I^ USCITA SSA2, ROSSA DI SEA

VALLI DI LANZO, DAL PIAN DELLA MUSSA

Molto soffrì nel glorioso acquisto

Questo verso continua a venirmi in mente, come i ritornelli dei tormentoni estivi che ti entrano in
testa, mentre con i ramponi salgo un canalino ripido e stretto, zaino e sci in spalla.
Credo che qualche sinapsi colleghi la situazione al bellissimo tema recentemente assegnato a mio
figlio: il confronto tra il proemio dell’Orlando Furioso e quello della Gerusalemme Liberata.
Li ripropongo, come invito alla lettura, e come omaggio ad una docente, che – con un coraggio che
rasenta la temerarietà – ha propinato a teenager fruitori compulsivi di TIK TOK e Instagram
argomenti lontani anni luce dalla loro quotidianità.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto

Canto l’arme pietose, e ’l Capitano
Che ’l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò col senno e con la mano;
Molto soffrì nel glorioso acquisto:

I primi versi preannunciano già moltissimo dei poemi: gli infiniti intrecci che l’Ariosto si prepara a
dipanare (oggi farebbe lo sceneggiatore di fiction); la precisione del Tasso, che subito punta un
faro sul suo condottiero, Goffredo di Buglione; l’ossimoro “armi pietose”, con la “pietas” che è
quella di Enea, e non c’entra nulla con la pietà che faccio io quando arranco in salita o discesa.
Come sarebbe bello dedicarci oggi a questi temi, ora che abbiamo letto di più, abbiamo più
strumenti per capire, siamo più maturi.
Nota a margine: tengo a precisare che in ambito scientifico, di tutti gli studi fatti, ricordo, oltre alle
tabelline, solo (a + b) 2 , che – senza avere la più pallida idea del perché – credo faccia a 2 + 2ab + b 2 .
Ore di lezione spazzate via, come lacrime nella pioggia. Ho una memoria selettiva.
Lo so, l’ho presa alla larga.
Ero partito bene, entrando in medias res, ma poi ho divagato. Avrei potuto iniziare dalla sveglia,
che ha suonato alle 04.20. Dal ritrovo a Venaria. Dalla risalita sui tornanti della valle buia, con Riky
che – sognando una sosta caffè (invano, sono le 06.30) – guida come un pilota di Formula 1.
Meta Balme. Solo perché ci sono le condizioni di neve migliori di tutto l’arco alpino. Anche se
qualcuno ha accennato alla lobby degli istruttori della Val di Lanzo, potente come la corrente
andreottiana della DC anni ’80. Non è vero, è la solita macchina del fango, Kia è di Torino, ed ha
subito detto sì. Omettiamo il fatto che Kia è la donna che dice sempre sì (alle gite).

