L’arcipelago delle Eolie, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, prende il nome dall’antica leggenda che lo considerava la dimora di Eolo, il dio greco dei venti. Dal 28 maggio al 4 giugno 2016 la Commissione Gite ha replicato per la 3° volta il trekking alle Eolie, organizzato egregiamente da Gianni Lucarelli e Luciano Zanon, condotto con la solita maestria da quest’ultimo e da una validissima guida trentina, Genny, esperta geologa nonostante la sua giovane età (26 anni), carina, simpatica e chi più ne ha più ne metta.
Il gruppo, di 31 soci Cai Uget, era ben assortito e si è amalgamato col passare dei giorni. Già durante il viaggio in aliscafo (dopo aereo e pullman), passando dall’isola di Vulcano, abbiamo sentito un marcato odore di zolfo, tipico delle emissioni vulcaniche. E questo si è confermato il carattere dominante dell’arcipelago, grazie a ben 2 vulcani attivi, Vulcano appunto e Stromboli, nonché grazie alla conformazione vulcanica di tutte le isole, con numerosi crateri ora spenti. Infatti la 1° escursione è stata al Monte Pelato di Lipari, dove in epoca altomedioevale s’è avuta una grande eruzione che ha lasciato evidenti tracce: il sentiero percorso in salita è tutto su ossidiana, roccia vetrosa nera traslucida che è stata emessa dal vulcano e grazie alla quale l’isola s’è sviluppata fin dal Neolitico. E di origine vulcanica è anche la pietra pomice che veniva estratta fino a poco tempo fa dalle cave del M. Pelato, costituendo una delle poche industrie dell’arcipelago, poi esauritasi.
Eppure non è del tutto spenta l’attività vulcanica dell’isola di Lipari: nella parte occidentale, da noi esplorata verso la fine del trekking, abbiamo trovato delle fumarole. Da alcune fenditure del terreno escono esalazioni molto calde di vapore acqueo, zolfo e anidride carbonica. Inoltre, sempre in zona, alle Terme di S. Calogero, c’è una sorgente di acqua calda con temperature di oltre 35°, sfruttata già dagli antichi Romani. Invece a Vulcano c’è molto di più. Vulcano, che ha dato il suo nome a tutti i vulcani del mondo, è ancora in attività. L’ultima eruzione, risalente al 1888, ha modificato tutto il paesaggio e potrebbe ripetersi in qualunque momento. La salita al cratere è esteticamente molto bella: già originali le forme bizzarre degli spuntoni rocciosi della costa, poi salendo al di sopra del bosco si attraversa un’incredibile tavolozza di colori, dal giallo dello zolfo al verde del silicio al rosso del ferro, che risaltano sul blu intenso del mare. Scenario indimenticabile dell’enorme cratere, che abbiamo percorso interamente fino alla cima e poi giù, armati di mascherine, tra fumi, vento e calore che ci hanno fatto sentire il “respiro” del vulcano. Mi è piaciuto immensamente. “Iddu: il faro del Mediterraneo” si riferisce invece allo Stromboli, il più attivo dei vulcani delle Eolie e non solo. Ha 100.000 anni d’età e si eleva imponente dal fondo marino per 2400 m, di cui 924 sopra il livello del mare. Per andare in cima al “Pizzo”, sull’orlo dell’antico cratere Neostromboli, occorre farsi accompagnare da una guida alpina e munirsi di casco e pila frontale, per poter godere dell’incredibile scenario notturno offerto quotidianamente dal vulcano, particolarmente affascinante col buio, e scendere poi dalle ripidissime ceneri vulcaniche, in cui si affonda come fosse neve. Lo Stromboli ci ha dedicato uno spettacolo superaffascinante sulla “Sciara del fuoco”: dapprima esplosioni a base di grandi fumate, poi eruzioni violente e rumorose di fiammate e lapilli, riprese con entusiasmo crescente dai nostri instancabili fotografi! E poi giù, quasi alla cieca, per più di 900 m di ceneri. Bello, anche questo indimenticabile. Abbiamo continuato a seguirne l’attività da lontano anche nei giorni seguenti, al di sopra della superficie marina, dalle altre isole. Affascinante è stata anche Salina, l’isola più verde dell’arcipelago, formatasi dall’unione di 2 isole vulcaniche vicine, poi saldatesi grazie all’attività di numerose bocche vulcaniche. Memorabile l’escursione alla “Fossa dei Felci”, la “vetta” delle Eolie (962 m) raggiunta su un sentiero all’ombra di bellissimi alti eucalipti, con un repertorio notevole di flora endemica: ginestra del Tirreno (Genista tyrrena), citiso delle Eolie (Cytisus aelolicus), fiordaliso delle Eolie (Centaurea aeolica) dalla ricca tavolozza cromatica. La discesa attraverso un fitto bosco fiabesco, su sentiero ripido, sassoso, scalinato in modo sconnesso e a tratti disagevole, è stata rallegrata da un exploit di Sergio Colaferro, che si è esibito in una canzone abruzzese spassosa, facendoci poi cantare a turno una lunga filastrocca mentre scendevamo un’infinita scalinata. Ogni tanto si aprivano stupendi belvedere, da cui potevamo ammirare l’instancabile attività dello Stromboli, che si vedeva in lontananza sul mare azzurrissimo. Ci stava salutando…
di Bianca Compagnoni
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