Dal GognaBlog dell’amico Alessandro un bell’articolo a cura di Carlo Crovella con la traduzione dei testi francesi di Agnes Dijaux
Il Verdon al pari di Yosemite è una tappa obbligatoria. Un luogo magico per gli arrampicatori attratti dal suo influsso. Come grandi poli magnetici, le falesie sono i motori dell’evoluzione sportiva dell’arrampicata.
Il Verdon è un mito, non c’è dubbio. Anzi, nell’arrampicata, è “il” mito per antonomasia: forse solo Yosemite riesce a stargli alla pari. Il Verdon è più di casa, per noi europei, sia geograficamente che emotivamente: ogni arrampicatore, anche il più scarso e il più classico, freme quando lo sente nominare.
Dapprima abbiamo visto le pareti dal basso, percorrendo il torrente verso il lago finale. Poi siamo stati trascinati da altri compagni, più ginnici sulla roccia, e abbiamo provato la strizza delle doppie e lo sbandamento emotivo nel risalire vie improbabili, almeno per noi. Siamo usciti che, come si dice in piemontese, “ricordavamo solo più nome e cognome”.
A ben vedere abbiamo salito itinerari che, probabilmente, sono fra i più abbordabili di questo santuario, figuriamoci il resto. Ma è bastato perché il Verdon entrasse sotto pelle anche a noi “classiconi”.
Imbattersi nei mostri sacri a zonzo per La Palud, scambiare due parole con loro in coda alle doppie, inventarci ogni mezzo per risalire le famose placche bombate, non parliamo poi delle fessure… Tutto ciò ci ha fatto percepire la vastità del mito. Due-tre puntate sono state sufficienti per comprendere che quel mito non si dimentica mai più, ti resta dentro per sempre.