La conquista del Valasco

L’ultima gita del calendario era in programma al Monte Leone, ma la Meteo spingeva a sud, ma si poteva arrivare finalmente in auto alle Terme di Valdieri, ma le notizie sulla situazione al Sempione erano incerte e allora si sa: con tre “ma” si va al Valasco!

Col senno di poi sapremo che la domenica al Sempione è passata con tempo uggioso e nebbioso mentre al Moncenisio soffiava un vento patagonico.
Sarà fattore C o buona analisi delle previsioni?
Non importa, sta bene così.


Sabato 11 Maggio

Rifugio Valasco

Siamo una ventina nel primo pomeriggio di sabato al ritrovo a Mirafiori direzione Valle Gesso.
I fortunati per passarci un bellissimo week-end, i superfortunati per starci tre giorni, beati loro.

La salita al Rifugio è una passeggiata rilassante sulla vecchia strada di caccia ridotta in verità piuttosto male dall’erosione e dall’incuria tant’è che si cammina più comodi sulle numerose scorciatoie che abbreviano il percorso.

E tutt’intorno è una esplosione di verde e di acqua inframezzati dai tanti resti delle grandi valanghe che si attraversano lungo il vallone.

Un’ora, chi poco più chi poco meno, e siamo a sistemarci nella storica casa di caccia costruita nella seconda metà del 1800 e che dopo tante vicissitudini, da dimora prestigiosa a casermetta militare, a ricovero per animali, è diventata da qualche anno il Rifugio Valasco.

L’allegria della nostra tavolata accoglie, all’ora di cena, le zuppiere ripiene di un fumante minestrone di farro, a qualcuno arriva un po’ più denso, a qualcuno un po’ più brodoso ma poi ci sono le aggiunte ed alla fine tutti sono sazi e soddisfatti e non ci sono neppure proteste per la sveglia fissata alle 4,30.


Domenica 12 maggio

Testa di Tablasses – Testa Sud di Bresses

I nuvoloni che ieri ci hanno accompagnato nella salita al rifugio si sono trasformati in un temporalone nella notte e solo con le prime luci si stanno lentamente dissolvendo.

Così il rigelo è stato minimo e sin dai primi passi la neve si rivela poco consistente.

Per di più la quantità di acqua che scende da gni parte è veramente impressionante e così l’attraversamento del piano si rivela più complicato del previsto con una miriade di torrentelli su cui i ponti di neve qualche volta cedono e qualche volta non ci sono proprio.

Dopo qualche contrattempo ed avendo perso parecchio tempo ci rendiamo conto che il giro dei Prefouns con queste condizioni diventerebbe troppo lungo, lasciamo andare Enrico e Mauro che sono già alti fuori dal pacias e decidiamo di dirigerci verso la Testa di Tablasses, poi vedremo cosa si riuscirà a fare.

Un grosso ponte di neve ci fa traversare il torrente principale e mentre ci alziamo per entrare nella Valle Morta, la neve comincia a prendere consistenza e ben presto diventa anche bella portante.

Lasciamo il fondo del vallone che sale al Colletto del Valasco e su terreno adesso ripido risaliamo i pendii sulla destra che ci portano, dopo una bella selletta, al Passo di Tablasses 2738m.

Il morale, dopo le titubanze del mattino, è tornato alto e in breve siamo tutti raggruppati sul piccolo colle.
Decidiamo di formare due gruppi: una parte scende nel vallone sottostante per andare ad imboccare il ripido canale che porta alla Testa di Tablasses mentre gli altri, calzati i ramponi, salgono alla soprastante e panoramicissima Testa Sud di Bresses.

Mentre siamo tutti sulle due bellissime punte e, grazie alle radio, comunichiamo gioiosamente, ecco che spuntano nel vallone sottostante Enrico e Mauro che stanno completando il giro dei Prefouns, bravissimi.

Stiamo prendendo possesso di tutto il territorio!

