21-23 aprile 2012
RAID ORTLES CEVEDALE

Mercoledì 18 aprile, dopo mesi di limature, aggiornamenti, telefonate con i rifugi ci ritroviamo in sede con i prodi partecipanti al Raid per l’ultimo briefing prima della partenza.

Durante le fasi preparatorie eravamo arrivati a ben ventisette persone interessate, un numero che avevamo giudicato eccessivo per una serena conduzione del RAID.

A tre giorni dalla partenza risultano pronti a partire diciannove magnifici bipedi pronti a sobbarcarsi cinque duri giorni farciti di strudel, canederli, pizzoccheri e fiumi di birra negli accoglienti rifugi dell’Ortles –Cevedale.
Per darci una parvenza di sportività cerchiamo anche di infilarci qualche gita tra un lunch e l’altro ma le previsioni meteo sembrerebbero favorire maggiormente le sedute eno-gastronomiche rispetto alle attività sudatorie.

L’irrefrenabile entusiasmo di alcuni contagia un po’ tutti così, sebbene il quadro meteo sia tutt’altro che incoraggiante, si decide per partire convinti che solo chi osa…..


L’appuntamento di sabato alle tre di mattina suscita (chissà perché?) poco entusiasmo; ancor di meno per gli autisti che si sobbarcheranno i 450 km fino a Forni, sopra Santa Caterina Valfurva (SO) in testa alla poco scorrevole Valtellina.
Formiamo quattro equipaggi ma due auto le incontreremo solo all’autogrill di Novara: Orfeo, Ermes, Guido, Gabriele e Stefano, Lucia, Walter, Flavio ci aspetteranno infatti lì.
Con i ranghi al completo si procede fino a Santa Caterina dove è in programma la seconda colazione: il contrasto tra l’accogliente locale e l’algido ambiente esterno è notevole.

Alla periferia della cittadina un cartello su una transenna all’inizio dell’ultimo tratto di strada ci informa in merito a possibili tratti ghiacciati…

“Ah! Ah! Chi può fermare l’inarrestabile GSA ? ” ridacchiamo con sufficienza ed imbocchiamo a tutta birra la salita…
Ovvio che al primo tornante l’auto non ne vuole sapere di salire slittando su una patina di ghiaccio infida e pericolosa.
I primi due chili il valente autista Claudio li perde così, cercando di riportare l’auto in carreggiata senza farla (e farci) precipitare nel ripido bosco, tra gli sguardi dei local-driver che su potenti mezzi 4×4 con gomme termiche, sorridono con sufficienza alla nostra provinciale ed ingenua ignoranza, tipica degli uomini di mare che per la prima volta vanno in montagna….
Torniamo a Santa Caterina e messe le catene (che costeranno il distacco dei sensori dell’ABS all’auto) saliamo con discreta facilità fino al parcheggio.

Si è fatto tardi e della traversata al Rifugio Pizzini, passando per i 3253 metri del Monte Pasquale, non se ne fa più nulla.
Decidiamo allora di salire direttamente al Pizzini e, dopo aver posato buona parte del materiale, proseguire verso il Monte Pasquale non lontano dal rifugio stesso.

La giornata, sebbene fredda, si annuncia spettacolare ma salendo le prime avvisaglie si fanno vedere ed al colle è un continuo via-vai di nuvole.
Solo Orfeo, Enrico, Guido, Daniel e Robert the President proseguono fino in vetta, mentre il resto del gruppo si accontenta del Colle, 130 metri più in basso.

La prima parte del percorso è stata in comune con la salita “diretta” al Cevedale, molto bella e, per buona parte, su ghiacciaio.

Gli ambienti sono una favola e la mole del Gran Zebrù alle spalle ci sovrasta e ci osserva, tra uno sbuffo e l’altro di vento, mentre uno sparuto gruppo di alpinisti ne sta tracciando il percorso che contiamo di ripercorrere domani.

La neve è asciutta e tanta; è una strana sensazione trovare condizioni quasi invernali oltre metà Aprile!

Scendiamo prestando attenzione ad evitare i buchi del ghiacciaio ed in breve siamo in vista del Rifugio presso il quale passeremo un pomeriggio di svago.

Una buona parte di noi cercherà (quasi tutti con successo) di recuperare parte del sonno perso con la levataccia notturna.

La cena è, come ci aspettavamo, spettacolare.

I valenti cuochi ci hanno preparato i celebri pizzoccheri e facciamo onore ai numerosi bis che ci vengono prodigati senza neppure richiederli alle simpatiche e giovani fanciulle che in costume tradizionale continuano a riempirci il piatto.
Ci aspettavamo qualcosa di più dal dolce ma immagino sia stata una strategia per farci acquistare (extra mezza pensione!) lo squisito strudel che dalla vetrinetta del bar induce in forte tentazione.

Leccornie a parte il nostro sguardo è però fisso “fuori” dalle finestre.

Le previsioni sono brutte ed il programma per domani sarebbe niente meno che la salita ai 3857 metri del Gran Zebrù, dopo l’Ortles che raggiunge i 3902 metri, la seconda vetta in altezza del gruppo Ortles-Cevedale.
Sulla sua sommità passa il confine tra la Lombardia ed il Trentino-Alto Adige e rappresenta pertanto la massima elevazione lombarda.

Oggi un piccolo gruppo, capeggiato da una guida ha raggiunto la sommità ma il forte e costante vento presente ci fa pensare che la traccia sia stata interamente cancellata.
A causa delle non facili condizioni inoltre la discesa è stata fatta a piedi e non in sci.


La sveglia, la domenica mattina, è intorno alle sei per godere, ancora una volta, di una rivitalizzante (qualora ce ne fosse stato bisogno) integrazione energetica.

Purtroppo fuori dalle finestre è in atto una copiosa nevicata che sarà talmente intensa che a metà mattinata cominceremo a mettere in campo programmi alternativi.

Avremmo dovuto originariamente, dopo la (facoltativa ovviamente) salita al Gran Zebrù, risalire al Rifugio Casati a quota 3269 metri presso il passo del Cevedale e di li scendere, attraverso la Vedretta del Cevedale, ai 2610 metri del Rifugio Martello sconfinando così in Sud-Tirolo.
Il pessimo quadro meteo e il livello di rischio legato alle valanghe rendono inevitabile un drastico cambio di programma: decidiamo di abbandonare il “passaggio a est” che ci avrebbe portati, dopo la visita al Rif. Martello, al Rifugio Larcher in Val Venezia in Trentino.

Puntiamo invece, nel primo pomeriggio, direttamente al Rifugio Branca lasciando l’accogliente Pizzini sotto una fitta nevicata che ci obbliga a restare diligentemente nella traccia del primo della fila a causa della gran quantità di neve e della scarsa pendenza.

Il Rifugio Branca, contattato telefonicamente dal Pizzini, ha accettato di anticipare la nostra prenotazione che inizialmente era per martedì 24 ad oggi domenica 22.

Da lì, se le condizioni lo consentiranno, saliremo al San Matteo, la più vicina ed abbordabile meta sci-alpinistica del bellissimo ghiacciaio dei Forni.

Durante il trasferimento abbiamo la graditissima sorpresa di passare da condizioni di neve fitta a cielo completamente sereno e questo mette tutti di buon umore e ci riempie di speranza per le possibilità di mettere in saccoccia il San Matteo.

Raggiungiamo il Rifugio, posto a quota 2493 metri, con un cielo azzurro che lascia ben sperare e passiamo un altro rilassante pomeriggio nell’accogliente locale.

C’è l’acqua calda, dopo la doccia qualcuno fa il bucato e… c’è anche Internet che non è dispensatore di prospettive meteo positive, anzi.

Eppure a guardare fuori dalle finestre sembra bellissimo!!!


La mattina di Lunedì 23 le previsioni sono di nuovo drammaticamente esatte.

Ciononostante proviamo lo stesso una sortita e ci incamminiamo lentamente nella faticosa nuova coltre di neve.

Sembra tornato l’inverno, la neve è tanta ed asciutta.

Il ghiacciaio nasconde crepacci che, con la scarsa visibilità, si fa fatica a localizzare ma tutto procede per il meglio.

Arriviamo, metro dopo metro, a quello che dovrebbe essere il Colle degli Orsi poco oltre i 3400 metri di quota e scattiamo due foto al Bivacco Meneghello.

Alla punta vera e propria, assolutamente invisibile nella nebbia e nel vento forte, mancano ancora duecento metri di dislivello ed un chilometro di spostamento ma ostinarsi a proseguire non avrebbe alcun senso cosicché togliamo le pelli e, con la massima attenzione, cominciamo la discesa, divertente nonostante le condizioni: era parecchio che non vedevamo così tanta neve asciutta!!!

Raggiungiamo l’anfratto presso cui avevamo abbandonato il materiale in eccesso e, recuperatolo, continuiamo la discesa riuscendo ad arrivare al parcheggio dei Forni a quota 2200 senza ulteriori risalite.

Nevica ma non fa più freddo come sabato.

La strada sembra percorribile senza i problemi avuti all’andata ma l’auto di Stefano ha il gasolio gelato e questo richiederà l’intervento del carro attrezzi.

Tutto comunque si risolve nel migliore dei modi e a Santa Caterina Valfurva, di fronte ad un generoso panino ed a una birra, ripercorriamo mentalmente i giorni appena trascorsi, non certo beneficiati da una meteo favorevole ma ugualmente piacevoli grazie alla compagnia di un gruppo affiatato ed alla accoglienza dei due Rifugi.

Nel pomeriggio di Lunedì 23, con due giorni di anticipo, rientriamo a Torino concludendo così il Raid 2012; ci abbiamo provato, nonostante le previsioni non favorevoli, e non siamo stati troppo fortunati.

Pazienza, le montagne sono ancora lì e noi siamo ancora qui.

Ci saranno altre occasioni!

Emmecì


Ps: Oggi, mercoledì 25 aprile, un gruppetto di noi Raidisti ha riportato in pareggio la bilancia: gita tradizionale alla Rocca dell’Abisso.

Tempo splendido, neve favolosa, portage gradevole e zaino con peso quasi nullo.

Ci voleva!!!!


Queste ed altre foto di possono trovare e scaricare anche in formato originale negli album di Marco e di Walter.

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