RELAZIONE 3^ USCITA del 4.2.24

 Mont Telliers 

5.00. Sveglia. Mi stropiccio gli occhi. Colazione e thermos del the da mettere nello zaino. 

Guido per la città semideserta fino al ritrovo. Assonnati ma gasati saliamo sul pullman. L’alba dal finestrino ha sempre il suo fascino, ma sonnecchio fino al traforo. 

Appena sbucati sul lato svizzero si apre un panorama vagamente post apocalittico con i resti di impianti dismessi e costruzioni abbandonate, ma le vallate che si allargano di fronte a noi sono bianche di neve, il che è una bellissima notizia vista la scarsità di quest’anno. 

Alla terza uscita tutti abbiamo un po’ più confidenza con l’attrezzatura nel prepararci e presto ci incamminiamo sulla neve. 

La salita è regolare e non fatichiamo troppo a raggiungere il punto in cui la vallata si apre in un anfiteatro bianco con solo qualche roccia delle creste a fare da corona: magnifico e bucolico. Il sole scalda come a primavera e ci raccogliamo con tutti i gruppi sotto l’ultimo tratto di salita dove la pendenza diventa importante. 

Per me è la prima salita con gli sci con queste pendenze e nonostante la bellezza drizzo le antenne durante le inversioni seguendo gli istruttori: il colpo d’occhio da sotto la vetta ripaga di ogni sforzo e svuota la mente come un colpo di vento con le foglie. 

Resto lì seduto a bere il the e guardare lo spettacolo. 

La prima parte della discesa mi mette alla prova e sudo cercando di curvare sul ripido, per fortuna gli istruttori ci seguono e ci indirizzano. Il resto della discesa fila via veloce, quasi battuta dai molti passaggi prima di noi. 

Al pullman vedo la soddisfazione sulle facce abbronzate tra un bicchiere di vino e una fetta di salame, questa prima gita lontano dalle piste ha conquistato tutti e messo alla prova molti.

Nota: miglioriamo anche sul terzo tempo, siamo già ai piatti caldi…non faccio previsioni su cosa mangeremo alla fine del corso.

Rubo una frase da chi ha più dimestichezza di me con la penna (The Holstee Manifesto): 

“La vita è breve. Vivi i tuoi sogni e condividi le tue passioni.” 

Matteo Pognante 

link flickr: https://www.flickr.com/photos/ssacaiuget/albums/72177720314673899/with/53516659391

link video Stefano Bertolotto:

2^ GITA, 2^ Relazione. LA RELAZIONE di CAVUR!

SA.1 –  USCITA II – 21 GENNAIO 20

TETE DE CREVALCOL

NIU’ GENERESCION

La precedente uscita era essenzialmente finalizzata a verificare la maestria dei nuovi allievi in salita e discesa. Con la seconda possiamo dire che la stagione è ufficialmente iniziata.

Certo, le gite di esordio servono per prendere confidenza con materiali,  gesti e tecniche nuove; nel bene e nel male (godimento e fatica) non rappresentano quanto sta cercando chi ha deciso di avvicinarsi allo sci alpinismo. Dalla prossima isseremo le vele e ci allontaneremo da impianti e piste battute. Su altri pendii si parrà la vostra nobilitate.

Anche la relazione dell’uscita – per noi che disdegniamo la cronaca e cerchiamo l’epica – rischia, con questi trascorsi, di essere un po’ stantia.

Detto che si è partiti dal posteggio degli impianti di Crevalcol (che sembrava una pista di pattinaggio… una lastra di ghiaccio), si è saliti di buon passo sulla Tete di Crevalcol con un millino di dislivello su neve crostosa per la pioggia dei giorni precedenti, e si è scesi in parte su neve solo a tratti decente, e più in basso sulle piste battute, poco resta da aggiungere. Giusto che di neve ce n’era proprio tanta: in cima la sonda andava giù oltre i due metri, e questo ha favorito il seppellimento dell’Artva, con un’esercitazione molto didattica a cura degli istruttori, alla quale, nella prossima uscita, farà seguito quella degli allievi.

