Un socio d’eccezione: Beppe Tenti

Dalla periferia di Torino all’orizzonte cinese In Siberia

“Si, viaggiare…” diceva una canzone di Lucio Battisti. è una frase che riassume bene e brevemente un personaggio entrato ormai nell’immaginario collettivo: e non per i successi discografici, non per delle canzoni da schitarrare intorno al falò estivo. Un indizio: viaggia spesso con furgoni arancioni… ormai l’avrete capito, si tratta di Beppe Tenti, al secolo Giuseppe, che recentemente è venuto a trovarci in redazione. Una chiacchierata in cui il nostro socio ormai di vecchia data ha voluto con noi ripercorrere i suoi infiniti ricordi: dalle prime scampagnate con gli amici alle spedizioni himalayane, dai viaggi trekking al successo televisivo. «Ho iniziato organizzando le gite della parrocchia, andavo alla Chiesa della Divina Provvidenza» esordisce subito come un fiume che ha rotto gli argini: partono le date, i ricordi «Non mi piaceva organizzare due pullman separati come era consuetudine fare. Così una domenica ho organizzato un pullman per uomini e donne assieme: raggiunsi il tutto esaurito mentre al gruppo parrocchiale non parteciparono che poche persone. Fu un successo, ma non era calcolato: facevo tutto questo perché mi piaceva stare in gruppo, sentirmi e far sentire gli altri parte di questo qualcosa». Gruppo, sodalizio, comunità, parole che tornano più volte nel vocabolario “Tenti” nel corso della serata «Ad un certo punto qualcosa venne meno all’interno della parrocchia: quelli che erano i nostri “animatori”, si direbbe oggi, erano cresciuti, noi giovani eravamo cresciuti. Se poi ci mettiamo di mezzo anche la scomunica…» Scomunica? «Si, andavano a chiedere a mia madre se fossi stato scomunicato, ne combinavo di tutti i colori all’epoca; ero amico di un comunista di quelli “fedeli alla linea” e con lui e altri fin da piccoli organizzavamo scherzi di ogni sorta. Ma bonariamente, sempre». Pare di vederle queste scene quando le racconta come la volta dei volantini del PCI in tasca ai preti negli anni delle scomuniche! «Insomma, arrivò il momento di iscrivermi al CAI UGET: non fu difficile trovarmi subito a mio agio; formammo subito un bel gruppo con Corradino Rabbi e suo fratello, ma anche con chi non faceva ancora parte del Club, come Mellano. Il bello del CAI UGET era proprio lo spirito che ci animava » e si può intuire dalle sue parole che, a differenza di altre sezioni, si era prima amici e poi soci. Tenti, infatti, partecipa attivamente alla vita sociale della sezione che culmina con l’organizzazione di varie spedizioni e gite particolari. Come quella del Raid sci alpinistico con l’aereo, dove fortunosamente si riesce a intercettare due gruppi le cui attrezzature erano portate dallo stesso Tenti con un aeroplano turistico. Nessuno ancora ci aveva pensato «Anche gli svizzeri erano interessati, non avevano mai visto una organizzazione simile, almeno sulle Alpi». Una grande struttura logistica, un’attenzione affinché “tutto fili liscio”. Ma con naturalezza, con la passione e la voglia di fare avventura. Di certo, merita uno spazio tutto dedicato a sé l’avventura al Kilimangiaro del 1967: 57 soci su 58 partiti raggiungono la vetta. è un successo: l’avventura conquista definitivamente Beppe Tenti; di lì a poco nasce la sua prima agenzia viaggi, Trekking International. Dal lungo dialogo che abbiamo con tanti soci e amici che nella serata si fermano a sentirlo raccontare, il Kilimangiaro segna in un certo senso una cesura tra la sua attività di amatore con quella di professionista dei viaggi trekking: allora, nessuno proponeva ai viaggiatori di diventare escursionisti girando per il mondo. Lui ebbe quest’idea: le cose non andarono sempre bene, ma si svilupparono sempre al meglio. In altre parole, creò un nuovo mercato dei viaggi, ancor oggi molto di moda.