Oggi è la prima uscita dell’SSA2, il corso avanzato. Che differenza con la prima dell’SSA1. Allora il
pullman, tanti neofiti, una festosa confusione, condita di un po’ di imbarazzo. Qui tutti pronti,
determinati. Il solito drastico crollo della presenza femminile.
Prima di calzare gli sci, Luca ci descrive la gita. Quando pronuncia “canalino” e spiega “è una gita
un po’ particolare” abbiamo già capito come andrà. La prima mezz’oretta – risalendo la stradina,
con dolce pendenza – non ci illude. Presto l’abbandoniamo, e ci raduniamo alla base del canalino.
Qualche inversione, e poi tocca ai ramponi.
Salgo, lentamente. Alcuni culi sopra di me; alcune facce stravolte quasi come la mia, sotto di me.
Lontano, i gruppi di testa, che non si faranno mai raggiungere, neppure quando usciremo dal
canalino, leveremo i raponi, rimetteremo gli sci ai piedi.
Ma li avete odiati anche voi quelli che quando arrivi trafelato, ripartono riposati? Manco fosse una
staffetta. Ma aspetta, facciamo quattro chiacchiere!
Prima che mi scappi, ho giusto il tempo di fare – per la millesima volta, la millesima gita – la solita
battuta a Vitto: “Che bello fare le gite insieme… domani, controlla i necrologi della Stampa, mi
raccomando! Così vedi se sono rientrato o no”.
Il tempo è nuvoloso. Saliamo su pendii con chiazze gialle: è la sabbia del Sahara. Chissà se qualche
migrante capitato in Val di Lanzo si è avventurato sulla neve, cosa ha pensato davanti a quella
sabbia che ha fatto la sua strada, con meno fatica. Se gli è cresciuta la nostalgia di casa.
La Rossa di Sea è sopra di noi. In cima l’altimetro si fermerà a 1.420 metri di dislivello. I primi
gruppi sono qui da mezz’ora; il tempo di accasciarmi, e arriva l’ordine per la discesa. La feroce
staffetta di cui sopra.
La neve solo a tratti dà qualche soddisfazione: è pesante, con ondulazioni infide; per lo più sembra
di sciare sulla polenta. Ma il bello, lo sappiamo, arriverà al canalino. Lì la scelta sarà tra il derapare
prudente o lo scendere con gli sci in mano.
Ultimo tratto sulla stradina, verso le auto, le cibarie, con meritata sosta supplementare a
Martassina, birra e merenda sinoira.
Siamo tutti contenti di essere qui, dopo arduo cimento, dopo aver molto sofferto nel glorioso
acquisto della vetta. Ci sarebbe da chiedersi: perché? Me lo chiedo ancora, dopo quasi 40 anni di
sci alpinismo; cosa ci rende felici della fatica, a volte neanche ripagata dalle condizioni favorevoli?
Forse un’originale spiegazione me l’ha fornita un podcast del Post, “Tienimi Bordone”, che mi
sento di consigliare sentitamente (questo, e gli altri podcast del Post https://www.ilpost.it/).
L’autore, Matteo Bordone (che spazia giornalmente da attualità a musica, libri, chi più ne ha ne
metta), ha fatto una recente puntata sui parassiti.
Orbene, ho scoperto che il Cordyceps è un fungo parassita che infetta insetti come formiche e altri
invertebrati. Le spore del fungo spingono gli insetti a comportamenti non convenzionali,
assumendo apparentemente il loro controllo motorio e mentale, riducendoli ad una condizione
che in qualcuno ha evocato il parallelo con gli zombie. Quando il Cordyceps  raggiunge l’organismo
di un ragno, un coleottero, una formica, lo porta a camminare molto, ad allontanarsi dal luogo in
cui si trova e poi a salire, su di un albero, un arbusto. Tutto questo è funzionale al fatto che poi

l’animale muore, ed il luogo elevato agisce come un trampolino di lancio, perché dal cadavere
nasceranno dei funghi e le spore, sospinte dal vento, si diffonderanno.
Ecco, sarebbe interessante capire se gli sci alpinisti sono portatori (sani) del Cordyceps. Nel caso, in
quelli dell’SSA2 la manifestazione è cronica.

Cavùr

15

Relazione Ultima gita SA1

Eccoci giunti alla nostra ultima fatica: l’ultima gita dell’anno per gli accoliti del gruppo SA1. Ridotti nel numero ma non nell’entusiasmo, si parte all’alba da Venaria, con una direzione inusitata: le valli del Canavese, con l’obiettivo di conquistare la Cima del Rospo.
La primavera è nell’aria, e il sole splende già alto sulle nostre auto, dirette verso la val Soana. Le montagne del Gran Paradiso in lontananza ci fanno gola, ma le nuvole da vento formatesi sui crinali ci fanno guardare il cielo con sospetto.

