Gli eroi della domenica
Testo di Patrizia Tassan
Ore cinque, suona la sveglia: ma ero già sveglia! Devo abbandonare un piumone caldo e avvolgente in una buia domenica. Sono le cinque del mattino. Mi chiedo: perché?
Aspetto una risposta che non arriva. Anzi penso che si debba essere degli eroi per affrontare: un bagno che pare una cella frigorifera, dei pantaloni gelidi in materiale tecnico che al pari di un’armatura ti reggerebbero anche se ti accasciassi, e una maglia termica, detta anche maglia della salute, che per infilarla rischi ogni volta di perdere tutte e due le orecchie. Ma tutto questo non basta a fermarmi! Penso che sia un po’ così per tutti noi: e poi non dite che gli Ugetini non sono eroi!
Scherzi a parte, arrivo alla Tesoriera con largo anticipo, mi piazzo sotto l’unico cono di luce del lampione. Tutta vestita di nero con lo zaino, le ciaspole e i bastoni, mi sento tanto uno spazzacamino. Ed ecco comparire altri “camcaminin”. Scopro che siamo tanti: visi conosciuti, gente allegra. Si parte. Il viaggio è lungo: la nostra meta è Cervières, in Francia, per salire dritti al Colle dell’Izoard. Finalmente arriva il momento di rimettersi le ciaspole. Con gioia entriamo nel bosco, quel bosco che in estate dona ombra e avvolge con i profumi di resina e muschio, ora echeggia di suoni ovattati. La neve è farinosa e abbondante ma bisogna prestare attenzione alle radici che spuntano e ai rami più bassi che, flessuosi, ci impediscono il passaggio. Ma il bosco conserva il suo intramontabile fascino. Oggi c’è vento e le alte conifere ondeggiano, liberandosi degli ultimi fiocchi che le ricoprivano. Pare sia ricominciato a nevicare. Quando le raffiche si fanno più forti, l’antica canzone del bosco ricomincia sempre uguale e pur sempre diversa. Il vento sferza la faccia e la neve colpisce senza rispetto. È un gioco fastidioso, dispettoso: si strizzano gli occhi persino sotto gli occhiali scuri. Abbassi la testa e procedi sperando che il corpo della persona che ti sta davanti ti ripari dalla prossima raffica. Eppure, in quel momento, anche se intirizzito e bagnato, non vorresti essere da nessuna altra parte. In quel momento sei un tutt’uno con la montagna, con la neve, con il vento. Poi le nuvole si diradano e compare il cielo di un blu accecante. Le vette si svelano in tutta la loro bellezza, come dame di altri tempi. Roccia e neve a riempirti lo sguardo. Dai miei compagni arrivano nomi di cime importanti. Chi le ha già scalate, chi lo farà al più presto. Io le guardo con rispetto e penso: forse, chissà, un giorno… . Il mio cuore è già contento di ammirarle. Arriviamo al Colle dell’Izoard: 2360 metri. Foto di gruppo, ringraziamenti agli accompagnatori, risate e frutta secca. Il vento ci costringe alla ritirata: come un esercito scendiamo al Réfuge Napoleon. Adoro tutti i rifugi, ma questo è particolarmente ben tenuto. Anche l’olfatto vuole la sua parte e l’odore di caffè, dolci e polenta sembra darci il benvenuto. Dalla vetrinetta si affaccia una ghiotta fetta di torta ai frutti di bosco: pare chiamarmi per nome. Sono tentata dalla delizia casalinga, ma penso che alla fine andrà ad appiccicarsi rovinosamente sul mio punto vita e resisto al richiamo. Però non rinuncio a portarmi a casa la tazza del rifugio. La ripongo nello zaino come un piccolo tesoro. Penso che da domani il mio tè avrà un sapore diverso, mi ricondurrà sul Colle dell’Izoard, ma soprattutto mi ricorderà il lungo serpentone di persone straordinarie che hanno ancora una volta condiviso con me il loro tempo libero.
Viva gli eroi della domenica.