Grand Galibier, il labile confine tra scialpinismo e sci ripido

Il Grand Galibier è una montagna francese delle Alpi Cozie che quota 3228 metri. Si trova al confine tra i dipartimenti delle Alte Alpi e della Savoia tra i comuni di Valloire e di le Monêtier-les-Bains. A poca distanza dalla vera e propria punta parte, lato Valloire, un ripido canale che è meta ambita di tanti sciatori amanti dei pendii inclinati.

Grand Galibiè, il canale visto dalla Tete Noire (Ph C. Giovando)

Anche io ne avevo subìto il fascino e vi avevo pure visto alcuni francesi “sbucarne” fuori con evidente soddisfazione per la bella salita in un ambiente severo. Ciò che rende praticabile una pendenza sostenuta è più la qualità della neve che la sua ripidità. La discesa è un 4.3-E2 ovvero un po’ più difficile di un OS il che significa… abbordabile, facendo un po’ di attenzione!
L’itinerario più veloce per noi italiani è quello di percorrere la traccia per la frequentata Tete Noire svoltando nella parte alta a destra per infilarsi, con ramponi e picca, in uno stretto e ripido canale che adduce ad una piccola spianata a venti minuti dal Grand Galibier. Questa salita la percorremmo in gita sociale del GSA il 13 aprile 2014 e tutti i 32 partecipanti salirono, senza problemi, l’apparentemente ostico canalino (come testimonia la relazione della gita).
Domenica 10 Aprile 2016 siamo di nuovo qua in veste “privata”! I volti dei “runner” amici di Orfeo lasciano presagire un’andatura non troppo “meditativa”.
La meteo oggi è fantastica e le previsioni sembrano ottime. Anche la temperatura è perfetta. Assenza totale di vento. Insomma, tutto sulla carta sembra assicurare il successo!

Grand Galibier, canale di salita (ph. C. Giovando)

In undici ci avventureremo nel ripido budello mentre i restanti sette opteranno per la meno adrenalinica ma pur sempre bellissima “normale” verso Pont de l’Alpe il che è esattamente il percorso seguito nella sociale nel 2014. Sappiamo che ha nevicato venerdì notte, una spanna, anche se al sole di tale neve non c’è traccia.
Quando, uscendo dal primo canale, giungo al piccolo pianoro ad oltre 3100, i super-runner stanno già facendo ritorno, a piedi, dalla sommità del Gran Galibier. Per non perdere tempo tolgo subito le pelli e, salutati gli amici che torneranno verso Pont de l’Alpe, percorro i pochi metri che mi dividono dall’imbocco della “canala”.

Grand Galibier, ingresso nel canale.(Ph C. Giovando)

La conosco già ma valuto, come tutti, la consistenza della neve e la tenuta della stessa. Due francesi stanno per uscirne dopo averlo salito picca e ramponi: si stupiscono di trovare così tanta gente ad accoglierli (in realtà stiamo aspettando che si tolgano perché non vorremmo scaricare loro addosso della neve provocandone la caduta). Sono giovani e forti e, in breve, escono e possiamo scambiare due parole con loro sullo stato del manto nevoso.
Confermano le nostre impressioni, cioè la presenza di una spanna di neve fresca su uno strato duro. Tutti siamo già pronti per cui, dopo qualche secondo, respirone e giù nel budello. L’imbocco è ripido ma tranquillamente sciabile. Si salta, come sempre nel ripido, ma la presenza dello strato di neve superficiale mi frena agevolmente, limitando parecchio la paura che un po’ prende quando ci si imbarca in avventure sciistiche simili.
Dopo i primi 20-30 metri la pendenza aumenta parecchio e, al contempo, la presenza di due fasce rocciose laterali, restringe il canale a pochi metri di larghezza. I famosi 50 gradi devono essere qua e mi auguro che non ci siano altri tratti simili.

Mi sposto sul lato sinistro e procedo con un cauto “dérapage” per alcuni metri usando la mano a monte come appoggio.