Arrivati al parcheggio di Piamprato, non perdiamo tempo e ci mettiamo in marcia, anche per non “pestare i piedi” a un altro nutrito gruppo CAI che si appresta a partire. La neve sul percorso è tutto tranne che perfetta, rotta dal caldo del giorno precedente e poi rigelata; una piccola valanga e un tratto ripido da affrontare a piedi ci rallentano di qualche minuto. Intanto, anche il sole inizia a nascondersi, coperto da una fine coltre di nuvole grigie.
La neve ghiacciata ci porta ad apprendere una nuova chicca per il nostro bagaglio tecnico: come montare i coltelli sugli sci. Muniti di rampant, dopo un ripido canale e un altro breve pendio ci ritroviamo sulla cresta che porta al famoso Rospo. Un momento di sconforto si abbatte però sul gruppo alla vista del crinale stretto e ghiacciato: dopo una rapida consultazione, gli istruttori decidono di fare dietro front. Affrontiamo a questo punto una delicata manovra: col vento in faccia e una manciata di centimetri quadri a disposizione, togliamo le pelli e sfoderiamo i caschi, pregando di non scivolare e finire a valle in modo poco elegante. Con silenziosa concentrazione – e nessun accessorio disperso, incredibilmente — ci mettiamo in assetto da discesa e ritorniamo sui nostri passi.
Nonostante la delusione per la mancata conquista del Rospo, gli istruttori ci spronano a ripellare, alla volta del Colle Larissa. Così ripartiamo, desiderosi di trovare almeno un po’ di sole. E finalmente, come per ricompensa, ecco che l’agognato sole ricompare, illuminando il nostro arrivo ventoso al colle, regalandoci un momento di pausa e riflessione.


Il ritorno è allietato da una neve ancora ghiacciata ma sciabile, e soprattutto da una magnifica vista sulle montagne, che spazia fino al Monviso. Un degno premio per le nostre fatiche! E che soddisfazione, poi, quando capiamo che la sosta per la ricerca ARVA verrà rimpiazzata da un momento di puro relax al rifugio Ciavanassa, quasi al termine della nostra discesa! Seduti in terrazza, chi prendendo un caffè e chi bevendo una birra, ci godiamo qualche minuto di sole, che avremmo tanto desiderato vedere anche nella prima metà della giornata.


La nostra ultima avventura della stagione si conclude con una gimcana tra le altalene e gli scivoli del parco giochi innevato di Piamprato: ancora una volta, il nostro amore per lo sci (o forse dovremmo chiamarla pigrizia?) è tale che, pur di far due metri in più con i legni a piedi, ci ritroviamo a fare acrobazie in mezzo alle staccionate del paese, per l’intrattenimento delle signore canavesane che ci osservano ridendo sotto i baffi. 

Bianca De Paolis

100.8

RELAZIONE 6-7 GITA SA1

Sabato 16 Marzo

Nonostante una stagione di allenamento lasciare il calore del letto e raggiungere
l’affascinante parcheggio dei camion di corso Giulio Cesare non era certo una occasione
molto allettante, ma tutti (o quasi) abbiamo risposto all’appello e carichi in vista di una due
giorni tra le vette siamo partiti al levar del sole.
Si forma presto una piccola carovana di auto che muove verso la Valle d’Aosta alla ricerca
di candidi pendii; tra gli equipaggi c’è chi riposa e chi, per rendere meno gravoso il compito
degli autisti, chiacchera tra uno sbadiglio ed un altro.
Con il sole ormai splendente in un cielo terso raggiungiamo alla spicciolata Vetan (le
pause colazione hanno disunito il gruppo di auto), ed in breve siamo tutti riuniti. Le
abbondanti nevicate delle ultime settimane hanno garantito un fondo che, seppur
assottigliato dal caldo primaverile, ci permette di evitare l’odiatissimo portage e
incominciare “sci ai piedi” dal parcheggio.
La meta della giornata è Punta Leysser e la direzione da prendere è evidente fin dai primi
passi: la vetta infatti si staglia mille metri sopra le nostre teste e l’assolato versante Sud
per cui la raggiungeremo ci si para davanti. Nonostante queste premesse la scelta del
percorso, almeno per la prima parte, non è affatto semplice: le macchie erbose da evitare
sono infatti abbondanti ed estese, ma i gruppi di testa segnano la via e metro dopo metro i
prati fanno spazio ad una candida coperta di neve trasformata.
La salita procede inframezzata da un paio di pause e, raggiunta la vetta, possiamo goderci
un sole che lascerà il segno sulla pelle di chi ha malauguratamente dimenticato la crema.
La giornata è davvero splendida ed il tempo in vetta passa veloce tra chi assaggia
dolciumi e chi cerca di riconoscere le vette più celebri della zona.
La discesa su neve trasformata è estremamente godibile e anche chi era più titubante
trova confidenza su questo fondo più prevedibile sotto i piedi.
Sostiamo ad un alpeggio per la consueta esercitazione di ricerca in valanga, ma una volta
ripresa la discesa ci accorgiamo che le difficoltà trovate in salita ad individuare un
passaggio innevato andranno affrontate anche in discesa. Arriviamo comunque con le
solette degli sci incolumi al parcheggio che in breve si trasforma in un solarium.
La consueta merenda è stata sicuramente meno abbondante, probabilmente molti
conservavano i dolciumi per il giorno seguente o, consci dell’abbondante banchetto serale,
si trattenevano per non sfigurare di fronte ai compagni.
Non dover rientrare a Torino, ma avere la prospettiva di un’altra giornata insieme ha
galvanizzato il gruppo che dopo il giusto riposo si raduna nel pomeriggio per trascorrere
più tempo possibile insieme prima di lasciarsi abbracciare dalle pesanti coperte di lana
dell’albergo in vista di un’altra sveglia all’alba.


