Sogna in grande e osa fallire

Sogna in grande e osa fallire, così era scritto come sottotitolo sulla copertina di un libro in vetrina a Courmayeur . Ecco così e andato il mio Tot Dret, ho sognato in grande e ho fallito, mi sono allenato bene, mi sono messo a dieta, ho preparato lo zaino perfetto, ma non è bastato, il mio fisico ha deciso che non era giornata, ma ecco com’è andata.

Mercoledì mattina metto ancora mano allo zaino, lo completo con le barrette e qualche gel, preparo il materiale da mettere nella sacca che l’organizzazione ci farà trovare a metà percorso, mi faccio un bel piattone di riso in bianco, un po’ d’insalata e via verso Gressoney.

Alle 15 sono su, al ritiro del pettorale e del pacco gara, c’è anche il controllo del materiale obbligatorio, viene fatto a sorteggio, mi fanno pescare tre bigliettini, a me è toccato far vedere ai commissari, lo zaino, la borraccia, i ramponcini e la benda adesiva elastica, che ovviamente era nel posto meno accessibile dello zaino. Ritorno in macchina e cerco di dormire un po’ , ma con scarso successo, preparo il sacco da dare all’organizzazione, è più di quanto immaginavo, comunque riesco a farci stare tutto e lo consegno.

Alle 18:30 mi mangio un po’ di insalata di riso. Arriva Cristina, mi vesto, verso le 20 ci spostiamo in zona partenza, entriamo in un bar, io prendo un tè, alle 20:30 un bacio a Cri e vado in griglia.

In griglia trovo Daniele con cui avevo condiviso l’ecotrail di Parigi nel 2008,
nel briefing ci spaventano con il meteo, caldo nei fondovalle per colpa del foehn e vento gelido in quota, con possibilità di pioggia e neve, non ci facciamo mancare niente.

Conto alla rovescia e via! La prima parte è in piano, leggera salita si corricchia un paio di chilometri poi si fa sul serio: incomincia la salita, incontro Daniele che fa un cambio di frontale, proseguiamo insieme. Stabilizziamo l’andatura, la fila di luci guardando in su o in giù è spettacolare, passiamo il primo colle e arriviamo a Champoluc, cribbio dopo aver preso freddo non c’è neanche un po’ di tè caldo, fortunatamente anche se è quasi l’una c’è un chiosco aperto, ci facciamo fare un tè, ci viene offerto perché non siamo di Milano!

Ricominciamo a salire verso il Col di Nana, perdo Daniele che mi stacca, in discesa mi passano un po’ di persone, arrivo alla base vita di Valtournanche, fa caldo. Ritrovo Daniele, mangio, bevo, poi mi chino a prendere qualcosa nello zaino, quando mi rialzo mi sento svenire, faccio in tempo ad appoggiarmi al tavolo, bevo un bicchiere di coca, mi sembra di stare meglio, ripartiamo. Dico a Daniele che se vuole allungare faccia pure, proseguiamo insieme fino al rifugio Barmasse, mi sembra di stare meglio, ma non è così, poco dopo mi stacco da Daniele e non lo riprenderò più.

Proseguo sempre più lentamente, al rifugio Magiá prendo la pastina in brodo, mai cosa più gradita, qualcuno dice che allungano il tempo limite di Oyace, ma non troviamo conferme, potrei fermarmi qui, ma al Col di Vessona mi aspetta Cri e a Oyace i miei genitori e mia sorella (scoprirò dopo che c’erano anche i miei figli per farmi una sorpresa), quindi continuo almeno arrivo tra facce amiche.

Si incomincia a salire verso il rifugio oratorio di Cuney, prima fa caldo, mi tolgo la giacca, subito dopo incomincia a piovere, al Cuney diluvia, il tendone è riscaldato, altri colleghi decidono di fermarsi qui, io riparto.

Al Colle Chaleby c’è vento forte, pioggia, neve che mi sferza la faccia, non finisce più, ma poco prima del Col Vessona trovo Cri che sfidando le intemperie mi è venuta incontro: un abbraccio che vorrei non finisse mai, ripartiamo, al bivacco Clearmont c’è un’equipe di volontari fenomenale, lei è stata adottata, è da stamattina alle 10 e mezza che è lì che mi aspetta. Sono ormai le 15, un bel piatto di pasta me lo sono meritato, fuori nevica alla grande, dopo una bella mezz’ora ci mettiamo in marcia.

Ha smesso di piovere e nevicare, ma non il vento, che ci accompagna fino al Col Vessona pochi metri sopra il bivacco. Dal colle è tutta discesa (o quasi) fino ad Oyace, il mio corpo si addormenta, ho i movimenti rallentati, Cri mi sprona a muovermi ma non ce la faccio, sono tremendamente lento, un bradipo, vorrei buttarmi per terra e dormire, ma siamo vicini, non si può, sto fondo valle non arriva più.

Finalmente il ponte e l’ultima risalita, ci sono anche mio papà e mia sorella, arrivo sotto alla strada, salgo in macchina e mi faccio portare al ristoro di Oyace a presentare il mio ritiro.

Poi casa, doccia, pasta, nanna….

Mi spiace, mi spiace per Cristina che mi ha spronato, supportato e sopportato in questi mesi di preparazione, mi spiace per i miei figli, Matteo e Paolo, che mi avevano preparato la sorpresa aspettandomi al passaggio di Oyace, mi spiace per i miei genitori e mia sorella che erano lì ad aspettarmi e mi spiace per tutti gli amici che hanno creduto e tifato per me seguendomi virtualmente su Facebook.

Guido Borio

 

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