Detto questo, abbiamo spazio per qualche riflessione, con divagazioni sociologiche. Le chiacchiere sono una componente fondamentale dello sci alpinismo; o almeno così ritiene quella corrente filosofica detta dello “sci alpinismo mite”, che dà risalto alle relazioni, che si nutre di  amene ciance salendo (finchè il fiato lo consente) e, durante le soste, scendendo; di libagioni in compagnia;  di notti al rifugio. Non solo di cime e dislivello vive l’uomo.

Partiamo da qualche dato statistico. Alla scuola quest’anno sono stati ammessi 42 allievi; 27 uomini e 15 donne. La prevalenza maschile è forte, nel recente passato si era però raggiunta la parità con l’altra metà del cielo. 

Rispetto al mio corso del 1987, c’è comunque una differenza abissale: allora le donne sci alpiniste erano pochissime.

Purtroppo col passaggio dall’SA1 al corso avanzato SA2, negli scorsi anni la presenza femminile scemava drasticamente. Speriamo che quest’anno ci sia un’inversione di tendenza… quando il gioco si fa duro, le dure iniziano a giocare… 😊

Ma veniamo all’età: molti, molti giovani. Età media 30 anni. Ma i membri della generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) annoverano ben 16 esponenti. 

Anche in questo, rispetto agli anni ’80, c’è stato un forte cambiamento. Al mio corso, con 21 anni, ero una rara avis.

Non ho le competenze per decifrare quella che considero sicuramente un’evoluzione positiva. Forse il costo del giornaliero (il Monterosa Sky a 65 €!) fornisce una prima spiegazione; sciare su pista, soprattutto per un giovane, è diventato un lusso. Poi, in tempi di Covid, con impianti chiusi, l‘attività sci alpinistica – diventata l’unica opzione – ha tratto significativo vigore; Jolly sport in quel periodo per le pellate affittava anche i manici da scopa.

NB Spero che i dati riportati siano corretti, con i numeri ho poca dimestichezza… ho fatto il classico (l’articolo determinativo, e la firma in calce, rendono superflua ogni indicazione su quale istituto).

Altro elemento interessante è che le iscrizioni si sono chiuse in 57 secondi. Netti. Manco il click day dell’Agenzia delle Entrate.  Questi aspiranti che attendono la mezzanotte, e come falchi calano sul sito ad inserire i loro dati, rivelano una fortissima motivazione. Bene.

Interessante anche ragionare sulla presenza della prole di sci alpinisti, con una sorta di passaggio di testimone da generazione a generazione. 

Il fenomeno si era già presentato in passato: Sara, una predestinata, visto il CV dell’antenato. Il giovane Parussino, che ha seguito le orme del genitore, anzi dei genitori, figure di spicco dello sci alpinismo ugettino; il ragazzo, si distinse in un’impegnativa discesa dal rifugio Nacamuli, durante la quale – in un emblematico passaggio di consegne – si accollò gli sci dell’anziano genitore nell’ultimo tratto su sentiero; novello Enea che fuggì da Troia con il padre Anchise sulle spalle. Tralasciamo poi la gloriosa dinastia dei Berta.

Quest’anno ben due sono gli eredi neoiscritti.

Nel mio caso, l’adesione è stata invero sorprendente: la pargola, in età adolescenziale, indagando sulle mie attività del week end, ebbe così ad apostrofarmi: “Fammi capire, ma voi salite per ore con lo zaino in spalla, facendo una fatica bestia? Poi scendete, spesso su neve di merda, e comunque una volta sola? Non fa per me. E’ la somma di tutto ciò che odio”.

La sentenza non lasciava molto spazio a ripensamenti. Ed invece… Il seme ha attecchito. Se son rose, fioriranno…

Cavùr

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Relazione 1^ gita SA1 2024

Di Bruno Gianoglio 

“Siamo partiti presto, molto presto, nel buio più buio ma quando il glorioso Torpedone della Scuola  ha superato una delle ultime curve prima di Staffal e i ghiacciai sullo sfondo sono stati illuminati dai primi raggi del sole – che naturalmente li colorava di Rosa – abbiamo tutti capito che questa esperienza iniziava nel migliore dei modi….


Il gruppo è eterogeneo, giovani, diversamente giovani, istruttori esperti, istruttori giovani accomunati dalla passione dello scialpinismo, palpabile in tutti ma discreta come chiede la montagna.

