Elogio di una fonte di montagna

Riflessioni in cammino

Testo di Eugenio Masuelli.

Il viandante che dal Borgovecchio di Bardonecchia si accingesse a salire al Poggio delle Tre Croci (magari poi venendone dissuaso, com’è accaduto oggi, da repentini scrosci di pioggia mista a solida grandine), quel viandante – dicevo – non dovrebbe esimersi da una deviazione, là dove un cartello reca la scritta a caratteri grandi: Fontana Condemine.

Condemine è un toponimo francese, francesissimo; d’altra parte, anche le sovrastanti Tre Croci lo sono, dal trattato di pace del 1947: fu quello un accordo iniquo, molto iniquo ma da noi meritato, meritatissimo. Sto divagando. Chi (munito di scarponcini seri, perché la montagna è ovunque seria) seguirà dunque quei cinquecento metri di deviazione si troverà di fronte a un’inaspettata meraviglia.
Non vedrà né ugelli metallici, né rubinetti – ma una pura bolla d’acqua che sgorga a intervalli, come un piccolo e gelido geyser, dalle misteriose profondità della terra. Pare uno di quei luoghi sacri che gli Antichi avrebbero abbinato al nome di una Naiade, la quale poi – senza dubbio sarebbe stata concupita da Apollo e cantata da Ovidio.
I resti murali di una piccola costruzione aulica, a suo tempo degna del luogo ma ora in rovina, creano il robusto bacino di quest’acqua: c’è da chiedersi se tali resti, così come sono, non siano più efficaci, a concorrere al fascino romantico, di una loro eventuale ricostruzione.

Chi poi volesse (forse prosaicamente?) qui bere, deve sdraiarsi sul terreno e tendere la sua borraccia fino al centro di quel tranquillo quadrato liquido, per immergerla nel punto in cui, a intervalli regolari, la bolla – perturbando l’assetato e perturbando il piccolo specchio d’acqua – compare in gloria.
Sì, emozionato e colto dalla stanchezza della salita, così sporgendosi il viandante potrebbe anche cascare in quell’acqua: e chissà quale rigenerazione del corpo e dello spirito potrebbe allora miracolosamente manifestarglisi. Io, almeno per oggi, mi sono astenuto dal Rito completo.
Non accludo alcuna immagine: certe visioni bisogna meritarsele solo camminando.
Quella fontana, direbbe una Guida illustre, pur sempre francese, “Vaut le détour”; io, esagerando – ma un gioiello siffatto non l’avevo ancora visto – potrei correggere con un più clamoroso: “Vaut le voyage”.
Chi avesse trovato queste righe oniriche e surreali, le addebiti alla stanchezza del cammino che dai piedi è arrivata alla testa.
Chi, poi, quella fontana non ritrovasse mai, nonostante le mie indicazioni, se ne consoli pensando che il viaggio è sempre più importante della meta.
Chi, infine e invece, di quel luogo conosce la storia meglio di me, non esiti: gli piaccia dir…

Fontana Condemine