Prima italiana dell’integrale del Peuterey

Testo di Guido Andruetto*. Foto archivio Andruetto

Sono passati cinquant’anni dall’estate del 1969 quando due guide alpine di Courmayeur e un forte alpinista di Chieri realizzarono insieme la prima ascensione italiana della cresta integrale di Peuterey al Monte Bianco.

Alessio Ollier con Angelo Manolino sulla cresta di Peuterey,
dopo il Pilier d’Angle

Un exploit compiuto tra l’8 e il 10 agosto in due giorni di scalata, un tempo che lo storico dell’alpinismo e alpinista Alessandro Gogna definisce «strabiliante», soprattutto per quell’epoca e per le attrezzature e l’equipaggiamento di allora. La cresta di Peuterey è unica per la sua smisurata lunghezza, otto chilometri dal Col des Chasseurs, alla base della cresta sud dell’Aiguille Noire, alla vetta del Monte Bianco. Ed è unica anche per la sua straordinaria eleganza: le cinque graziose guglie che si ergono tra la Noire e la Blanche sono state non a caso battezzate Dames Anglaises. Unica, altresì, per i contrasti intensi tra la scura mole dell’Aiguille Noire e l’immacolata cupola nevosa della Blanche.

La cresta vera e propria inizia dal Col des Chasseurs, che mette in comunicazione il Fauteuil des Allemandes con il bacino del Frêney. Dal Col des Chasseurs si raggiunge, per la cresta sud, l’Aiguille Noire, quindi si scende alla breccia sottostante donde si superano, o si aggirano, le Dames Anglaises. Si sale, quindi, alla Aiguille Blanche dalla quale si ridiscende al Colle di Peuterey, da cui, aggirato il Pilier d’Angle, per la successiva interminabile cresta nevosa si raggiunge il Monte Bianco di Courmayeur. Ogni parte della cresta è un’opera d’arte che, congiunta alle altre, compone un affresco di grandiosa bellezza. Dal punto di vista storico- alpinistico, l’integrale di Peuterey (inclusa la cresta sud dell’Aiguille Noire, ma senza Mont Noir) fu salita la prima volta da Richard Hechtel e Günther Kittelmann nell’estate del 1953, ma già nel 1934 Adolf Göettner, Ferdinand Krobath e Ludwig Schmaderer, avevano realizzato la prima ascensione della cresta integrale di Peuterey (comprensiva di Mont Noir, ma passando per la via normale dell’Aiguille Noire). Una seconda ripetizione venne firmata nel 1958 dagli alpinisti e cineasti austriaci Kurt Diemberger e Franz Lindner, che in quella occasione girarono anche un filmato poi premiato nel 1962 al «Festival internazionale film della montagna e dell’esplorazione» di Trento. Fino al 1969, però, nessuna cordata italiana era mai riuscita a compiere questa impresa. E’ qui che entrano in gioco i fratelli Ollier di Courmayeur. Seppure giovani, entrambi avevano già grande conoscenza delle montagne di casa, ottima preparazione tecnica, forza di volontà, determinazione e un allenamento che di fatto era costante perché, come l’amico e collega guida alpina Franco Salluard (con cui nel 1965 avevano realizzato la prima invernale della Poire nel bacino della Brenva), andavano di continuo in montagna, vuoi per proprio conto o con clienti. Il loro progetto era quello di realizzare la prima italiana di una salita assai prestigiosa ed ambita da molti.
L’8 agosto 1969, dopo un tentativo fallito a fine luglio per colpa del maltempo, i fratelli Ollier e Angelo Manolino tornano di nuovo al rifugio della Noire o Borelli, da dove comincia il giorno successivo la loro avventura. Alle due del pomeriggio del 9 agosto sono sulla vetta della Noire e iniziano la discesa verso la breccia sud delle Dames Anglaises.
Uno dei tratti più insidiosi della traversata. Dalla vetta della Noire occorrono diciassette doppie per giungere alla breccia sud con manovre complicate e calate nel vuoto, per un dislivello di quasi 500 metri. Nonostante le difficoltà di percorso, Attilio, allora ventisettenne, riuscì perfino durante una delle calate ad arrestarsi e accostarsi alla parete di roccia per estrarre da un anfratto un cristallo bianco splendente che oggi fa ancora parte della sua collezione. Il grande Kurt Diemberger in effetti ha confessato più volte che al tempo nutriva una particolare ammirazione per l’abilità degli Ollier come cercatori di cristalli.Tornando alla loro impresa sulla cresta di Peuterey, dopo le interminabili calate in doppia, gli Ollier e Manolino aggirarono le cinque cime delle Dames Anglaises: il Bivacco Craveri è ubicato poco sotto la breccia nord, sul versante Brenva, in un punto selvaggio. E lì giunsero verso le sette di sera, dove trovarono l’equipaggiamento e i viveri che avevano portato apposta per loro, diversi giorni prima, gli amici guide alpine Ottone Clavel e Luigino Henry. Alle tre e mezza di mattina del 10 agosto si misero in marcia per proseguire la difficile ascensione. Alle otto e trenta raggiunsero i 4115 metri della cima più alta della Aiguille Blanche de Peuterey. Alle nove e trenta erano al Colle di Peuterey, e alle tre e trenta del pomeriggio in cima al Monte Bianco. Fu così che in due giorni completarono la cresta integrale di Peuterey. Quest’estate ricorre dunque il cinquantennale. Il prossimo 11 agosto al Jardin de l’Ange a Courmayeur Attilio Ollier racconterà i suoi ricordi con Kurt Diemberger e Ottone Clavel.

* Guido Andruetto, giornalista per La Repubblica, é anche autore
del libro Fratelli e compagni di cordata. Alessio e Attilio Ollier.
Storia di due guide alpine di Courmayeur (Corbaccio)