Da Staffal l’esperienza è iniziata con una comoda salita in funivia fino a Sant’Anna e da lì, divisi in gruppi, è iniziata la salita verso il Colle della Bettaforca, primo assaggio delle fatiche e delle gioie dello scorrere delle pelli…

Dopo una sosta corroborante al Rifugio al Colle abbiamo iniziato la comoda discesa lungo la pista fino al momento topico  della valutazione – allievo per allievo – delle capacità sciistiche….gli esami non finiscono mai e sono sempre un emozione ma secondo me ce la siamo cavata!

Il tempo di un boccone e poi da Staffal cabinovia fino al Gabiet, ripellata e salita tranquilla e didattica per iniziare i rudimenti di inversioni, discese su fresca, nozioni sulla conduzione della gita in sicurezza.

Non siamo arrivati fino al Passo dei Salati ma ormai con soddisfazione e anche un po di stanchezza nelle gambe abbiamo inziato la lunga discesa su pista fino a Trinitè.

Terzo tempo al bus con libagioni e degustazioni come da tradizione prima di rientrare in città.

Temperatura gradevole, sprazzi di sole, neve poca, dura ma sciabile, circa 800m di dislivello in salita….dai, non male per la prima uscita!”

E… qualche foto della giornata… https://www.flickr.com/photos/ssacaiuget/albums/72177720314269362/

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SSA2 7&8 Uscita Testa Grigia e Petit Tournalin

13-14 maggio

E in fine si torna in Valle d’Aosta, la grande assente di quest’anno, decisamente più orientato alla scoperta delle nostre valli piemontesi. Per l’occasione sono state scelte due gite, la prima, ai piedi di Sua Maesta il Cervino (anche se decisamente schivo avvolto tra le nubi) e, la seconda, nella piccola vallettina di Cheneil che tante soddisfazioni regala sempre sia di inverno che in primavera…e anche in questa annata dalle condizioni “miste” (altro che le mezze stagioni qui ci mancano pure le intere!) non ci ha delusi 🙂 Ad accompagnarci nel resoconto dell’avventura la penna di Francesco Cornelio. A te la parola Francesco!

Investito del titolo di volontario per narrare le gloriose gesta dell’ultima gita del corso SSA2 2023, spero di essere all’altezza di cotanto onore e onere, o perlomeno di non sfigurare troppo. I lettori siano comprensivi.

Sabato 13 Maggio – Day 1

Causa il maltempo insistente delle ultime settimane e le condizioni nivologiche poco sicure la gita è slittata di due settimane. Siamo quindi arrivati al week-end del 13 maggio, ultima data disponibile. In realtà per essere maggio la neve c’è ed è caduta copiosa, ma le previsioni anche per questo fine settimana non sono molto rassicuranti. La meta prescelta dai nostri istruttori è Cervinia, dove le condizioni dovrebbero essere relativamente sicure e in caso di mal tempo possiamo sempre risalire seguendo le piste (a mali estremi…)

Il momento della sveglia verso le 4:30 della mattina è accompagnato dalle consuete imprecazioni e non merita particolari descrizioni.

Il ritrovo è alle 5:30 al Museo dell’Automobile, silenziosamente ci stipiamo nelle auto carichi del nostro materiale, i più fortunati dormono, i meno fortunati guidano.

Una rapida colazione ad un bar di Cervinia, si fa il punto della situazione: la visibilità è scarsa, nevica e le previsioni sono incerte, si spera in una schiarita, ma per adesso si vede poco.

La buona notizia è che oggi non si fa portage. Difatti, dopo qualche centinaio di metri a piedi, arrivate alla base delle piste di Cervinia, ci mettiamo gli sci ai piedi e iniziamo a salire. Per essere maggio fa freddo, risaliamo tra la nebbia e il nevischio.

Idealmente la meta della giornata sarebbe il Furggen (3492m), ma dobbiamo sperare in una schiarita, che per il momento non arriva, per cui continuiamo a salire seguendo i provvidenziali paletti segna piste, perché altrimenti non si vedrebbe una mazza.

Foto: Stefano Fissolo

Dato che il tanto anelato miglioramento della visibilità non arriva, proseguiamo lungo le piste fino a Plateau Rosa (3500m). Qui finalmente il sole fa capolino e dopo 1500m di dislivello positivo ci fermiamo per una molto apprezzata pausa-spuntino.

