Prima invernale via Mellano-Perego al Becco di Valsoera                 

Dopo aver vissuto la sua impresa sulla NORD DEL CERVINO nel racconto di Andrea Mellano, ecco che l’amico Beppe Castelli  ci regala un suo bellissimo contributo inedito che  racconta un’altra sua bella ed epica impresa.  Buona lettura …  

Era il gennaio del 1967 e dopo avere fatto sette prime invernali negli anni precedenti dove avevo constatato che il congelamento rimediato sulla nord del Cervino non mi aveva lasciato dei postumi che mi impedisse questa attività invernale, con gli amici Antonio Balmamion e Ennio Cristiano puntammo alla prima salita invernale dello sperone ovest del Becco di Valsoera per la via Cavalieri-Mellano-Perego molto ambita dal mondo alpinistico Piemontese e non solo.

L’anno precedente io, Gianni Ribaldone, Ezio Comba e Giampero Rasetto facemmo un tentativo ma dovemmo ripiegare sotto una fitta nevicata.

Così un mattino del 6 gennaio freddissimo ci vedeva risalire il vallone di Piantonetto verso il rifugio Pontese del CAI di Rivarolo, da poco inaugurato, che gentilmente ci aveva dato le chiavi.

Pensate che per il freddo a meno 35° erano scoppiati tutti i bottiglioni di vino, che tristezza. Era uno di quegli anni che aveva nevicato pochissimo ma salimmo con gli sci in spalla perché dalla diga in su non sapevamo come era l’innevamento; li lasciammo al rifugio perché per arrivare alla parete la poca neve era durissima e ci permetteva di camminarci sopra senza sprofondare.

Il mattino seguente ci alzammo prestissimo e,  preparata la colazione e  gli zaini,  alle 5.30 ci incamminammo in un’alba limpida ma sferzata da un vento gelido e alle 7.00 di sabato 7 gennaio  attaccammo la parete che era in pessime condizioni, ghiaccio e neve la ricoprivano comprese le fessure che erano ostruite dal verglas. Il cielo era terso ma la temperatura era rigidissima, e ogni manovra di corda ci impegnava all’estremo facendo procedere lentamente ma in sicurezza. I tiri di corda si susseguivano e il tramonto ci sorprese mentre a circa metà della via ci preparavamo al bivacco su una piccola cengia ancorati ai chiodi.

Scaldammo con il fornellino dell’acqua della borraccia quasi completamente gelata poi mangiammo della frutta secca e biscotti e  Antonio tirò fuori dallo zaino una specie di carne secca che la condivise con noi.

Era il primo bivacco dopo quelli terribili fatti sulla nord del Cervino in piedi sferzati dalla tormenta e senza il sacco a pelo che ora mi avvolgeva con il suo calore. A differenza di Antonio e Ennio, che a momenti russavano, io non riuscivo a prendere sonno e la notte passò lentamente ma all’alba mi svegliarono le voci dei miei compagni dicendomi “dai Beppino svegliati dormiglione”, era l’8 gennaio.

Facemmo una frugale colazione e subito iniziammo la scalata. Ci attendeva la parte più dura con dei passaggi di 6° grado su roccia verglassata e una temperatura polare, i nostri termometri continuavano a segnare meno 35gr. Io per fortuna mi ero preparato bene per queste temperature, a volte dormivo sul balcone con il saccopelo e sciavo senza guanti ma appoggiare i polpastrelli su quella roccia gelata era una tortura.

Mi capitò uno spiacevole incidente dovuto al freddo: ricordo che in un passaggio dovevo agganciare un moschettone a un chiodo ma non ci arrivavo allora mi misi il moschettone tra le labbra e facendo una spaccata raggiunsi il chiodo ma quando presi il moschettone dalla bocca la pelle delle labbra per il freddo rimase sul moschettone che mi fece lanciare una imprecazione di dolore che preoccupò i miei compagni i quali mi chiesero  cosa mi era successo ed  io trattenendo l’urlo alla Fantozzi gli risposi “tranquilli poi vi spiego”.

Arrampicammo quasi fino al tramonto e appena a pochi tiri dalla vetta finalmente su una bella cengia con neve da sciogliere per una bevanda calda bivaccammo.

Eravamo euforici anche se provati dalla dura scalata, con le mani piagate e gonfie dal gelo, ma il bivacco fu confortevole e cantammo anche alcune canzoni di montagna. Sprofondammo in un sonno profondo dovuto alla stanchezza e la notte passò velocemente, fu il sole a svegliarci.

Pigramente ci attardammo al caldo dei sacchi a pelo e dopo una bella colazione iniziammo la scalata degli ultimi tiri di corda e alle 8,30 toccavamo la vetta e felici ci abbracciammo.

Sotto di noi un banco di nuvole copriva la valle. Ma non era finita, ci aspettava la discesa in un canale molto ripido e pieno di neve, si sa che dopo avere raggiunto la vetta, la discesa anche se semplice può diventare pericolosa perché la tensione si scarica e tante volte succedono gli incidenti.

La salita fu dedicata al caro amico Gianni Ribaldone,  Istruttore della scuola Gervasutti di Torino e medaglia d’oro al valor civile per aver salvato 4 speleologi nella grotta di Roncobello (BG). Dopo diversi tentativi lui riuscì a passare sotto una cascata e raggiungere i 4 speleologi, di cui uno ferito.

Un grande grazie va ai miei compagni di cordata forti alpinisti, Antonio Balmamion e Ennio Cristiano che hanno condiviso questa bellissima vittoria.
Beppe Castelli

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