Carlo ci ha raccontato la storia della capanna in questo articolo, ma quella era la preistoria. Alla fine degli anni ’80 si decise di associare alla Capanna un locale invernale, venuto così bene da meritarsi all’istante l’appellativo de “Il Tumore”, che in realtà si è dimostrato indubbiamente utile, insospettabilmente robusto e, ebbene sì, certamente brutto. Difetto cui s’è posto rimedio negli ultimi anni con una folata di lavori straordinari che l’hanno armonizzato al resto della struttura: ora il “Tumore” è tornato ad essere l”Invernale”.
Negli anni la Capanna ha cambiato più volte colore: è stata spesso rossa (velleità giovanili), grigia (mimetica con la nebbia), beige (praticamente invisibile) a righe, marrone (metaforico). Attualmente sfoggia un’elegante tonalità granata da curva Maratona.
Ma alla fine l’importante è che siano passati cinquant’anni e quindi si festeggi: dal 13 al 16 luglio.
Quattro giorni, i primi due dedicati agli abissi: si entra di qui e si esce di là, si entra qua e si esce laggiù, profittando di alcuni dei sedici ingressi di Piaggia Bella. Nei restanti giorni si celebrano la Capanna e i suoi costruttori. Ci saranno proiezioni in Piaggia Bella, lì, vicino all’ingresso, alla portata di tutti. E pellegrinaggi guidati tra i vari abissi raccontati da ineffabili cantastorie, e concerti serali che, temo, non potranno che sorprenderci. E la presentazione del libro “Scrivere di Grotte” di Giuliano Villa, uscito or ora. E i giochi pomeridiani a cura dell’apposito comitato. E un sacco di altre cose che devono ancora essere pensate. E il vino? Ci sarà. Molto.
di Ube Lovera