Foto: Stefano Fissolo

A questo punto, dopo una breve discussione di carattere etico/filo/sociologico tra gli istruttori, nel gruppo avviene uno scisma, una parte decide di fermarsi, mentre un ridotto manipolo di accaniti e masochisti (tra cui il sottoscritto) decide di salire fino al Piccolo Cervino (3883m).

Sono soltanto 400m di dislivello aggiuntivi, ma tra l’altitudine e la neve che insiste ad incollarsi alle pelli, la fatica comincia a farsi sentire, così come numerose imprecazioni.

Stanchi e ansimanti raggiungiamo finalmente la cima, pronti a riscuotere il premio della giornata: la discesa è sulla neve fresca appena caduta ed è una goduria! :)Sembra di essere in inverno!

Video: Lucia Pinotti

Inevitabilemente nella parte finale della discesa la neve diventa una pappa (ci ricordiamo che in realtà siamo a Maggio…), ma ormai siamo già arrivati a Cervinia e dopo una birra e un panino con allievi e istruttori ci dirigiamo all’hotel Bijou a Saint Vincent, che ci ospiterà per la notte.

L’albergo è una piacevole sorpresa, le stanze sono confortevoli e la cena è abbondante e dopo un rapido briefing sulle possibili mete che ci aspettano il giorno seguente ci infiliamo in branda, speranzosi che l’indomani il meteo sia finalmente clemente.

Domenica 14 – Day 2

Domenica mattina pare che le nostre preghiere e i nostri riti propiziatori siano serviti a qualcosa! Finalmente il sole, finora più sfuggente di Bugo sul palco dell’Ariston, alla fine decide di mostrarsi in tutto il suo splendore. Inoltre un bel po’ di neve fresca caduta il giorno prima ci rallegra lo spirito.

Dimentichi delle fatiche del giorno precedente, dopo una copiosa colazione gentilmente offerta dall’hotel Bijou, ci dirigiamo fino alla frazione di Cheneil, dove parcheggiamo e, eseguita la solita procedura di vestizione e controllo ARVA, ci mettiamo in marcia.

La neve caduta il giorno prima ci risparmia anche oggi l’ormai consueto portage primarile e, dopo aver camminato pochi metri, ci mettiamo gli sci e cominciamo a salire.

Foto: Andrea Marcassa

Per la giornata odierna abbiamo alcune mete potenziali, nello specifico il Monte Roisetta, il Petit e il Grand Tournalin. L’idea è quella di decidere in base alle condizioni che troveremo più in alto. Rinfrancati dal bel tempo e dalla bella neve iniziamo a risalire di buona lena il vallone, effettuiamo un lungo traverso che ci porta in un pianoro al cospetto delle tre potenziali cime obiettivo della giornata.

Foto: Francesco Cornelio

Il Monte Roisetta appare invitante, ma data la sua esposizione a sud e il sole di maggio che sta già picchiando sul pendio lo scartiamo.

La cresta del Grand Tournalin invece, a causa della nevicata del giorno prima, è tutta imbiancata e sua salita sarebbe lunga e per nulla banale. Quindi, visto anche che nel pomeriggio è previsto un peggioramento meteo, la nostra scelta ricade sul Piccolo Tournalin (3207m).

Foto: Gaia Testore

Iniziamo perciò a risalire il pendio che ci separa dalla vetta, che diventa via via più ripido e ci costringe a numerose inversioni e a procedere a distanza di sicurezza per evitare di caricare la neve in modo eccessivo. L’ultimo tratto è ricoperto da uno spesso strato di neve pallottollare ed è quello più delicato, procediamo con cautela e senza particolari problemi raggiungiamo tutti quanti la vetta.

Foto: Francesco Cornelio

Scattate le foto di rito, spelliamo e iniziamo subito la discesa dato che il meteo sta già peggiorando. La prima parte è la più delicata, superata quella il pedio diventa meno ripido, la neve fantastica e le curve tra le più belle della stagione.

Foto: Francesco Cornelio

Più in basso ci fermiamo, sono circa le 14 ed effettuiamo un’esercitazione su recupero da crepaccio: un paio di “volontari” vengono appesi tipo salami e parancati su, collaboranti e non.