Per rendere più adrenalinico il passaggio cominciano a sibilarmi proiettili di neve gelata provenienti dall’alto. I compari sono partiti e non possono certo fermare le colate di neve e tutto quello che si stacca…
“Sarà meglio muoversi e togliersi dalla linea di tiro!” penso ma il pendio è ancora tostino… i 50 gradi continuano ma appena terminati, mi sposto a sinistra per togliermi dai casini e trovo anche neve bella. Bene, qui è proprio divertente, scendo abbastanza veloce, incontrando piccole aree ghiacciate che obbligano ad una maggiore presa di lamine. Comunque sono sempre veloce a cambiare assetto e tenere gli sci paralleli ma distanti tra di loro. Mi godo il percorso, fuori dai blocchi di neve gelata che, con grande fortuna, mi passano a pochi metri ma non mi colpiscono mai.
Raggiungo così una piccola area assolata, forse l’unica del canale, e mi volto a guardare le evoluzioni di chi mi segue. È veramente raro vedere una simile truppa impegnata in un canale ma oggi va così! I miei compagni di avventura tirano giù di tutto.
Orfeo, poco più alto di me, si è stancato di prendersi in testa le continue scariche di chi sta sopra e lancia epiteti irripetibili. In questi casi il casco è d’obbligo proprio per attutire la caduta di tutto ciò che piove incessantemente dall’alto. Qualcuno mi ha fatto osservare che chi scende per primo trova la neve migliore…
Probabilmente è vero: il canale è intonso e c’è più possibilità di essere frenati dallo strato di polvere superficiale che si accumula a valle però oltre a prendersi le scariche di tutti, aprire la discesa implica sempre un po’ di incoscienza/coraggio perché le condizioni “reali” del canale sono ignote!
Scendo ancora un po’, ormai sono a metà canale (che misura sui 600 metri di dislivello) portandomi tutto a destra. Di tanto in tanto discrete colate di polvere transitano silenziose e imponenti nel centro del canale. Passarci dentro con gli sci vorrebbe dire essere trascinati via perché la massa di neve, pesante si approprierebbe della spatola dello sci e, sbilanciando il povero skieur, ne causerebbe la caduta.
Noto una figura sola salire lentamente, fortunatamente fuori dalla linea di massima pendenza. La raggiungo, sia per portarmi al sicuro che per curiosità: è una bella ragazza sola! Il padre è rimasto alla base del canale ed ora la sta osservando crogiolato al sole qualche centinaio di metri più in basso. La fanciulla si stupisce parecchio quando la informo che siamo quasi una dozzina impegnati in discesa. Dalla sua posizione non poteva vedere la parte alta del canale. È perplessa quando le comunico simili numeri e resta indecisa sul da farsi. Tipa tosta, di Villeneuve, la lascio alle sue elucubrazioni e proseguo la discesa, ormai facile e sicura.
Orfeo mi raggiunge e giochiamo per un po’ a scaricarci pendii nevosi uno addosso all’altro, ormai mancano pochi metri al sole ed all’uscita. Ci teniamo sulla sinistra dove il terreno sembra meno cosparso dalle tante piccole gobbe residui di vecchie valanghe. Dall’uscita del canale entriamo nel regno della moquette: la neve è compatta, uniforme, omogenea, nessuna pietra e lo strato superficiale è fuso, giusto quello che serve per lasciare le tracce… ci dilunghiamo in una serie di serpentine, in pieno sole, liberi e soddisfatti.
Stop ed attesa dei compagni che sono ancora parecchio su! Tutti comunque scendono e sembrerebbe andare tutto bene se non che… Renato perde uno sci in una banale caduta. Lo vediamo andare avanti e indietro a piedi cercando di vedere lo sci, siamo piuttosto lontani e comunicare a voce non è facile. Passano i minuti e cominciano a nascere angoscianti interrogativi: se lo sci non si trova che fare? Risalire il canale e scendere al punto di partenza o continuare la discesa fino a Valloire e da lì prendere un taxi?
Anche la ragazza francese intanto ha cominciato la discesa; evidentemente salire su un canale triturato ed ormai completamente privo di neve fresca non le interessava. Avvicinandosi a Renato li udiamo confusamente scambiarsi delle battute e poco dopo la ragazza trova lo sci e lo porge al nostro! Renato si mette lo sci e ci raggiunge in pochi secondi….
Scendiamo ancora “tenendo la sinistra” su una neve da sballo. Il livello di chi mi accompagna è eccelso: non si fa in tempo a tirare un attimo il fiato che tutti sono lì…

Arrivati a pochi metri da Plan Lachat, sopra Valloire, ripelliamo e ci apprestiamo a risalire i 750 metri di dislivello che ci porteranno in punta alla Tete Noire. Se fino all’uscita del canale il sole non aveva mai rappresentato un problema adesso lo diventa: nel cielo tersissimo, senza una nuvoletta, ci cospargiamo di “protezione cinquanta”. Maniche corte, via in salita, cercando di stare dietro a chi sembra avere preso la gita per una race all’ultimo sangue…
Siamo fortunati perché è presente una traccia. Peccato che si interrompa poche decine di metri sotto “l’uscita” al colletto che dista pochi metri dalla Tete Noire.
L’ultimo tratto decidiamo di farlo a piedi, sci in mano. Senza neanche i ramponi saliamo veloci nella traccia di Chiara e, in poco tempo, sbuchiamo finalmente sul lato di Serre Chevallier. Domanda ovvia: “Che facciamo? Andiamo in punta?” Hai fatto trenta… E via sulla punta, di nuovo ski-aux-pieds! Dove, per essere onesti, tira un leggero venticello che però a 2842 metri fa sentire i suoi effetti. In pochi minuti siamo tutti in vetta, pronti per iniziare l’ultima discesa che, nonostante siano le 13,40 ci regala ancora una neve di ottima qualità.
La copertura nevosa non è continua fino alle auto ma, sfruttando al meglio le residue lingue di neve, riusciamo a toglierci gli sci a non più di cinque minuti dalle auto…
Gitone! Ne valeva la pena! Dislivello fatto da me, che non ho raggiunto la prima vetta, 1950 metri che passano i 2000 per coloro che sono saliti sul Grand Galibier.

Ringraziamenti e complimenti a: Orfeo, Roberto, MassMass il dutur, Guido, Fabrizio, Chiara, Renato, Ernesto, Andrea, Enrico.
E bravissimi anche quelli che hanno optato per la discesa soft: Sergio, Giacomo, Mike52, Battista, Annalisa, Cristina, Loorenz e… last il nostro quadrupede alpinista Russel un quasi veterano dello skialp.

Marco Centin