abituale ritrovo del martedì, ha fermato la sua attività ormai da fine febbraio.

Non era mai capitato dalla sua fondazione. Prima ancora della chiusura di tutto (per la quale non siamo riusciti a resistere ad un ennesimo anglicismo) la sede del coro CAI UGET era già silenziosa.

Si prova da casa, ci si connette in piccoli gruppi arrangiando armonie digitali che navigano nel web sempre con ritardo di tempo a generare una cacofonia a volte davvero poco corale. Ci si vede a settori, con il filtro del computer, con cuffia e microfono in un simulacro di corale telematica.

Non è la stessa cosa. Ovvio. Non ci sono le pacche sulle spalle, le battute e le risate, non c’è la complicità e il piacere di incontrarsi, abitudine vitale penetrata nel nostro codice genetico da tanti anni quanti sono quelli passati dalla nostra prima prova.

Ma non tutto è negativo. Non tutto deve essere vissuto come limite e vincolo alla nostra libertà. Abbiamo tempo per pensare come non ne avevamo da anni.

Abbiamo tempo per aprire libri e documenti accumulati in attesa di essere sistemati.

Abbiamo respiro e fiato per sospirare di fronte al passato e commuoverci guardando il presente, quello di chi non ha la fortuna di poter stare in casa, sul balcone o in giardino.

Il presente di chi sta lottando in un letto, attaccato ad un respiratore, di chi ogni mattina, sempre più stanca mette mascherina e guanti e scende nella trincea della corsia.
Siamo fortunati.

Indipendentemente dalle nostre difficoltà attuali e future, siamo fortunati. Qualunque vita ci attenda, il canto non smetterà mai di accompagnarci di trasmettere gioia, allegria e voglia di vivere. Magari non torneranno i venditori ambulanti che andavano di paese in paese urlando Donne, Donne venite, venite, ma resterà immutato il senso di popolo e di unione che stiamo riscoprendo in una coralità che è umana ancor prima che musicale.

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