Nicola Bottino


Domenica 17 Marzo

La speranza di molti di guadagnare qualche ora in più di sonno, data la permanenza in
valle, viene subito stroncata e si punta la sveglia all’alba, pronti per arrivare per primi alla
colazione a buffet; come bene hanno imparato i ritardatari, chi prima arriva più mangia.
Zaini pronti e pelli montate, ci mettiamo dunque in strada in direzione Testa dei Frà.
Arrivati al parcheggio però ci ritroviamo a fare un cambio di programma per evitare di
iniziare la nostra gita sci in spalla. Proseguiamo quindi pochi minuti fino a raggiungere il
paese di Planaval da cui partiamo verso il Colle Serena vista la sua esposizione a Sud
Ovest.
Il tempo non è certo bello come il giorno precedente e ci ritroviamo presto immersi in un
cielo lattiginoso. Ci dividiamo nei soliti gruppetti e si parte!
Il sentiero inizia con una strada tutta curve che però è presto interrotta da alcune
valanghette precedenti che ostruiscono il passaggio e che ci obbligano a togliere e
mettere ripetutamente gli sci formando inevitabilmente un piccolo ingorgo.
Con un po’ di pazienza però ogni gruppo trova il suo passo e si procede verso un
alpeggio. Qua ci rendiamo conto di quanta neve effettivamente ci sia ancora e possiamo
ammirare i riporti della neve sul tetto dal vento e le sue trasformazioni. Decidiamo dunque
di proseguire verso Costa di Serena e ci incamminiamo per un lungo falsopiano immersi in
un’atmosfera magica. Il bianco ci circonda e ci avvolge, tutt’intorno, qualche fiocco di neve
cade leggero e con più o meno fatica, tra una chiacchiera e l’altra arriviamo alla cima.
Sfortunatamente il tempo non ci permette di ammirare le meravigliose cime che ci
circondano ma ci rifocilliamo, chi con panini, chi con barrette e ci prepariamo alla discesa.
La bella neve primaverile ci regala una discesa all’insegna del divertimento in grado di
gasare e dare confidenza anche ai più diffidenti. Ci raduniamo dunque all’alpeggio dove
Filippo ci mostra come analizzare la stratificazione della neve. E poi giù per l’ultimo pezzo
di goduria che tra qualche salto, qualche curvetta e qualche spazzaneve ci conduce al
piazzale di partenza.
Ci salutiamo consumando le ultime provviste avanzate dal weekend in trepidante attesa
dell’ultima uscita. Questa ci ha proprio gasato!

Miriam Vercellone

16.4
0

Ritrovo 6-7° Gita SA1 

Ciao a tutti, 

Il ritrovo di sabato 16.03 mattina è alle ore 6.00 al parcheggio sul retro del McDonald’s alla confluenza di Corso Giulio Cesare con Corso Vercelli, con ingressi sia da Corso Vercelli che da Corso Giulio Cesare:   https://goo.gl/maps/PYMn1Ri7bTCNYtiw7

Cerchiamo, gentilmente, di essere tutti puntuali. 