In realtà ci sarebbe anche il celebre canale NO di Tablasses…
Detto fatto si trovano facilmente i volontari che si calano nel colatoio ripido e abbastanza impressionante.

Tutti gli altri fanno ritorno alla base e così ci ritroviamo nuovamente soddisfatti e conquistatori al Passo di Tablasses.

La discesa nella Valle Morta è bellissima in alto su firn perfetto, poi un tratto su neve già un po’ marcetta sui pendii al sole e poi di nuovo splendida e divertente sul fondo della gorgia dove riusciamo tutti ad evitare i primi buchi che il torrente si sta aprendo qua e là.

Dal fondo del piano non resta che tornare al rifugio e in qualche modo ce la facciamo tutti senza danni, chi attraversando una passerella da “giochi senza frontiere”, chi saltellando fra le pietre dei guadi, chi preferendo la più comoda strada.

Un saluto agli amici che devono rientrare e ci lasciano con un filo di maliconia (da una foto scoprirò che in realtà non vedevano l’ora di raggiungere le acciughe di Ceci che da due giorni si sollazzavano nel bagnetto verde alle Terme) e poi uno spuntino e un lungo pomeriggio con uno splendido sole nel quale in un attimo asciugano pelli, scarpette e magliette e alla fine arriva anche l’ora di cena.

Siamo rimasti in otto e nel rifugio ci siamo solo noi: questa sera tutto è più calmo e tranquillo e alla fine doppia razione di dolce, perchè domani ci aspetta una giornatona!


Lunedì 13 maggio

Giro del Malinvern

Questa notte il Meteo non ha più fatto le bizze c’è stata una splendida stellata, la temperatura è scesa parecchio e c’è stato così il rigelo che speravamo.
Oggi ci sono le condizioni ideali per un grande Giro del Malinvern.

Con l’esperienza di ieri pensiamo di conoscere ormai perfettamente il percorso migliore per raggiungere il fondo del piano e invece dopo dieci minuti ci ritroviamo di fronte alla famosa passerella inclinata che a quest’ora è pure coperta di un velo di ghiaccio!

Senza esitazioni ci attacchiamo in “dulfer” al bordo superiore e con una manovra un po’ esilarante l’attraversiamo tutti senza problemi.
Uuufff…

Adesso risaliamo veloci su neve durissima i tornanti della bellissima stradina che porta ai ricoveri di Valscura e ben presto siamo tutti sul bordo del Lago Inferiore a contemplare lo spettacolo del primo sole che illumina la punta del Malinvern.

Qualche brontolio per il ritmo un po’ troppo alto ma siamo tutti presi dalla frenesia di iniziare questo anello fantastico ed allora su, prendiamo a salire sul ripido pendio che ci porta velocemente ai 2520m del Colletto di Valscura.

Una breve sosta ad assorbire una riserva di sole perchè il versante di RioFreddo, dove dobbiamo scendere, è ancora tutto immerso nell’ombra e poi è Enrico che da il via alla prima discesa, ripidina e su neve dura ma bellissima e regolare.

Le lamine fanno il loro lavoro, l’ambiente è fantastico e dopo aver costeggiato il Lago Malinvern con un lungo diagonale ci portiamo alla base del Vallone che dovremo risalire per raggiungere il Passo del Lupo.

Siamo di nuovo al sole e mentre riattacchiamo le pelli ed infiliamo i coltelli l’allegria è sovrana ed il morale a mille.

Dopo un’oretta di bellissima salita raggiungiamo la grande conca alla base dei canali che salgono ai due Passi del Lupo, quello Est e quello Ovest.

I canali che li raggiungono sembrano piuttosto ripidi ma li vediamo di fronte e poi, come dice Renato, “…se sono un po’ ripidi è bello, no?”.

Decidiamo per il passo Est un po’ più alto sapendo che la discesa sull’altro versante dovrebbe essere più agevole e la scelta di Enrico è perfetta: salita con picozza e ramponi divertente su ottima neve e senza problemi e così siamo ben presto tutti sul piccolo colle a ritrovare il sole ed affacciarci sul versante francese dove, laggiù si intravede Isola 2000.