Terminata l’esercitazione scendiamo l’ultimo tratto che che ci separa da Cheneil, sulle ultime lingue di neve rimaste, facendo lo slalom tra le pietre come il miglior Albertone Nazionale.

Arrivati a Cheneil: foto di fine corso e pic-nic nel parcheggio tra sole e pioggia, briefing su scelta e conduzione della gita e bilancio finale del corso. Poi però inizia a piovere sul serio, risaliamo tutti in macchina e ci dirigiamo verso Torino, stanchi e felici.

Foto: Anonimo 😉

Personalmente credo che sia stata una bellissima esperienza, soprattutto per merito degli istruttori che si sono sempre prodigati a organizzare delle belle gite (alle volte con condizioni meteo miserabili) e anche grazie al bel gruppo che si è formato!

Un grande ringraziamento a tutti e soprattutto a chi ha avuto la pazienza di leggere questa relazione fino alla fine! 🙂

E ora il link foto

gita di sabato:

gita di domenica:

SSA.2. 4&5 USCITA VALLE GESSO

Vallone di Valcuca e Passo Margiola

15-15 aprile

Il portage, componente immancabile delle gite primaverili, gioia e dolore del tardo-scialpinista. Esistono vari tipi di portage: c'è quello di apertura dove percorrendo terreni più o meno accidentati, a volte sentieri ma molto spesso rocce e terreni ghiacciati, ti inerpichi alla ricerca della neve. Qui il mondo degli scialpinisti si divide tra coloro che calzano gli scarponi e da bravi big foot macinano metri e metri consapevoli del rischio costante dell'inciampo con quei decisamente inadatti involucri di plastica ai piedi; e quelli che, invece, prediligono le scarpe da ginnastica e saldi sui loro piedi avanzano creando bizzarre ombre dalle grandi teste. Sei sei minuto o minuta purtroppo la scelta ti è decisamente preclusa: il posizionamento dello scarpone sopra la testa ti schiaccia al suolo. Così conciato/a manco cento metri avanzi! 
Poi c'è  il secondo portage quello avventuroso dell'alta quota. Lo zaino oscilla mentre lo scarpone rompe la crosta superficiale della neve e sprofonda nei morbidi strati sottostanti. Si avanza nella neve con un progressivo gioco di equilibri mentre si percorrono ripidi pendii e ci si avvicina al colle o alla cresta. Paesaggi mozzafiato ti circondano: stretti e ombrosi canali o ampie soleggiate valli si aprono alle tue spalle ma tu concentrato sul tuo progredire null'altro vedi se non i pochi centimetri di neve che ti separano dal tuo passo successivo. 

Ma non indugiamo oltre e lasciamo la parola a Francesco che ci accompagnerà nel racconto della 4 e 5 gita a  cui con grande grande  rammarico l'Editrice non ha potuto prendere parte (Sigh , sob!).

Ricevuto l’incarico di redigere la relazione di questa gita una lieve inquietudine mi coglie: sarò in grado di avvicinarmi al livello delle relazioni di Cavour, indubbiamente il più grande “cantore” delle gesta eroiche della SSA del Cai Uget?

Dopo un attimo di turbamento, rifletto. Mi dico: ma si dai, in fondo (i) sono diventato avvocato anche io; (ii) anche io ho studiato in un liceo classico prestigioso, di quelli che hanno forgiato una parte importante della classe dirigente del paese (Togliatti, Berlinguer, Segni, Cossiga e molti altri…); (iii) in più nella classe accanto alla mia c’era Elisabetta Canalis (“Eli” per noi compagnetti del liceo…) per cui la mia esperienza da liceale inquieto è stata certo altrettanto soddisfacente e appagante di quella del nostro “bardo” di Corso Tassoni ….

Rinfrancato da questi pochi – ma significativi – parametri di base, mi accingo a raccontarvi del nostro esaltante week end nelle Alpi Marittime.

Giorno 1 – Vallone di Valcuca

Ritrovo al solito al parcheggio davanti al Museo dell’Auto. Ormai siamo rodati e gli equipaggi sono già composti per cui partiamo subito e, senza perdere troppo tempo, in un’ora e poco più siamo tutti al parcheggio delle Terme di Valdieri (altezza 1385 metri).

