27-28 marzo 2010
Monte Thabor (tentativo)

Che il Thabor non abbia tanto piacere che noi del GSA andiamo in primavera per salirlo in gita sociale cominciamo a sospettarlo.
E’ la seconda volta in due anni, ma lui non sa che abbiamo la testa dura!

La salita al Rifugio è stata uno spezzatino (come quello buonissimo che ha accompagnato la polenta della serata): i capi-gita sono saliti diligentemente il Venerdì per andare il Sabato a provare il percorso, qualcuno è salito il Sabato mattina presto per seguire i capi-gita e controllare che non scappassero in Francia con il malloppo delle caparre, il grosso è salito nel pomeriggio.

Cena e serata allegra e piacevole, mentre fuori nevica, la stufa lavora a mille per asciugare abiti e pelli inzuppate e Riccardo, il bravissimo custode, cerca di comunicarci un moderato ottimismo.

Nonostante l’ora legale tutti interpretano correttamente la sveglia e la colazione alle 5,30 (o alle 6,30 del nuovo orario) con una marmellata di pere e noci veramente prelibata.

E poi tutti fuori, ha smesso di nevicare, arrivano prima Mauro e poi Guido, Luca e Roberto da sotto e si parte con gli sci che scivolano in una bellissima coltre di 20 cm di neve fresca leggerissima caduta nella notte.
E con la speranza che il vento fortissimo si plachi un po’.

Salita rapida con un po’ di attenzione ad evitare i primi accumuli, ma quando raggiungiamo i pianori a 2200m, sopra la vecchia miniera del Blanchet, ritroviamo un vento ancora più forte e la bufera che vediamo sopra di noi non promette nulla di buono.

Paolo propone una breve sosta ai piedi di un pino isolato dove ci si stringe l’uno all’altro per cercare un po’ di riparo e poi una timida ipotesi che diventa subito plebiscitaria: torniamo a valle.

Discesa breve ma su neve piuttosto bella e ben presto siamo di nuovo al Rifugio. Anche la discesa sulla pista di fondo è abbastanza scorrevole e prima delle 10 siamo tutti al Pian del Colle dove c’è un po’ di vento ma qui è molto più sopportabile.

E per aiutarci a sopportarlo, nel frattempo, il tavolino si è materializzato sul terrazzino della vecchia stazione doganale imbandito in pochi attimi di vino e cibarie (oggi grazie a Marco e Stefano decisamente raffinate) più consone, in verità, ad una merenda sinoira che ad una colazione di metà mattina, ma senza che nessuno se ne lamenti.


Un grazie ai bravissimi capi-gita Danilo, Mauro e Paolo.

Con grande pazienza hanno modificato e aggiornato chissà quante volte il numero e la lista dei partecipanti sopportando le conseguenti rimostranze del custode, organizzato perfettamente la due giorni e presa la decisione più saggia anche se in quel momento hanno avuto dalla loro il suffragio unanime dei partecipanti.

Unica nota: sono stati gli unici, salendo il venerdì sera, a non inzupparsi sulla strada del rifugio: lungimiranza o privilegio del ruolo?

Forse solo fattore C!

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