Come pensavamo il terreno sul versante opposto è molto facile ed allora lasciamo via libera ai nostri Mezzalamisti Enrico, Marco e Renato che si buttano subito nella bella discesa: è la giornata giusta per salire anche alla punta del Malinvern!

Noi altri cinque invece ci prendiamo qualche minuto di pausa a mangiucchiare qualcosa, a riporre con calma picca e ramponi e a goderci questa atmosfera meravigliosa.

La discesa sul lago di Terre Rouge è bella e facile e ce la godiamo tutta decidendo di perdere anche qualche metro di dislivello in più del necessario perchè tanto prima che tornino dal Malinvern …

Adesso sotto un bel sole affrontiamo la salita breve e facile alla Bassa del Druos.

In realtà breve è breve ma che fosse proprio facile l’avevamo deciso noi: il pendio che porta al colle è ripido ed anche un po’ esposto ed allora niente di male: ritiriamo fuori i ramponi e raggiungiamo senza problemi anche l’ultimo dei tre colli del nostro giro.

Iniziamo la bellissima discesa verso il Lago di Valscura dove pensiamo di aspettare con calma i nostri amici quando dopo un po’ sentiamo delle grida di euforia dall’alto: stanno già scendendo e in un attimo ci raggiungono, che saette!

Così tutti insieme raggiungiamo il Lago, lo costeggiamo come in una passeggiata romantica e ci ritroviamo ai ricoveri di Valscura a chiudere questo splendido anello.

Un abbraccio ed un grazie ai magnifici sette amici per questo viaggio sognato e vissuto in questa splendida giornata.
Peccato per i compagni di gita di ieri che non hanno potuto fermarsi anche oggi.

La discesa sul Valasco è bella e divertente, con la neve marcetta il giusto che ci permette curve e serpentine fin sul fondo e alla fine la stradina che porta al rifugio la conosciamo ormai talmente bene che ci sembra di essere di casa.

Al rifugio raccattiamo le nostre cose, ci godiamo un po’ di sole con birra e noccioline e poi, dopo un ringraziamento ed un arrivederci agli splendidi gestori Flavio e Rosanna, non ci resta che il comodo ritorno alle Terme di Valdieri a ritrovare la civiltà ma con due perle in più nella collana più preziosa.

guidox


Fotografie di Walter Actis, Guido Bolla, Marco Centin, Giorgio Cialliè, Enrico Leinardi e Davide Panagin.

Nè Serpente nè Leone:
è l’anno del Valasco

E’ l’anno del Serpente, volevamo farne l’anno del Leone ed invece sarà l’anno del Valasco.
Che non è uno strano animale ma uno splendido posto nel cuore della Valle Gesso nel Parco delle Alpi Marittime.

La strada appena aperta delle Terme di Valdieri, la disponibilità di posti al Rifugio e una propensione delle previsioni Meteo per il Sud rispetto al Nord del Piemonte hanno fatto prendere la decisione di spostare anche la meta dell’ultima sociale in programma.

Sabato 11 Maggio 2013

Rifugio Valasco 1764m

Valle Gesso – da Terme di Valdieri 1368m – Disl: 400m
Il rifugio è facilmente accessibile dalle Terme di Valdieri, per una comoda carrareccia, in poco più di un’ora di cammino.

Domenica 12 Maggio 2013

Monte Malinvern 2939m

Dislivello: 1176m – Diff: BSA

oppure

Giro dei Prefouns

Dislivello: 1370m – Diff: BS+
Capogita: Silvia Previale, Renato PoroMarchetti, Marco Centin, Guido Bolla

Ritrovo h. 14 di Sabato 11 Maggio – Mirafiori Motor Village

Il Malinvern è la gita più classica della zona, si sviluppa nella splendida comba di Valscura, e presenta un breve tratto intermedio che richiede l’uso di ramponi ed un finale alpinistico pur senza particolari difficoltà.
Panorama straordinario dalla punta.

Il Giro dei Prefouns, attraverso la Brèche Margiola ed il Passo dei Prefouns è invece un viaggio sorprendente intorno alla celebre cresta Savoia e alle fantastiche guglie dei Prefouns.
Per i più allenati ed adrenalici è possibile, prima di raggiungere il Passo dei Prefouns, salire alla Testa di Tablasses (OS) portando così il dislivello del giro a quasi 1700 metri.

La scelta fra le due mete la faremo sabato sera al Rifugio in base alle condizioni.

Il trattamento di mezza pensione al Rifugio Valasco ha un costo di 40Euro a notte e ricordiamo che è necessario avere al seguito il sacco-lenzuolo.
Per le gite sono necessari picozza e ramponi.

Per coloro che non si sono ancora iscritti è possibile farlo contattando, entro il mezzogiorno di Venerdì , Marco:

snowlover62@gmail.com – tel. 339.5829332

A sabato!

L’anno del Leone?

Veramente il calendario dei nostri amici Cinesi ci dice che siamo nell’anno del Serpente, ma chissà che non si siano sbagliati?

Infatti guarda caso anche quest’anno il Calendario ci propone di chiudere la stagione al Passo del Sempione, idea messa tante volte in programma e realizzata molte meno.

Come sempre stiamo seguendo con attenzione l’andamento delle previsioni Meteo e stiamo raccogliendo tutte le informazioni possibili sulle condizioni nivologiche in questa punta settentrionale del Piemonte e chissà che l’anno del Serpente non diventi l’anno del Leone!

Poi non resterà che spiegarlo ai nostri amici Cinesi.

11-12 Maggio 2013

Monte Leone 3553m

Valle d’Ossola dall’Ospizio del Sempione 1997m
Dislivello: 1556m – Difficoltà: BSA
Capogita: Silvia Previale, Renato Poro Marchetti

Come sempre conferme e variazioni le potrete avere in sede durante la serata di iscrizioni

Mercoledì 8 Maggio – h.21,30

e seguendo gli aggiornamenti che troverete sul nostro sito.
Se poi proprio non potete venire in sede e gli hacker vi impediscono di raggiungere il sito allora avrete ancora una chance chiamando o scrivendo a Silvia o Renato:

silvia.previale@istruzione.it – tel. 338.6248326

renatoporomarchetti@libero.it – tel. 0124-424274.

A prestissimo.

La mia valanga amica

Sabato 13 aprile 2013.

Cabalisticamente lo si intuisce già solo dal doppio numero 13 contenuto nella data che sicuramente è stato un giorno per Matteo e me molto fortunato e notoriamente la buona sorte è vicina in special modo ai principianti o ai distratti come me.

Con Teo, arrivato da Torino, che si cambia e sistema gli ultimi carichi nel mega zaino, ci incamminiamo sci ai piedi verso il rifugio Prarayer di Valpelline.

Passata la diga il dolore ai piedi mi impone una riflessione.
Rimugino, penso ai prossimi giorni, alla fatica, alla sete, ed il timore di essere poco allenata per affrontare il percorso del Raid pur prospettato magnifico!
Decido di ripropormi il problema alla sera, dopo la cena in rifugio consultandomi con gli amici.
Rallento il passo, i miei talloni sono ormai “incendiati” un bruciore assurdo anche ai lati degli alluci e l’escoriazione sul malleolo già sanguina…….
Uffa….uffa ……uffa…..
Che “situasiun”: è da stamattina che cammino con gli scarponi, ed ora son le 16 passate!

Teo mi precede di una trentina di metri, la giornata è spaziale, bellissima.
Nel punto della stradina su cui stiamo transitando sono scese slavine e occorre prestare attenzione.
Teo è già fuori dal bosco e davanti gli si stende il sentiero di costa, a destra il dirupo e giù in fondo il lago, a sinistra la parete innevata della montagna.

Rumore, un sinistro rumore.
Vedo la massa che scivola urlo, urlo…
Attento Matteo, attento, sono li ferma con lo sguardo fisso su di lui che nel tentativo di tornare verso di me inciampa … ma si rialza e…
Inesorabilmente viene raggiunto dalla neve sporca di terra.
Fermo lo sguardo su quel punto del mondo, nell’attesa che smetta questo movimento diabolico per raggiungerlo e scavare con tutta la mia forza, devo farcela.

Altro rumore, stavolta peggio, il balordo è più vicino e provo a girarmi per scappare ma non riesco nemmeno a finire la rotazione del busto che le mie gambe rimangono intrappolate in quel cemento marroncino il cui livello sta salendo velocemente nonostante le mie grida per scongiurarne l’arresto …
Arriva la “spallata” finale che mi abbatte, giù di spalle al lago, vedo sopra di me un salto di roccia nel boschetto, poi tutto nero, buio, profondo, immobile costretto il solo cervello a continuare la sua attività di registratore, di sperimentatore, di creatore di idee e inventore di sentimenti e considerazioni, giudizi, ricordi, paure e una sequenza infinita di parole per descrivere tutto quello che può fare il cervello umano tranne, in questo caso, comandare i centri nervosi per muovere lo splendido e resistente apparato motorio che lo contiene.
Un blocco all’infinito viaggiare.

Quindi la consapevolezza dell’istante …
Quanto tempo resisterò? Quanto? Quanto?
Quindi finisce qui la mia vita?
Una forte esplosione mi si oppone dentro, non posso morire!
Sono un Buddha ho una missione importantissima.
Devo fare Kosen Rufu (*).

Il seguito è mistico, impossibile da prevedere, da augurarsi, da immaginarsi in qualche manuale di tecnica di sopravvivenza.
Sento di nuovo quel rombo, ma ora ne sento anche la vibrazione e un colpo.

Un’aurea di chiarore arriva alle mie pupille attraverso le palpebre, d’istinto percepisco il movimento del mio polso ora miracolosamente di nuovo libero nell’aria, porto la mano a pulire la mia faccia da quel freddo e graffiante elemento.
Ecco bocca e naso sono liberi di riprendere tutta l’aria che serve per urlare ancora e più forte il nome di Matteo.
Bocca e naso respirano e gridano aiuto velocissimi, ora ho liberato anche il braccio destro e tento di togliermi la neve di dosso.
Matteo mi chiama, che gioia!
E comincia una canzone, un duetto…….
Solo Matteo, solo Cecilia, e riesco a sollevare la testa fino a raggiungere con lo sguardo il buon amico che si sta liberando e che verrà ad aiutarmi.
Son li, il terrore che qualcos’altro si distacchi e che mi copra definitivamente è un gigante, un insieme infinito di galassie, incommensurabile.
Dall’altezza del diaframma in giù sono immobilizzata ed ora le gambe cominciano a pulsare oppresse dalla pressione e martoriate dalla posizione, attorcigliate.
Le mie mani cominciano a rifiutarsi di toccare ancora il freddo elemento che contemporaneamente si sta trasferendo a tutto il mio essere.

Proprio una bella giornata!

Finalmente arriva Matteo.
Si è vestito un po’, siamo rimasti nella neve con addosso una t-shirt a maniche corte, lo zaino i pantaloni calze e scarponi completamente fradici.
E attacca a spalare.
Spala, spala, ahio…scusa ti ho fatto male…
Non importa, scava, ho i crampi alle gambe. Ma come i crampi? Non lo so, ho tanto male!

Teo riesce a sfilarmi lo zaino e mi veste, ora son praticamente seduta e prendo anche il piumino, il mio respiro continua ad essere quello di un mantice impazzito ed ecco ora appaiono le gambe, solo la fantasia di Picasso o Dalì avrebbe potuto disegnarle con la forma che avevano preso.

Il pensiero che fossero rotte e inutilizzabili assale Matteo che con il suo Kiai (**) continua la faticosa corsa per la dissepoltura.