Carichiamo gli zaini con sci e scarponi. Solo pochi impavidi scelgono di partire con gli scarponi ai piedi. Risaliamo la valle di Valasco sotto una bellissima faggeta che costeggia il torrente omonimo e in poco più di un’ora arriviamo al pianoro del mitico Rifugio Valasco (mt. 1763), un luogo speciale che trasuda di storia visto che è stato “Reale Casa di Caccia” ed ha ospitato per anni Vittorio Emanuele II e altri membri della allora famiglia reale.

Un luogo speciale che trasuda di storia Foto: Francesco Bortone

La giornata è tiepida ed Il cielo è limpido e terso, di un azzurro brillante. “Su di noi nemmeno una nuvola” avrebbe cantato Pupo. La neve, invece, la si vede solo in alta quota e sui versanti in ombra.

Lasciamo velocemente i nostri bagagli al rifugio e partiamo. Il percorso previsto è ad anello e prevede la risalita sul vallone di Valcuca fino alla Cima Valcuca (mt. 2608), scavallamento e discesa dalla parallela Valmorta con rientro al rifugio. Partiamo. Lo stretto vallone di Valcuca, si trova sulla destra orografica della Valle di Valasco. E’ scosceso, largo non più di 8 metri e incuneato tra ripide pareti di roccia. La vegetazione cambia ed appaiono abeti e larici. Il percorso è tecnico e risaliamo il vallone lentamente mentre il cielo comincia a riempirsi di nuvole.

Incuneato tra ripide pareti di roccia Foto: Francesco Tasca

Dopo circa 2 ore arriviamo in fondo al vallone e svoltando sulla sinistra raggiungiamo il lago di Valcuca. Qui mettiamo gli sci ai piedi e proseguiamo la salita. Quando siamo nell’anfiteatro alla fine del vallone a circa 2350 mt e stiamo puntando per la cima Valcuca, una perturbazione ci raggiunge e inizia a nevicare. E’ meglio fermarsi, togliere le pelli e tornare senza indugio a valle.

Alla fne del vallone una perturbazione ci raggiunge Foto: Francesco Tasca

Durante la discesa, nella parte alta del percorso, troviamo neve discreta e ci togliamo qualche bella soddisfazione con curve ampie e veloci. Rientrati nel canale la musica cambia. Il fondo è duro e ghiacciato e ricorriamo al derapage per passare nei punti più difficili. Nella parte bassa del canale per fortuna il ghiaccio molla un po’ e riusciamo a fare qualche serpentina fino a fondo valle.

Foto: Andrea Marcassa

Serata in rifugio

Il rifugio è molto bello, accogliente e decisamente atipico. Più che un rifugio sembra una domus romana con pianta quadrata, corte interna, peristilio con fontana e le camere che si affacciano sulla corte interna.

Dato che siamo dovuti rientrare presto causa maltempo, il pomeriggio passa tra bevute di birra e partite a machiavelli e a pinella che hanno la sola finalità di determinare chi sia il “maschio alfa” della compagnia (anche qui parecchie affinità con il periodo decadente dell’impero romano…).

Per completare la formazione di scialpinisti sedicenti “avanzati” viene simulata la preparazione della barella di soccorso che si compone di sci, materassino, struttura in tela con sistema di bloccaggio per l’infortunato (ruolo recitato con particolare pathos da Davide). Montiamo anche i bastoncini per guidare la barella e le quattro corde per sostenerla lateralmente.

Simulazione della barella Foto: Francesco Bortone

Arriva il momento della cena. Il menu è di ottimo livello sia per qualità che quantità, e ci si butta sul cibo per sfogare un po’ di tensione accumulata. Durante la cena Cavour comunica che la corrente filosofica dello “Scialpinismo mite”, da lui fondata in netta antitesi con la tendenza iper-performante dello scialpinismo moderno, ora ha anche un logo e dei gadget”. Dopo un po’ di perplessità iniziale, le ordinazioni di spille, toppe e magliette con il nuovo logo partono. Per chi fosse interessato è possibile ordinare il vostro gadget scrivendo a enrico.galasso@gmail.com

Logo Scialpinismo Mite Autore: Alessandro Vicario

Ma il vero clou della giornata è l’ingresso in camerata (almeno per chi pernottava nella camerata maggiore). La camerata è un incrocio tra un suk mediorientale e una yurta kazaka. Tra letti e tavoli pende ogni sorta di oggetto tra cui pelli, scarpette interne degli scarponi, calze, maglie, canotte, mutandoni dello zio ricco ecc. All’ingresso tutti i nostri sensi sono completamente sconvolti, l’afrore è tale che prendiamo sonno in un attimo.