Al ritrovo faremo il punto e valuteremo che gita fare sabato.

Per chi si ferma su alloggeremo all’Hotel De Roses in Frazione Trepont, 10 11018 Villeneuve (AO)   https://www.google.it/maps/place//data=!4m2!3m1!1s0x47892244ee53baeb:0xf46831ef659db98e?sa=X&ved=1t:8290&ictx=111 

A sabato mattina.

Un caro saluto,

Enzo e il direttivo

5^ gita SA1, Domenica 10/3/24

RECUPERO

Ciao a tutti,

Come detto ieri sera in sede ai presenti, le probabilità che riusciremo a fare la gita sono attualmente molto basse.

In relazione all’evoluzione del bollettino nivo-meteo di venerdì pomeriggio, comunicheremo tramite mail se sarà confermata l’uscita entro venerdì sera. ( controllate la mail, per favore ) 

Se ci saranno le condizioni, Il ritrovo di domenica mattina sarà alle ore 6.00 al parcheggio di corso IV Novembre a Rivoli, davanti al Mercatò: 45.066021, 7.541184   

Cerchiamo, gentilmente, di essere tutti puntuali. 

Non ci sarà il bus, saliremo su con le auto, cercando di compattare gli equipaggi il più possibile.

Se non sarà possibile fare questa domenica la gita, verrà definitivamente recuperata Domenica 24 marzo ( segnamoci questa data ).

A presto. Un caro saluto,

Enzo e Sara

RELAZIONE SULLA 4^ USCITA SA1

Separati dal tepore dei nostri letti e abbracciati da una fin troppo mite frescura, il nostro viaggio al
termine della notte ci riunisce nella zona industriale di Rivoli, delle cui incantevoli vedute siamo
privati da un Sole che ancora tarda a mostrarsi. Caricato frettolosamente il bus ed effettuato un
breve appello per constatare le prime defezioni, la quiete torna sovrana tra gli angusti sedili, dove
ognuno è deciso a sfruttare gli ultimi minuti di buio per recuperare quanto possibile del riposo
domenicale. Silenziose, le pesanti ruote calcano la strada che conduce in terra straniera, direzione Le Laus.
Dolcemente risvegliati dagli abbondanti colpi di clacson del nostro cordiale autista, i paesaggi
disegnati dalle montagne francesi decorano i vetri del veicolo e ci accompagnano fino alla piazzola di
partenza della nostra quarta uscita. I preparativi sono rapidi e collaudati, in poco tempo i gruppi si
avviano ordinati lungo l’ampia pista da fondo, addentrandosi tra la vegetazione. Diversamente dalle
domeniche precedenti, il percorso si sviluppa prevalentemente in orizzontale, distribuendo il
dislivello su una gentile salita che favorisce una lenta costanza e permette di godere senza affanni
del paesaggio ancora invernale che ci circonda. Attraverso la graduale ascesa, guadando fiumi (non
senza vittime) e valicando colli, sentiamo con stupore la neve farsi ad ogni passo più soffice sotto i
nostri piedi, invogliandoci ad accelerare la marcia in vista di una discesa che si anticipa essere molto
gratificante. Il ripido tratto finale è inflessibile nel provare le nostre già stanche gambe, ma ci porta
infine a un piccolo avvallamento tra due cime, la nostra destinazione. Lasciato alle spalle il versante
di arrivo, si presenta a noi uno splendido spettacolo di montagne innevate che costituisce cornice
ideale per l’agognato pranzo e giusta ricompensa alla fatica.
Il tempo è però un bene prezioso e non passa molto tempo prima che, tolte le pelli e indossati i
caschi, inizi la discesa. Intermezzate dalle ormai ben familiari prove di ricerca ARVA, gli innevati
pendii vengono attraversati da decine di piccole rotaie che, fuggendo sul tenero manto della
montagna, si inseguono tra loro, si allontanano poi si avvicinano, si incrociano e si sovrappongono,
dipingendo complessi intrecci su una immacolata tela. Riunendoci alle falde del bosco come al
termine di una lunga danza, con un ultimo sforzo di braccia, scivoliamo sul duro ghiaccio e ci
raduniamo al bus.
Dimentichi delle precedenti disavventure, o forse ingolositi da una ghiotta merenda, ignoriamo le
rombanti suppliche dell’autista per celebrare con dolci e bevande la buona riuscita della gita. Ma la
sorte ci è amica e questa volta il prezzo pagato non sarà caro; nonostante il traffico, riusciamo infatti
a raggiungere Rivoli prima del tramonto. I suoi capannoni e le sue strade trafficate già fanno pensare
con nostalgia alle bianche cime che in poche ore sono svanite dai nostri occhi per diventare un
ricordo nella nostra mente.

