3.a uscita, 23.02.2020: Crête de Lenlong

Viaggi che saltano, perché annullati dalle autorità oppure perché si decide che è meglio non partire. Questa è la situazione in epoca Coronavirus, ma nonostante ciò nel gruppo vacanze UGET sono tutti pronti a salpare, nonostante l’ora, affrontando un viaggio appiccicati come sardine.

Nel delirio generale alla “si salvi chi può” in una Torino che assomiglia sempre più alla Firenze del 1348, l’unica spiegazione razionale per interpretare la presenza di allievi ed istruttori a questa gita, è la falsa consapevolezza che in quota i virus non arrivino. Risulta quindi giustificata la folle scelta della partenza pre alba, quando l’unica ricompensa certa è la fatica, emulando così i ragazzi del Decameron.

Esorcizzato il drago del Coronavirus, con la spada dell’ignoranza, agli allievi più in fasce non resta che deviare le proprie preoccupazioni sulla meta da raggiungere durante la gita.

Ed ecco che tutti i gruppi, sotto l’attenta supervisione degli istruttori, scrutano con la dedizione di un cane da tartufi tutti i dettagli delle mappe a disposizione. Alla fine dello studio approfondito, la direzione è chiara e certa: seconda stella a destra, dritto è il cammino, porta alla vetta che non c’è. Ebbene sì, il punto di arrivo è anonimo, non definito, paradigma dell’esistenza stessa di ogni uomo.

L’unica certezza è il fanalino di coda del pullman degli allievi distrutto, che ci ricorda che forse svegliarsi alle 5 di mattina affrontando un viaggio in pullman come passeggeri è sempre meglio che esserne il conducente. Il povero conducente, a quel punto, nonostante mezza carrozzeria distrutta, si dedica a redarguire tutti gli incauti allievi che appoggiano gli sci su quel che rimane della fiammeggiante carrozzeria arancione.

Così inizia la gita.

Ci incamminiamo da Val des Près su una strada forestale per cominciare a carburare e rompere il fiato, che là si rompe definitivamente. I numerosi tornanti si inerpicano dolcemente per la montagna, dove i più intrepidi azzardano qualche scorciatoia direttissima fino alla borgata di Granon. 

Più che umano è il pensiero ad un pranzo in baita, ma gli istruttori ci propongono l’allettante alternativa dell’esercitazione con bussola e cartina. Qui viene a galla la pigrizia di qualcuno che non ha verificato i bollettini valanga in settimana, ma un certo entusiasmo nei confronti delle competenze scout acquisite durante l’ultima lezione teorica. 

Riprendiamo la marcia su per i monti e i gruppi di diramano, ovviamente non per alleggerire il pendio, ma unicamente nel rispetto delle attuali normative imposte dal Ministero della Sanità. La pendenza e la temperatura crescono, il numero degli indumenti addosso diminuisce, entro i limiti del possibile. Fa caldo come a maggio, gli alberi sono in fiore e le cicale accompagnano la salita, ma c’è un solo pensiero fisso: mi posso togliere tutto ma non i guanti! Ed è così che spuntano fuori immagini raccapriccianti di gente che sale con le culottes, mostrando lo villoso petto, ma appunto con i guanti, che senza dubbio coprono un’orticaria galoppante. Nessuno vuole essere immortalato in foto senza guanti e finire alla gogna pubblica del mercoledì sera e la suddetta è l’ovvia conseguenza di un clima di terrore.

Il paesaggio si apre su una splendida vallata innevata e rassicurante che ripaga la sveglia di ormai molte ore prima. 

Testimone dei nostri dubbi e delle nostre ambasce è una volpe, che sembra quasi ci faccia l’occhiolino prima di andarsene per i fatti suoi. Chissà se anche lei sa riconoscere la neve vecchia dalla neve nuova. 

Non è chiaro quale sia la meta. Il Fort de Lenlon è in vista, ma il gruppo di testa sembra voler puntare altrove per raggiungere gli oltre 1100 m di dislivello prefissati. L’indecisione tra il fermarsi e il continuare è palpabile, ma fortificati dalla lezione di orientamento e da un forte spirito critico, si segue la traccia del Diretur senza fare troppe domande. Le ultime (e forse uniche!) inversioni della giornata sulla dorsale attaccata alla roccia della Crête de Roche Gauthier ci permettono di raggiungere la cresta. I più celeri si assicurano un posto al sole sulla roccia asciutta, ma le postazioni finiscono presto.

Gira voce che si stia costruendo una barella, qualcuno si è fatto male? Non arrivano né smentite né conferme (la gente non ha più fiato), ma si affronta il dubbio con in mano un panino…la felicità. 

È il momento di togliere le pelli per non tardare a scendere giù dal versante sud, prima che la lezione di sci alpinismo si trasformi con queste temperature in sci d’acqua. Si dà il via alle danze e avanti tutta…in discesa, dove l’obiettivo di tutti sembra ritagliarsi il proprio disegno su una neve vergine, inaspettatamente ancora bella. 

A complemento di tutto ciò ci attende la doverosa esercitazione di ricerca Artva e sondaggio una volta tornati nella borgata di Granon. Dopo i sondaggi, alcuni allievi vengono richiamati all’ordine per finire di dissotterrare i manichini dispersi, ”Maschi Giovani”  appella il Diretur e improvvisamente tutte le donne del gruppo sono felici che le istanze femministe degli ultimi 50 anni siano state temporaneamente dimenticate. A dispetto della più alta retorica del Decameron, l’ermetica descrizione del patrimonio umano è il massimo grado di erotismo bucolico a cui possiamo ambire in questa novella.

La stradina finale ci regala delle belle curve e scendendo la sensazione di gratitudine e leggerezza si fanno tangibili, quando torneremo a casa ci sentiremo tutti meglio di quando siamo partiti. 

Al banchetto di fine gita si determina una strana dinamica che porta a dividere in due posti diversi la distribuzione del cibo. Uno scisma interno? Un’auto quarantena dei primi sospetti casi di Coronavirus? Troppo stanchi e affamati per cercare una spiegazione ci si divide tra le due fazioni e coccolati dal panino alle acciughe e l’ebbrezza di una birra si rientra felici a casa. 

In questi tempi pazzi, la voglia di mollare famiglia e lavoro e aprirsi un chioschetto di Amuchina nel lodigiano è molto forte… per fortuna che c’è il CAI UGET.

” Bello salire (e scendere) insieme! ”

Realizzato dalla delicata retorica di Cecilia Cavallo e l’inadeguato contributo di Giulio Farinelli e con la partecipazione del talent scout Matteo Gallo.

…ed ora vai allo slide show:

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