 Giorno 2 – Passo Margiola

Al risveglio un piccolo giallo. Nessuno della camerata maggiore si sveglia. Ci si domanda increduli se gli effluvi dei panni stesi potessero aver avuto un lievissimo effetto narcolettico. In realtà le ragioni del patatrac sono presto identificate: gli allievi contavano sulla sveglia degli istruttori, e gli istruttori sul livello “avanzato” degli allievi. Lo svarione per fortuna non impatta il programma che parte regolarmente e prevede risalita fino al rifugio Questa, valle sotto la cresta Savoia fino al passo Margiola, discesa sul versante francese fino al Lac Negre, ripellata e rientro dal passo del Prefouns e dal Vallone Prefouns.

Si parte, con una lunga fase di portage Foto: Andrea Marcassa

Anche nel secondo giorno, si parte con una lunga fase di portage seguendo la mulattiera del vallone. Mettiamo gli sci ai piedi. Un paio di inversioni complicate dal fondo ghiacciato e dalla spolverata di neve arrivata durante la notte e siamo davanti al rifugio Questa e al lago delle Portette (a 2350 mt).

Lo scenario è grandioso. Prendiamo il vallone che si estende verso Sud puntando al passo Margiola.

Lo scenario è grandioso Foto: Francesco Tasca

Subito dopo il lago, su un pendio particolarmente ripido passiamo uno alla volta, tenendoci a 10 mt di distanza uno dall’altro. Mentre risaliamo a destra sul versante esposto a Est notiamo alcune cadute di neve dovute al riscaldamento delle rocce. Ci spostiamo a sinistra, sul lato destro orografico della valle, che è in ombra e più sicuro e proseguiamo fino sotto al passo.

L’ultimo tratto di salita verso il passo è piuttosto tecnico e usiamo la picozza per aiutarci con la salita. Fatichiamo parecchio e anche caricando bene sul tallone sprofondiamo spesso nella neve fresca.

Il passo è piuttosto tecnico (..) fatichiamo parecchio e anche caricando bene sul tallone sprofondiamo spesso nella neve fresca. Foto: Federico Ansaldi

Arrivati sul Passo Margiola (2739 mt), la vista è mozzafiato, si apre sia sul versante francese che su quello italiano.

Arrivati sul Passo Margiola (2739 mt), la vista è mozzafiato Foto: Simone Gallo

Rimaniamo delusi dallo scarsissimo innevamento della valle Margiole. Quindi, anche nel secondo giorno, si cambia programma e anziché completare il percorso ad anello si torna a casa dallo stesso versante della salita.

Nella prima parte della discesa troviamo una bella neve farinosa caduta nel corso della notte. Gli allievi si scatenano e ammirano la Diretura che fila sicura con curve ampie e ben impostate. In un attimo siamo già arrivati al lago delle Portette. Occhio pero alle pietre: la neve è poca ed il fondo infido. Parecchi di noi si ritrovano con la soletta pesantemente segnata.

Neve farinosa caduta nel corso della notte Foto: Raffaele Francone

Proviamo a spostarci sulla destra orografica per cercare di scendere dal vallone del Prefouns, ma il passaggio e complicato e rischioso. Optiamo per un rientro sicuro sullo stesso percorso dell’andata. Un’altra oretta di portage e siamo di rientro al rifugio Valasco.

Mentre percorriamo l’ultimo tratto fino alla macchina riflettiamo sulle incognite delle gite primaverili che sovente richiedono cambi di programma. Ragioniamo anche sulle differenze tra sci alpinismo e sci escursionismo: questo week end è stato davvero di “sci alpinismo”, con molti tratti tecnici, pareti scoscese e tanto, tanto movimento.

Nel parcheggio delle auto un clima tiepido e un paesaggio molto primaverile ci accolgono. Chiudiamo con il classico buffet su un bel prato verde, ringraziando gli istruttori per un week end bellissimo e molto formativo.

Foto: Francesco Bortone

Foto copertina: Raffaele Francone

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