Armenia 2010: con gli sci sulla via della seta

Tutti, o quasi, sanno che è in Asia ma per sapere esattamente dove si trova siamo andati a sbirciare sulla cartina.

Poi abbiamo provato a leggere il suo nome originale e ci abbiamo rinunciato molto prima della fine: Հայաստանի Հանրապետություն (Hayastani Hanrapetouṭyoun)!

E allora in vista (chi lo sa?) di una futura sociale del GSA abbiamo cominciato a mandarci la nostra Tea in avanscoperta.
Ecco il suo racconto.


L’idea di un viaggio sci alpinistico in Armenia venne all’amico Renzo già in Ottobre, in occasione dell’annuale e tradizionale gita ottobrina dedicata ai colori dell’autunno.

Dopo le prime entusiastiche adesioni, e le prime defezioni, rimanemmo in 3, numero in fondo perfetto, e così decidemmo di dare il via all’avventura.

Il viaggio si è svolto dal 12 al 26 marzo 2010 e naturalmente non ci siamo limitati al solo aspetto sci alpinistico ma abbiamo anche dedicato del tempo a conoscere questo interessante paese e i suoi meravigliosi abitanti.

La lingua ufficiale è l’armeno, molti parlano anche il russo, negli hotel, in aeroporto, nei negozi e nei ristoranti di Yerevan (la capitale dell’Armenia) normalmente si trova qualcuno che parla inglese, nei piccoli villaggi invece è più difficile comunicare, ma la generosa ospitalità delle persone ci ha permesso di comunicare comunque e di vivere momenti intensi ed emozionanti.

Infatti, fin dalla prima gita sci alpinistica al monte Ara (2578 m nelle vicinanze di Yerevan), arrivati al villaggio Saralang ci rivolgiamo ad una signora per telefonare a Serzh, il nostro contatto locale, per farci recuperare con il pulmino da Ashot, e nell’attesa, questa gentilissima signora e le sue figlie ci invitano ad entrare a casa loro e ci offrono formaggio, lavash, il pane tipico armeno, yogurth, frutta e caffè.

E sarà così ancora altre volte, abbiamo sempre trovato persone molto ospitali e desiderose di aiutarci, cosa che noi più o meno “benestanti ed evoluti occidentali” non siamo quasi più in grado di fare.

Per quanto riguarda l’aspetto sci alpinistico le due salite più importanti sono state la traversata dell’ Azdahak e la cima Sud del monte Aragats.


Traversata dell’Azdahak

Siamo partiti da Sevaberg, un piccolo villaggio fangoso, in una mattina dal cielo livido e coperto da nuvole minacciose, accompagnati dai saluti di alcuni uomini incuriositi: gli saremo apparsi perlomeno bizzarri, siamo anche ben carichi perché è previsto un pernottamento in tenda a circa 3000 m.

Abbiamo dovuto procedere con il GPS, senza sarebbe stato impossibile, e dopo 5 ore di cammino e di lotta contro il vento, sempre più forte e freddo, arriviamo al luogo del bivacco e montiamo la nostra tendina.

Il mattino dopo ci rendiamo conto che è impossibile tentare la cima, è immersa nella nebbia e la neve è in realtà una lastra ghiacciata lavorata dal vento.

La traversata continua su altipiani e collinette che sembrano non finire mai, anche il vento non cesserà di accompagnarci.

Scendiamo verso il lago Sevan e arriviamo al villaggio di Tsaghkashan.

Questa volta ci siamo muniti di un biglietto, scritto in armeno da Serzh, che indica chi siamo e il numero di telefono per contattare Ashot l’autista; mentre attendiamo ci offrono caffè e una deliziosa bibita alla frutta.

Cerchiamo di conversare un po’ con le persone, non è semplice ma con qualche sforzo ci si capisce.
La gente qui non ha molto, coltivano un po’ la terra, hanno lavori occasionali, e ricevono soldi dai parenti emigrati.
In Armenia vivono circa 3 milioni di armeni, ma nel mondo se ne contano più di 8 milioni.


Aragats

Si tratta della montagna più elevata dell’Armenia 4090 m la cima Nord.