Poi, le grandi collaborazioni con Reinhold Messner «Con lui avevamo un accordo: gli organizzavo i viaggi e mi occupavo della parte logistica, ma era a mio libro paga. O meglio, gli sponsor mi pagavano e lui andava a fare gli 8000». Come se servisse una conferma, ci descrive un Messner “simpatico, e affabile in una stanza tra amici” forse non proprio quello a cui siamo abituati a vedere, «Era eccezionale: una volta eravamo al Nashaq con un gruppo di trekker. Lui era la nostra guida: oltre che della parte tecnica, si occupava di fare da collegamento. Arrivato a un campo superiore mi comunica con il walkie-talkie che aveva voglia di un thè e che dovevo prepararglielo. Al campo base iniziai con tutta calma pensando che ci impiegasse come tutti noi le varie ore necessarie. In dieci minuti me lo ritrovai al campo “Ho preso un canale di neve”. Questo era Messner.» Per festeggiare le 14 vette sopra gli 8000 metri, fu proprio lo stesso Tenti ad affittare l’Arena di Verona «Ma non l’ho pagata solo io! Avevo tanti sponsor: era importante perché dava modo di far conoscere al mondo questo mondo dei viaggi d’avventura ». Con questa serata, finisce il sodalizio lavorativo tra i due. “Non l’amicizia” ci tiene a sottolineare Beppe. Si aprono così le porte per la televisione «Overland non fu un inedito: feci il Raid Roma-Pechino nel 1985 con delle FIAT Panda 4×4. Nessuno riuscì a replicare questa avventura. Di lì in avanti inizio a collaborare con la Rai. I furgoni arancioni erano ancora a divenire». Overland è passato nell’immaginario collettivo italiano: il programma televisivo ha sempre riscosso un buon numero di ascoltatori, nonostante il palinsesto quanto meno poco attraente. Diciannove stagioni sempre in orari angusti hanno permesso a milioni di persone di girare il mondo standosene a casa sul proprio divano. Quello che vediamo è frutto di una macchina logistica e una struttura cinematografica imponente. è sempre andato tutto liscio, gli chiediamo: oltre a ricordare che noi Italiani sappiamo cavarcela bene in ogni situazione, dalle lingue parlate a gesti alle tecniche di persuasione, ricorda «Non sempre, una volta in Etiopia ci trovammo completamente impantanati. I carri non proseguivano. Da testardo quale sono, non ho voluto cedere perché dovevamo passare per una valle bella e poco esplorata. Solo che il nubifragio aveva creato un tale pantano che era impossibile muoversi. Feci, insieme alla guardia armata e a mio figlio Filippo, che conduce le nuove spedizioni, un paio di ore di cammino per cercare il supporto per disincastrarci dalla situazione. Ma ecco, forse è proprio questa l’avventura», certo, non è cosa comune: in un paese straniero, in cui ci sono briganti che possono assalirti, in una zona poco conosciuta, andare a piedi fino al primo villaggio è certamente un bel rischio.
Ma non è tutto: «Di certo, quello che ci è successo in Yemen è di gran lunga più estremo: eravamo incolonnati lungo una strada per andare verso l’Arabia Saudita. Tra il caldo e la polvere alzata dai veicoli, chiesi al mio driver di fermarci un po’ in modo che la sabbia alzata si abbassasse e ci lasciasse respirare. Dopo aver distanziato di un bel po’ la carovana principale, ripartiamo ma subito ci piombano addosso dei ribelli con il kalasnikov spianato. “Adesso ci ammazzano!” ho urlato a Carlo. Lui freddo da ex legionario della legione straniera qual è, ha ingranato la marcia e ha investito quelli che avevamo davanti! Poi una raffica di proiettili…”ma cosa hai fatto?” gli dico, “potevi ammazzarli! Ammazzarli? Quelli ammazzavano me e te!”. Che paura! E se non sei più che coraggioso, te la fai anche sotto!». Overland ha introdotto nelle case italiane anche molti paesaggi spesso oggi dilaniati dalle guerre civili, come in Yemen o in seguito a missioni internazionali, come l’Afghanistan: «Un paese bellissimo, con paesaggi e laghi di un blu intenso come mai avevo visto. L’Afghanistan l’ho visitato molte volte, anche per alpinismo. Recentemente, dovevo portare una comitiva e quindi ho chiesto alla Farnesina l’autorizzazione, che in pochi giorni con una lettera del Capo dell’Unità di Crisi mi è negata. Al che, dato che sono testardo, e non cedo tanto facilmente, contatto l’ambasciatore afghano a Roma, il quale mi riceve. Spiego la mia situazione e che avrei fatto un reportage. Mai ho chiesto soldi, ma sempre e solo di avere le autorizzazioni necessarie. Dopo pochi giorni, ecco i timbri. Fa una certa impressione sapere che nello stesso luogo in cui visiti le bellezze, ci sia a poca distanza da te una situazione sociale così instabile da causare la morte di centinaia di persone». Su questo Beppe Tenti è rimasto toccato, aggiungendo che «L’hotel in cui eravamo alloggiati, pochi mesi dopo è saltato in aria». Insomma, avventura costante. Ma ad Overland non sono rimasti insensibili alle cause sociali:
per lunghi anni, hanno collaborato con l’UNICEF e l’AIRC. Dal 2005, l’esperienza benefica è parte integrante di Overland «Ho dato gratuitamente il marchio Overland, ormai molto conosciuto, a un gruppo di agguerrite donne che hanno trasformato una nobile idea in un grande aiuto ai bambini orfani: la onlus Overland For Smile organizza ogni anno un team di personale sanitario per aiutare i bambini rumeni che si distruggono i denti mangiando quello che trovano. Fanno interventi di piccola chirurgia, esami del sangue e ogni altra cosa che possono a bordo di due tir arancioni con tutto l’occorrente per intervenire. I partecipanti, tutti volontari, forniscono un servizio laddove lo stato romeno non riesce. Ci si sente parte di un grande gruppo che non si vuole abbandonare. Dal 2010 invece, ha viaggiato con noi CinemArena, il progetto solidale itinerante del Ministero degli Affari Esteri: raggiungiamo i villaggi più sperduti nelle condizioni più estreme, montiamo su un telone e proiettiamo filmati per portare informazione solidale alle comunità. Africa, Perù, Myanmar». Giunti alla fine del nostro breve dialogo, sorge la domanda spontanea: perché Beppe Tenti non ha mai scritto un libro? «Perché sarebbe come dire che tutto è stato compiuto. Ma ho ancora davanti almeno 10 anni di lavoro prima di andare in pensione!»
Non avremo allora un libro a firma di Beppe Tenti, come il suo precursore Marco Polo. Di certo, il nostro socio ci regala costantemente e ci lascia una infinità di racconti tramandati dalla pellicola cinematografica.
Testo di Andrea Castellano – Foto archivio Overland – Ha collaborato Pierfelice Bertone