Sciare su un vulcano è un’idea che affascina molti, ma l’Etna non è un vulcano qualunque. I siciliani lo chiamano “a Muntagna”: con i suoi 3.350 metri, calcolati nel 2010, è il vulcano attivo più alto d’Europa e si trova su un’isola che ha molto da offrire. Risalire i pendii mentre “a Muntagna” sbuffa, resistere al vento per guardare il mare, disegnare curve sul “firn etneo”: questi sono solo alcuni motivi per regalarsi un weekend lungo, tipicamente a febbraio. Per noi torinesi poi, il collegamento aereo con Catania è diretto, quindi perché non andare?
È mattina presto quando arriviamo al Rifugio Sapienza. Da qui parte la Funivia dell’Etna, che può alleggerire di 500 metri il dislivello, ma anche di 25 euro il portafoglio, quindi non la consideriamo. L’intenzione iniziale è quella di salire la Montagnola e la Torre del Filosofo, però il cielo è così terso, secondo il meteo questa sarà la giornata più bella della nostra vacanza, non vogliamo fare di più? Sta salendo con noi un gruppo diretto ai crateri sommitali e decidiamo di andare con loro. Il primo tratto di salita a bordo pista forse non è regolamentare: ma perché, andare in tre in motorino senza casco lo è?
Lo spazio per salire fuori pista ci sarebbe, ma qui sembra che la convivenza tra pistaioli e scialpinisti non sia problematica, dunque stiamo comodamente in pista per la massima pendenza. Dopo una prima salita si sbuca su un affascinante pianoro, da cui si ammirano le fumate nere del
cratere di sud est, un cratere attivo, che ci tiene a mostrarsi tale: la neve lì non riesce a fermarsi.
Il silenzio della valle è rotto dai boati che continuamente escono dalla Muntagna seguiti da dense fumate nere. Superato il pianoro, saliamo da ovest, per evitare i fumi. I fumi li evitiamo, ma le ceneri no. La neve è nera sotto i nostri piedi, e nere stanno anche diventando le pelli. L’ultimo tratto è decorato da sastrugi morbidi ma scomodi, che mi fanno un po’ tribolare.
Eccola, la Bocca Nuova. Fa effetto arrivare in cima: uno si abitua che più vai su, più fa freddo, più c’è ghiaccio. Invece no, avvicinandoti alla cima la neve lascia il posto ad un marciapiede di sabbia vulcanica che delinea tutta la cresta.
Qui ci togliamo gli sci. Sulle pelli spiccano coriandoli di cenere: sarà per sempre? Non pensiamoci ora. Proseguiamo a piedi: in prossimità dei crateri sommitali, il terreno caldo ha creato un passaggio asciutto. Il vento è fortissimo, la visibilità a tratti, a tratti molto corti. Il cratere fuma e sbotta. Ad ogni fumata tratteniamo il fiato: un po’ per l’emozione, un po’ per l’odore di gas e zolfo, sempre più forte. Bisogna star attenti, per questi
gas si può anche svenire. Ci sediamo, riparati da un blocco di neve che resiste alla temperatura della terra: sotto di noi il terreno scalda e fa anche piacere. Ci guardiamo intorno felici, siamo venuti per questo e l’abbiamo conquistato.
La discesa è tutt’altro che divertente nel primo tratto, dominato dai grigi sastrugi: mentre Davide si prodiga in curve saltate per la serie “io le so fare e tu no!”, io metto in scena uno spazzaneve d’altri tempi.
Con più o meno stile, entrambi usciamo indenni dai primi 200 metri di discesa: cercando di evitare le zone che il vulcano ha prosciugato, dove non c’è più un filo di neve ma solo tanta sabbia abrasiva. Attraversiamo con slancio il pianoro e puntiamo ad un bel cratere, creato dall’eruzione del 2002. Con gli sci sullo zaino, sbilanciati dal vento, iniziamo a percorrerne il bordo, incuriositi tanto da lui quanto dagli splendidi pendii che si vedono sull’altro lato. Saranno loro infatti a farci finalmente conoscere il firn etneo: bellissime distese lisce, perfette, maculate ogni tanto da piccoli cerchi scuri. Negli anni, le colate laviche e i crateri hanno creato ondulazioni da parco giochi, e con i nostri sci sci le sfruttiamo tutte, soprattutto nell’ultimo tratto. Le gambe stanche vorrebbero scendere sulle piste, ma non se ne parla, fuori è troppo bello!
Abbiamo scelto una vacanza non solo sportiva ma anche turistica, a discrezione del meteo. Dopo aver risalito a Muntagna e i Pizzi Dineri, il cielo grigio ha suggerito una giornata di pausa per conoscere l’elegante Taormina e la piccola Aci Trezza, con i suoi faraglioni e l’immancabile molo dei Malavoglia.
Un giorno, dopo la salita mattutina alla punta della Montagnola, siamo andati al carnevale di Aci Reale, che non ha nulla da invidiare a Viareggio. Spettacolari carri allegorici percorrono con cautela viuzze troppo strette per loro, per poi mostrarsi in musicali e colorate esibizioni nelle piazze del paese. Il carnevale qui non è come da noi, con bambini in costume e genitori imbronciati. Qui tutta la famiglia si mette allegramente in maschera: incontri papà Orso che porta a spasso la piccola Masha, vedi la famiglia degli indiani e il branco dei dalmata, forse non erano proprio 101 ma almeno dieci sì.
Sempre nel mese di febbraio, ma a distanza di una settimana, quando l’Etna era in piena eruzione, anche Orfeo e Renato con il loro gruppo di fortissimi scialpinisti hanno disegnato curve sulla stessa neve, in una “cinque giorni” molto meno turistica della nostra: gli immancabili crateri, ma anche grandi traversate in tutte le direzioni e discesa ardite nella Valle del Bove.
Il Gruppo di Scialpinismo per il ciclo di serate “I racconti degli amici” organizza per mercoledì 7 febbraio la proiezione di un breve video che raccoglie le immagini di questa divertente avventura, raccontate da amici appunto. Consultate il sito www.caiuget.it/gsa per ulteriori dettagli.