Valtournenche, agosto 1897
Testo di Gustavo Colonnetti (già pubblicato su Alp).
Gustavo Colonnetti nacque a Torino nel 1886, si laureò in Ingegneria a 24 anni e a 26 divenne titolare di cattedra. Presto i suoi studi di scienza delle costruzioni si imposero a livello internazionale. Direttore del Politecnico di Torino dal 1922, nel 1925 fu rimosso perché si rifiutò di aderire al Partito Fascista.
Nel 1943 dovette riparare in Svizzera per evitare la persecuzione. Deputato della Costituente, Presidente del Cnr dal 1944 al 1956, sostenne la ripresa della ricerca scientifica nel difficile dopoguerra e fondò a Torino l’Istituto di Metrologia che oggi porta il suo nome.
Il 2 Agosto 1897 arrivammo a Valtournanche per passarvi questo mese. Il piccolo paesetto, posto in una amenissima vallata,
all’altezza di 1500 metri. Fu questa la prima volta che mi trovai in luoghi così deliziosi circondati da alti monti. Papà stette con noi una settimana circa, poi ritornò a Torino. Durante quegli otto giorni si fecero molte passeggiate nei dintorni. Visitammo il Gouffre de Busserrailles che mi fece grande impressione. Non avevo mai visto un orrido simile e confesso che ebbi quasi paura quando mi trovai là fra quelle rocce scavate dall’acqua che, dopo essere precipitata da una grande altezza, scorreva in fondo a quel precipizio con una rapidità straordinaria. Andammo pure al Giomein ove, all’altezza di 2097 metri, trovasi un bell’albergo ai piedi del Cervino. Alla metà del mese Papà tornò col Sig. Avv. Navassa che venne a passare con noi una settimana per poi fare insieme un’escursione sui ghiacciai. Quella settimana non la dimenticherò mai tanto fu per me piacevole. Si fecero molte gite fra cui una a Chamois, e l’altra a Cignana; in quest’ultima vi furono molti episodi comici; quando penserò a questa passeggiata ricorderò sempre la famosa colazione fatta lassù. Il giorno 24 Agosto partimmo, nel pomeriggio, per il Giomein e quivi pernottammo. La mattina dopo partimmo, benché il tempo non fosse molto bello, per la grande escursione. Per circa 3 ore salimmo continuamente, prima su coste erbose e attraversando belle praterie, poi sulla nuda morena che a me parve infinita e faticosissima, e finalmente ci trovammo ai piedi del ghiacciaio del Theodule. Ci fermammo un istante a sedere sulla nuda roccia, ma un vento gelato ci intirizziva. La guida mi offri i suoi rozzi guanti e le mie povere mani gelate furono così ben al riparo. Ci inoltrammo tosto sul ghiacciaio circondati da una fitta nebbia che, frattanto, si era alzata. Camminare sul ghiacciaio non era faticoso come mi ero immaginato, infatti non mi sentivo stanco, solamente agli occhi provavo una specie di stanchezza, non vedevo che bianco da tutte le parti, confondevo la nebbia con la neve e tutto ciò mi affaticava la vista; si camminò così per una buona mezz’ora, intanto l’aria frizzante si cambiò in vento forte e gelato che sollevava anche la neve provammo così anche un po’ di tormenta. Affrettammo il passo, fortunatamente non eravamo lontani dal ricovero che trovasi nel centro del ghiacciaio, proprio sul confine; fu con gioia che entrammo in quella capanna ove ardeva una bella stufa e trovammo da ristorarci. Papa e l’Avvocato arrivarono nella capanna colla barba gelata, Mamma era molto stanca e le pareva che se avesse dovuto camminare ancora non avrebbe resistito.
Ci scaldammo bene, prendemmo del thè e ci sentimmo subito ristorati, intanto si ordinò da colazione. Nevicava, la tormenta si faceva più forte e minacciava di non lasciarci proseguire per quel giorno. Come mi pareva strano il veder nevicare in estate, e che effetto mi faceva sentire il vento e la neve battere con tanta violenza contro i vetri delle finestre. Nel frattempo giunsero altri signori, si pranzò tutti insiemee si rise assai. Più tardi arrivò alla capanna un signore tedesco intirizzito dal freddo che faceva pena a vederlo! Gli diedero subito una bevanda calda e del Cognac, gli fecero fregagioni alle mani ed alla faccia e tosto il poveretto si riebbe. Passammo così un’ora e la nebbia cominciò a rialzarsi, la tormenta cessò e con essa anche la neve e noi potemmo così proseguire la nostra traversata.
Quanto era bella quell’immensa spianata di ghiaccio! Che strana impressione provai quando la guida ci legò ad uno ad uno alla corda! Quando mi dissero che sotto i nostri piedi potevamo avere circa 500 metri di ghiaccio mi parve cosa incredibile. Vidi un crepaccio e vi guardai dentro con spavento: la guida colla picozza fece staccare qualche pezzo di ghiaccio il quale sbattendosi lungamente fra le pareti del crepaccio ci fece capire quant’esso fosse profondo.
Troppo presto raggiungemmo la fine del ghiacciaio; nella seconda parte di questo ci aveva trovato gusto e con rammarico lo lasciai. Dopo 3 ore di discesa ripidissima arrivammo a Zermatt. Il giorno dopo si fece una passeggiata al Riffelalp e al Riffelberg; al primo trovasi uno stupendo albergo dal quale si gode una splendida vista e ammirai l’immenso Cervino. Quanto è più imponente il monte Cervino visto da Zermatt che dall’Italia! Quante meraviglie ammirai; quante bellezze! Il giorno 27 mattino si partì da Zermatt e dopo 4 ore di cammino a piedi arrivammo a S. Nicolas, colà mangiammo e quindi partimmo colla ferrovia. Questa ferrovia costeggia, per un buon tratto, un torrente profondo e rapidissimo in una valle stretta e rocciosa, poi prende la valle del Rodano più larga e popolata di paesi e città. Giunti a Martigny ci fermammo la notte e la mattina dopo partimmo in carrozza, andammo a visitare “les Gorges de …”, quindi proseguimmo per il G.S. Bernardo e dopo 10 lunghissime ore, in parte sotto una pioggia noiosa si arrivò all’ospizio. Pernottammo colà e la mattina seguente scendemmo a piedi fino a S. Remy quindi in carrozza ad Aosta ove mangiammo, e finalmente nel pomeriggio si fece ritorno a Valtournanche dove trovammo Gemma tutta lieta di riabbracciarci.
Il giorno dopo Papà e l’Avvocato partirono per Torino; ed il 5settembre Papà venne a prenderci e così si chiuse la nostra
campagna.