Questa volta partiamo con uno splendido sole e cielo azzurro, dopo 6,45 ore, e circa 1300 m di dislivello, arriviamo alla Cosmic Ray Station a 3250 m di altezza, dove pernottiamo.

Il luogo è quasi surreale, 3-4 piccoli edifici apparentemente abbandonati, invece vi abita uno scienziato, Gago studioso dei raggi cosmici.

Il mattino dopo raggiungiamo la cima Sud, la vetta sci alpinistica a 3878 m.

Dalla cima un panorama mozzafiato, si vede fino alla catena del Caucaso da un lato e le catene montuose turche dall’altro, e in mezzo l’Ararat, bello e impossibile, perché il confine con la Turchia è chiuso.

A questo proposito bisogna ricordare l’orribile massacro compiuto dai turchi tra il 1915 e il 1922, quando furono uccisi più di un milione e mezzo di persone, se ne trovano testimonianze al Memoriale e al Museo del Genocidio in Yerevan.

Dopo 2000 m di discesa su bella neve primaverile arriviamo al villaggio di Aragats.

Qui una famiglia ci accoglie calorosamente nella loro casa, ci sono anche 4 splendide bambine, tanto per cambiare ci offrono pane, formaggio, frutta e molta, molta, molta vodka.


In Armenia vi sono molti monasteri, fu infatti il primo Stato a dichiararsi cristiano nel 301 d.c., primo tra tutti Geghard, molto bello e suggestivo, dove si percepisce quasi l’antica cristianità vissuta in questi luoghi.

Ma anche il monastero di Khor Virap, forse il monastero più fotografato di Armenia per via del maestoso Ararat sullo sfondo.

Da citare ancora il monastero di Noravank, lungo una strada racchiusa tra le pareti di una gola molto bella ed infine quello di Tatev: per raggiungerlo si devono percorrere 25 km di strada prevalentemente sterrata, prima in discesa, e poi in salita, dopo un’ oretta di pazienza e ballonzoli si arriva, e ne vale la pena.

Siamo anche riusciti a seguire una funzione religiosa presso la cattedrale di Echmiadzin, la più importante dell’Armenia nonché sede del Supremo Katholikos.
La messa è stata molto suggestiva, dura 2 ore, ci sono due cori e sono molte le parti cantate, il portone è lasciato aperto, cosa per noi inusuale, e la gente entra ed esce ma con molta discrezione.
I sacerdoti indossano una mantella con cappuccio particolare e hanno la barba, contrariamente agli altri uomini armeni che non usano portare barba e baffi.


Anche la capitale Yeravan merita una visita.

Città di contrasti dove, accanto all’ampia piazza della Repubblica su cui si affacciano palazzi incantevoli oggi sede del Governo, delle Poste centrali, di hotel di lusso e banche, si vedono palazzoni quasi fatiscenti di epoca sovietica, e strutture più moderne, come la Cascade, non completate, e chissà se lo saranno mai.

Ma soprattutto, rigorosamente da provare, la “gita” alla Ararat Brandy Company, dove, si possono visitare le cantine del celebre brandy armeno.

La degustazione è quasi un’esperienza mistica, 3 assaggi generosi di 3 brandy invecchiati, nell’ordine, 5 anni, 10 anni e 20 anni, 3 perchè il primo assaggio rappresenta la sorpresa, il secondo la gioia e il terzo la felicità.


L’Armenia è stata un’esperienza molto interessante, soprattutto per la gentilezza e l’ospitalità delle persone.

Da augurarsi che sia al più presto avviato un serio programma di sviluppo; infatti, come in altre delle nuove repubbliche di quest’area geografica, durante il periodo sovietico sembravano non esserci preoccupazioni materiali: tutti avevano un lavoro, una casa e ciò che era necessario per vivere.

Ora la fine di quel regime ha portato maggior libertà di esprimersi, di conoscere e di incontrare, ma anche le contraddizioni di un mondo dove senza denaro purtroppo non si può fare molta strada.

Un ringraziamento agli ottimi compagni di viaggio Renzo e Carlo Alberto.

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