Federico Vitali

https://www.flickr.com/photos/ssacaiuget/albums/72177720314965484/

10.2

4 gita 18/2/2024

Il ritrovo di domenica mattina è alle ore 6.00 al solito parcheggio di corso IV Novembre a Rivoli, davanti al Mercatò: 45.066021, 7.541184   

Cerchiamo, gentilmente, di essere tutti puntuali. 

Destinazione Le Laus (Vallone di Cervières, strada D902 da Briaçon ), con possibile meta Cote Belle / Arpelin o Turge de la Suffie. 

Essendo in territorio Francese è necessario che tutti abbiano la carta d’identità.

Per coloro che arriveranno direttamente a Le Laus, l’appuntamento è verso le 8.15: 44.854789, 6.727075

RELAZIONE 3^ USCITA del 4.2.24

 Mont Telliers 

5.00. Sveglia. Mi stropiccio gli occhi. Colazione e thermos del the da mettere nello zaino. 

Guido per la città semideserta fino al ritrovo. Assonnati ma gasati saliamo sul pullman. L’alba dal finestrino ha sempre il suo fascino, ma sonnecchio fino al traforo. 

Appena sbucati sul lato svizzero si apre un panorama vagamente post apocalittico con i resti di impianti dismessi e costruzioni abbandonate, ma le vallate che si allargano di fronte a noi sono bianche di neve, il che è una bellissima notizia vista la scarsità di quest’anno. 

Alla terza uscita tutti abbiamo un po’ più confidenza con l’attrezzatura nel prepararci e presto ci incamminiamo sulla neve. 

La salita è regolare e non fatichiamo troppo a raggiungere il punto in cui la vallata si apre in un anfiteatro bianco con solo qualche roccia delle creste a fare da corona: magnifico e bucolico. Il sole scalda come a primavera e ci raccogliamo con tutti i gruppi sotto l’ultimo tratto di salita dove la pendenza diventa importante. 

Per me è la prima salita con gli sci con queste pendenze e nonostante la bellezza drizzo le antenne durante le inversioni seguendo gli istruttori: il colpo d’occhio da sotto la vetta ripaga di ogni sforzo e svuota la mente come un colpo di vento con le foglie. 

Resto lì seduto a bere il the e guardare lo spettacolo. 

La prima parte della discesa mi mette alla prova e sudo cercando di curvare sul ripido, per fortuna gli istruttori ci seguono e ci indirizzano. Il resto della discesa fila via veloce, quasi battuta dai molti passaggi prima di noi. 

Al pullman vedo la soddisfazione sulle facce abbronzate tra un bicchiere di vino e una fetta di salame, questa prima gita lontano dalle piste ha conquistato tutti e messo alla prova molti.

Nota: miglioriamo anche sul terzo tempo, siamo già ai piatti caldi…non faccio previsioni su cosa mangeremo alla fine del corso.

Rubo una frase da chi ha più dimestichezza di me con la penna (The Holstee Manifesto): 

“La vita è breve. Vivi i tuoi sogni e condividi le tue passioni.” 

Matteo Pognante 

link flickr: https://www.flickr.com/photos/ssacaiuget/albums/72177720314673899/with/53516659391

link video Stefano Bertolotto: