vi invio una fotografia di Castelluccio di Norcia, che ho scattato durante il trekking di 20 tappe nell’Appennino Centrale,da Bocca Trabaria a Santo Stefano di Sessanio, seguendo più o meno il tracciato del Sentiero Italia e alcune tappe, volutamente programmate per una mia dimostrazione di solidarietà, hanno interessato le zone colpite dai disastrosi eventi sismici del 2015 e del 2016.
Ovviamente di immagini delle zone terremotate da me attraversate ne ho moltissime, che comprendono le zone di Visso, Norcia, Castelluccio di Norcia, Accumoli, Amatrice, Campotosto e altri centri e frazioni minori, ma quelle di Castelluccio sono di maggior drammaticità e di carico emotivo, Cari amici, in quanto in un piccolissimo fazzoletto di territorio vi è inserita tutta la tragedia della distruzione totale che i luoghi citati hanno subito nella loro interezza e con enorme carico di disperazione e di vittime.
Pensavo di essere preparato a visioni così forti e violente tramite i media che continuano, giustamente, a trasmettere e a darci informazioni sulla ricostruzione, ma non è stato così. Nel vedere i paesi devastati con i loro centri storici chiusi, presidiati giorno e notte dal nostro Esercito, sentire i classici rumori dei lavori in corso per l’abbattimento di strutture pericolanti per far posto alla ricostruzione e le file ordinate delle casettine di legno per gli sfollati poste fuori dai centri abitati, hanno provocato in me delle fortissime emozioni. Come camminare, nelle piccolissime e abbandonate frazioni di montagna, in piena solitudine tra le loro macerie a fianco di muri e di tetti pericolanti, dove il silenzio totale di abbandono era rotto solo dal mio stesso calpestio sulle rovine ed avere la sensazione di profanare con la mia sola presenza un luogo inviolabile e sacro, che mi creava un senso di inquietudine ed inconsciamente acceleravo il passo, per poi fermarmi all’uscita dal piccolo abitato a riflettere sulla mia emotività percepita e su quanto visto. Parlando con le persone incontrate, soprattutto alla sera, nei posti tappa, a volte di fortuna e rimessi in funzione a fianco di quelli crollati, ho riscontrato in loro una grande determinazione e non rassegnazione nell’affrontare tutti i giorni una vita piena di difficoltà con la speranza di rivedere al fondo del tunnel in cui si sono trovati, finalmente la luce.
Dai drammatici racconti, uno dei messaggi più espliciti che ho percepito è il timore di restare soli e isolati in una sorta di oblio. Il loro grande desiderio è quello di non essere dimenticati, che si continui a parlare di loro, del territorio, della ricostruzione e a visitare quelle zone anche per un solo caffè o uno spuntino nell’unico bar o ristorante riaperto con mille difficoltà in costruzioni provvisorie. Questo messaggio l’ho fatto proprio scrivendo questa mia piccola testimonianza che giro a voi con l’invito, se vi è possibile, di percorrere quelle località martoriate, ma ricche di bellezze naturali e a calpestare i sentieri con le segnaletiche rimesse a nuovo dalle sezioni CAI locali, e la popolazione, vi garantisco, vi sarà molto, molto riconoscente.
Testo e foto di Emilio Garbellini