Sulle Ande dei nostri sogni

Il sogno di una spedizione extraeuropea ci ha portati in Bolivia, terra affascinante e dai mille volti. La Bolivia è il luogo ideale dove affrontare la prima spedizione della vita soprattutto per chi, come noi, desidera organizzare il viaggio e le salite in maniera autonoma. Abbiamo organizzato e vissuto la spedizione come un’avventura, senza rivolgerci ad agenzie specializzate, guide andine, portatori o arrieros che, probabilmente, ci avrebbero consentito di effettuare salite più tecniche ma avrebbero reso meno “nostra” la spedizione. Quindi, dopo circa un anno di pianificazione con ricerca informazioni, stesura programma, integrazione equipaggiamento, allenamenti, sogni a occhi aperti, dubbi e soprattutto tanta curiosità siamo partiti.

Foto di Marco Cantore

La vista dall’aereo ci annuncia quello che vedremo all’arrivo: il magnifico spettacolo delle Ande Boliviane. Ritiro bagagli, controlli di rito e poi via… una vista meravigliosa ci riempie gli occhi e il cuore batte per l’emozione. Rispetto a ciò che ci attende nei prossimi giorni questo è nulla, ma siamo a quota 4.080m e l’aria, l’ambiente, il sapore dell’avventura che inizia sono veramente elettrizzanti. Il cielo, su cui si stagliano le Ande e l’imponente Illimani dalla cima innevata, è di un blu intensissimo. Il vero viaggio sta per cominciare e noi siamo pronti!
Incontriamo Wilmer che ci accompagna alla missione di Penas dove troveremo ospitalità da Padre Antonio Zavatarelli, detto Padre Topio. Attraversiamo El Alto, una sorta di periferia di la Paz dove ci imbattiamo nei bloqueo: interruzioni della viabilità che sono l’equivalente dei nostri scioperi. Il viaggio sembra un percorso a ostacoli con sassi, grosse pietre e cumuli di macerie in mezzo alla strada (per fortuna siamo su un fuoristrada!) ma questo non ci impedisce di osservare ciò che ci circonda e rimanere incantati dalla gente, dai volti espressivi che ci guardano curiosi, dai colori e dalla vista suggestiva della sottostante città di La Paz: un’immensa vallata con case e palazzi abbarbicati a perdita d’occhio. Poi si apre l’altopiano incorniciato dalle spettacolari montagne, dove incantevoli colori catturano il nostro sguardo. Compaiono lungo la strada bellissimi bambini del luogo e le cholitascon la loro bella faccia piena che vendono frutta, verdura, cereali: vestono gli abiti tipici, con il capello a bombetta sopra ai lunghi capelli nero corvino e con la pollera, così viene la variopinta gonna imposta fin dai tempi della colonizzazione.

Nido de Condores, foto di Marco Cantore

Dopo circa un’ora di fuoristrada arriviamo alla missione, un luogo piacevole e accogliente nella sua semplicità. Padre Zavatarelli ci accoglie in modo amichevole e ci offre una zuppa preparata da una signora del villaggio che mangiamo insieme a lui e a altri fedeli nel cortile. Padre Topio è un missionario/alpinista appassionato di montagna e ci racconta che vive in questa missione da sette anni e, finalmente, un suo sogno sta per prendere vita: attraverso la missione e l’Università Cattolica di La Paz ha ideato una scuola di alpinismo e di accoglienza turistica. Il progetto darà una possibilità di lavoro ai ragazzi del luogo e promuoverà la loro magnifica terra. Le difficoltà, dovute alla carenza di mezzi e all’estrema povertà, in Bolivia sono all’ordine del giorno, così come gli imprevisti, e siamo colpiti dalla forza d’animo e dall’impegno che Padre Topio mette nella gestione della missione e nello sviluppo di nuovi progetti. Decidiamo di affidarci alla sua esperienza e valutiamo con lui il nostro programma di salite definitivo.
La tabella di marcia è abbastanza serrata e non abbiamo molti margini per imprevisti o ritardi. Inizialmente ci dedichiamo all’acclimatamento con ascensioni, intervallate da giorni di riposo, nel gruppo del Condoriri, massiccio di riferimento della Cordillera con una decina di cumbre sopra i cinquemila metri. Qui allestiamo il nostro campo base, nei pressi del lago ChiarKhota, dove trascorriamo alcuni giorni per fare ascensioni di acclimatamento. Dopo un breve riposo nel villaggio di Penas, presso la missione, ci dirigiamo alla volta del nostro primo grande obiettivo: superare la fatidica quota di 6000m e la cumbre Huayna Potosi con i suoi 6088 mt è il nostro banco di prova.
La salita si svolge in tre giorni, con un campo base e uno alto. Le difficoltà tecniche si concentrano solo nell’ultimo tratto, dove c’è una cresta più affilata che, però, non oppone troppa resistenza. Arriviamo in vetta che è ancora buio e assistiamo all’alba dal nostro primo 6000. L’emozione ci commuove: ce l’abbiamo fatta! Entusiasti dell’impresa, decidiamo di tentare nei giorni successivi la salita alla vetta simbolo della Cordillera Real: il NevadoIllimani.
Non è facile prendere sonno la sera prima di una grande salita, sentiamo che ci attende una montagna impegnativa, non scontata e nella mente affiora il dubbio “Stavolta non avremo esagerato?”. Leggiamo e rileggiamo tutto il materiale che abbiamo a disposizione, a seconda del testo cambiano sia l’altezza della montagna sia il grado della via e iniziamo a pensare che questi siano concetti troppo occidentali in un mondo in cui si parla ancora Aymarà: questa che non è una montagna, ma un apu, cioè uno spirito buono, a cui i campesinos dell’Altiplano si rivolgono ancora oggi con riti Inca. Speriamo che sia buono anche con noi! Domani mattina si parte per il campo base e fra tre giorni, se tutto va liscio, saremo sulla vetta.
La salita al campo alto è faticosa, gli zaini pesano e l’arrampicata, anche se facile, sopra i 5000m è impegnativa. Arrivati al Nido de Condores allestiamo il campo alto, ricaviamo l’acqua rompendo la superficie di un laghetto ghiacciato, prepariamo cena e ci godiamo un tramonto indimenticabile. A mezzanotte si parte per la salita e il freddo è pungente mentre attraversiamo con fatica i famosi penitentes. II percorso diviene via via più ripido fino a raggiungere la famigerata Escalera al cielo che ci conduce in vetta. Siamo soli sulla cima dell’Illimani, a 6442m, e la gioia e la soddisfazione cancellano la fatica degli ultimi interminabili metri.
Hasta la cumbre!

Mario Cantore, Fabrizio Pussetti, Paolo Valimberti