Nella foga si rompe il manico della pala che per effetto del contraccolpo vola giù verso il dirupo ma sempre supportati dalla buona sorte non fa molta strada.
Lui la recupera e la rimonta a mo’ di zappa e per sicurezza mi chiede di prendere la mia.
E così scopre che l’ho dimenticata nello zaino nero che ho usato al mattino per la gita alla Tza.
Non mi vergogno a dire che son sprofondata nell’imbarazzo e nel disagio totale nei confronti dei compagni di Raid, ma Teo mi incoraggia, mi ricorda che siamo vivi e tanto basta, in futuro faremo tesoro di quell’esperienza.

Finalmente trovati gli attacchi degli sci riesce a sfilarmeli e prova a “ricompormi” gli arti inferiori che in un paio di minuti ritornano ad essere con dolore mossi volontariamente.
OOOhhhhissa … sono di nuovo in piedi, sulle mie gambe, e sempre quella respirazione a mantice nervoso.
Teo prova con un paio di scossoni a farmi smettere, ma lo tranquillizzo, non è pericoloso, è una mia tecnica di reazione al dolore e alla paura (fin da bambina), sono lucida e lui lo riscontra.

Un forte abbraccio e gli occhi colmi di commozione suggellano la certezza che siamo vivi, sani e in grado di raggiungere gli amici al rifugio.

Piano piano, sci ai piedi, siamo di nuovo una dietro l’altro con gli occhi stupiti e il cuore colmo di gratitudine alla vita, ed io svelo il mio segreto di fede buddista.

Tutto Il resto sono: amici, cena, foto, auto, girasoli e … vita!

cecilia


Note

(*)Kosen Rufu: Il termine giapponese kosen-rufu esprime un concetto di fondamentale importanza per i membri buddisti della scuola di Nichiren Daishonin.
Spesso viene tradotto come “pace nel mondo”, intesa però in senso più vasto della semplice “assenza di guerre”.

Si potrebbe definire come pace omnicomprensiva, ottenuta attraverso un radicale cambiamento nel cuore delle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanistici quali – prima di ogni altro – l’assoluto rispetto per la dignità della vita.

L’espressione kosen-rufu ha un’origine antica e appare nel ventitreesimo capitolo del “Sutra del Loto, precedenti vicende del bodhisattva Re della medicina”.
In un brano del capitolo si legge: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non permettere mai che la sua diffusione sia interrotta».
L’espressione «dovrai diffonderlo [il Sutra del Loto]» viene resa da Nichiren Daishonin con il termine kosen-rufu.

(**)Kiai: nelle arti marziali è il grido che accompagna i momenti “topici” di un kata (forma) o di un kumite (combattimento), in cui si dirige la massima energia vitale per intimorire e sopraffare l’avversario.
Essa è un’espressione di senso compiuto: Ki (気) sta per energia vitale e ai (合, 合い) può essere tradotto come unione.
L’individuo unisce la propria energia vitale e quella della natura attraverso l’espirazione provocata dalla forte contrazione addominale.
La tradizione orientale fa risiedere la vitalità fisica nell’addome (tanden) e ritiene che degli appropriati esercizi respiratori possano incrementarla.
È il diaframma che consente una respirazione profonda e ampia, mentre il movimento dei soli muscoli costali induce una respirazione superficiale e di difficile controllo.
Il tempo dell’espirazione corretta (ventrale), determinata dalla decisa contrazione dei muscoli addominali corrisponde, quindi, al momento di massima espressione di forza.
L’altra componente del Kiai è psicologica.
Il grido è intimamente connesso alle emozioni individuali, quando le nostre normali risorse non possono assicurarci la sopravvivenza, la forza e la volontà che necessitano emergono solo con l’esasperazione delle emozioni.
La possibilità di ampliare le capacità in condizioni estreme ha permesso agli antichi guerrieri di codificare il grido, che divenne il kiai.

Cai Uget