Nel Cai Uget dal 1990 e dal 1992 nella Commissione Alpinismo Giovanile dal 2004 presidente della Commissione Alpinismo Giovanile (AG) dell’Uget. Ancora oggi ricordo la mia prima escursione con l’AG.
Era il 12 aprile 1992 e la meta il Musinè. Al ritrovo del mattino giungevano auto in continuazione, si fermavano, si spalancavano le portiere e scendevano bambini, ragazzi che depositavano gli zaini nel pullman e salivano a prendere posto. I loro genitori si fermavano, chi chiedeva informazioni sulla gita, chi dava le ultime raccomandazioni ai figli, nonostante la loro indifferenza, impegnati a parlare con gli amici e proiettati già sulla bella giornata che avrebbero trascorso, “lontano” dai genitori.
A Caselette, all’inizio del sentiero, ciascun accompagnatore radunò i bambini che gli erano stati assegnati. Io avevo quattro bambini di 8-9 anni. Iniziammo a salire lungo la mulattiera; non smettevano un attimo di parlare, facevano domande su quante cime avevo salito, se avevo figli, se ero fidanzato o sposato, se ero già stato sull’Everest… Una valanga di domande. Diedi loro le risposte. Fortunatamente, la fatica li rese un po’ più silenziosi e proseguimmo lungo il sentiero che s’inerpicava ripido sul costone della montagna, fino a raggiungere la grossa croce di cemento della vetta. Ci sparpagliammo sulla cima e dagli zaini dei bambini uscì ogni ben di dio: panini, scatolette, biscotti, cioccolate, bibite; era incredibile quanto cibo potesse contenere il loro zaino e soprattutto il loro stomaco: mangiarono tutto, il triplo di quanto mangiò il sottoscritto. Rimanemmo circa due ore in cima; fu l’occasione per conoscerci meglio, adulti e bambini. Parlando di montagna, raccontai loro qualche mia piccola avventura: dall’espressione dei loro occhi immagino pensassero di essere di fronte a chissà quale “grande” alpinista.
La discesa fu compiuta lungo il versante sud della montagna dove i fini detriti rendevano il percorso un po’ scivoloso, ma quel grosso gruppo di bambini non si scompose minimamente e, nonostante la fatica, scesero allegri e spensierati fino alla base.
Due di loro, all’arrivo a Torino, mi presentarono ai loro genitori dicendo che io ero stato il loro “maestro” quel giorno. Questa frase mi fece quasi commuovere; con quel termine nella mia vita avevo solo e sempre individuato la figura del mio maestro di scuola elementare, il parroco del paese, un omone grande e grosso; io maestro! Eppure ai loro occhi io fui un maestro e scoprii che quel giorno ero riuscito a insegnare loro qualcosa. Essi, con la loro intelligenza, la loro curiosità e la loro attenzione, avevano appreso come camminare su un semplice sentiero, invece che su un marciapiede; come attraversare un bosco anziché una strada trafficata. Avevano appreso come comportarsi nella natura, rispettandola pienamente soltanto osservando il comportamento degli adulti. Fu una lezione anche per me: capii quanto è importante il nostro comportamento dinanzi ai bambini.
Quel giorno decisi che avrei fatto parte del gruppo di Alpinismo Giovanile. Da allora sono passati 24 anni e sono state compiute circa 240 escursioni. Ho dedicato questi anni a far conoscere la montagna ai ragazzi; ho dato molto, ma ne sono stato ripagato ampiamente. Vedere i ragazzi andare in montagna con gioia, fare domande, rimanere attenti alle spiegazioni è stata sempre una grande soddisfazione.
Oggi, vivendo lontano da Torino, devo rinunciare al ruolo di presidente dell’AG Uget per continuare la mia attività di Alpinismo Giovanile a Vercelli. Il responsabile di un gruppo deve essere presente sul luogo in cui si svolge l’attività, per organizzare, coordinare, comunicare con il gruppo e con la sezione. Lo farà degnamente l’amico Enzo Gilli.
Un saluto all’Uget, con affetto, con l’augurio possa continuare, a promuovere “… la formazione etico-culturale e l’educazione alla solidarietà, alla sicurezza, alla conoscenza e al rispetto dell’ambiente, specialmente dei giovani …”.
Già, i giovani, sono loro il futuro del Cai, non dimentichiamocelo!
Paolo Griffa