Uscita 7 del 21-22/04/2018 – Valpelline

Insieme alla primavera è esplosa l’estate, la prima parte del corso è già lontana e in un baleno siamo proiettati al giro di boa di Valpelline!

Quando in inverno, nelle giornate più uggiose sfogliavo il prezioso pieghevole del corso, recitandolo come un mantra, cercavo di ignorare la seconda parte del corso; ma ciò nonostante le leggendarie, mitiche rappresentazioni di Valpelline galoppavano dentro di me…

30 posti mi sembravano veramente troppo pochi per starci dentro, ma le fantasie e i sogni rappresentano una nostra libertà intima e fondamentale, per non dire che ho sempre considerato il carattere utopico di un obiettivo come un valore aggiunto!

Per farla breve mi son permessa di sognare Valpelline, e voilà: ci siamo! Sono convocata e graziosamente la data vuole coincidere con il mio 57esimo compleanno!

Il ritrovo per la valle d’Aosta è il solito e orribile parcheggio in barriera di Milano, fronte e retro sulle cattedrali di Auchan e Mac Donald, ore 5,45.

Ci arrivo praticamente a 4 zampe, brancolando nelle ultime ombre della notte, dopo un bancomat dell’ultimissima ora che mi salva dalla solita brutta figura.

In pochi minuti organizziamo le macchine trascurando la mia, vuota di metano e in ritardo di tagliando, sic.

L’equipaggio è simpatico, il trasferimento vola e presto siamo pronti a scaricare i nostri amati giocattoli a Chez Chenoux di Bionaz

Qualche centinaio di metri di portage sulla poderale sterrata e possiamo calzare gli sci sul primo linguone di neve.

La poderale sale gentile e ci permette di rompere il fiato senza fatica.

Successivamente, dopo aver attraversato una piccola conca, imbocchiamo un sentiero più ripido, che per un breve tratto ci obbliga ad un nuovo portage.

Ricalziamo gli sci e dopo aver costeggiato una morena, risaliamo una dorsale dove sputiamo sangue, funestati dal clima torrido e da una discreta pendenza.

Ogni tanto una brezza lieve e pietosa ci restituisce il respiro e per fortuna, il rifugio di Crete Seche non è un’allucinazione e ci aspetta poco sopra.

Arriviamo, una parte di noi si spiaggia nei dintorni mentre gli altri, veri eroi, proseguono fino al Col Berlon, sparandosi altri buoni 580 metri di dislivello.

Inutile dire che io resto, in considerazione rispettosa dell’ultima primavera compiuta e dell’obiettivo dell’indomani.

Inganno il tempo in compagnia di graziose compagne di gita e sguazzo nella neve; la temperatura è così folle che si può letteralmente diguazzare scalzi nella neve!

Dopo un paio d’ore tornano i nostri eroi, felici e paghi di una nuova bella prova.

Si arriva a sera giocando, chiacchierando e testando le brande, che sono davvero accoglienti, per non dire magnetiche!

Ma il solito tormentone si affaccia all’improvviso: sarà meglio montare le pelli di sera o al mattino?

Opposte scuole di pensiero discutono le loro tesi con elaborate argomentazioni…

Gli sci non sono ammessi all’interno del rifugio, potrebbe gelare anche sotto la tettoia….che fare?

Io le ho già calzate, penso alla mia colla vecchia e stanca e mi accorgo anche di aver perso il sacchetto con le pellicole…

Mi aggiro per un po’, tormentata dai dubbi.

Infine ritrovo il sacchetto, che sornione, penzola da un gancio della toilette; forte del ritrovamento mi precipito sugli sci, spello, e infine mi abbatto in branda esausta.

Siamo pronti a partire prima dell’alba, montiamo i coltelli col buio e muoviamo i primi passi mentre albeggia.

Attacchiamo il primo sbalzo sopra il rifugio, mi chino a spostare l’alzatacco e la mia splendida borraccia verde, regalo di compleanno, salta via dallo zaino e rotola velocissima nel nulla, sic.

Fortunatamente ho altra acqua e prima o poi, forse, avrò anche metodo!

Ma i guai sono appena cominciati: la pendenza e la neve durissima non mi aiutano ad elaborare il lutto della borraccia.

Su questo terreno duro e molto smosso non riesco a far mordere i coltelli e neanche a piantare i bastoncini. Infliggo un vero Calvario al mio istruttore, che mi segue come un angelo custode, anche se metto a dura prova la sua grande pazienza.

Superiamo un pezzo in piano dove togliamo i coltelli, c’è sempre più luce, ma io cocciuta, non ho ancora tolto la frontale.

In fondo al piano ricalziamo i coltelli e imbocchiamo un canale ripido alla nostra sinistra; su questo terreno infido mi impegno molto x rotolare a valle dalla mia borraccia, ma Stefano mi acchiappa sempre, anche quando provo a tirar giù anche lui.

Finalmente usciamo dal canale illesi dove ci attende il sole e una vista mozzafiato!

Togliamo i coltelli, sostituisco la frontale con gli occhiali da ghiacciaio e inizio a sentirmi meglio!

Attraversiamo ancora un’ampia conca che risaliamo sulla destra, in direzione del colle di Mont Gelè; alla nostra destra la vista sul gruppo del Rosa è veramente spettacolare, ma il piccolo ghiacciaio di Crete Seche, appena sotto di noi è pura poesia e non ho parole per descriverlo…

Si continua, la meta è dritta davanti a noi, non ci resta che affrontare un lungo traverso a mezza costa che ci porta ai piedi della rampa finale, sotto la croce di vetta.

Ci fermiamo sotto la rampa, l’indicazione del Diretùr è di ricalzare i coltelli.

Decido di fermarmi, i muretti precedenti mi hanno resa dubbiosa sulla mia tecnica di gûcie; mi spiaggio con cautela sul pendio e, mentre i miei compagni montano i coltelli, spello con decisione.

Li guardo partire senza rimpianto, ma dura poco! Dopo una piccola pausa rigenerante mi accorgo che il pendio non è così ripido, la neve molto più morbida rispetto alle ore precedenti…. ma ormai è fatta, le pelli sono nello zaino e il gruppo partito.

Faccio pace con la mia decisione affrettata e aspetto con calma che il mio gruppo si muova per la discesa. Non è un’attesa snervante: la vista è fantastica e l’incontro con gli altri scialpinisti che stanno salendo e si offrono di accompagnarmi in vetta, molto umano.

Verso le 10,30 scatta comunque l’ora x e il diretur scatena il gruppo con iniziale prudenza.

Sono prontissima, attendo il passaggio del mio gruppetto e mi aggrego felice.

La discesa è esaltante, voliamo leggeri per lunghissimi tratti; in un attimo siamo al colle e poi giù nella conca e dal canale dove ho sputato sangue e attentato a Stefano.

Adesso il canale è un paradiso: la neve perfetta e la pendenza giustissima, possibile che sia lo stesso posto?

Ci fermiamo tutti insieme sull’ultimo sbalzo, vedo solo sorrisi a 42 denti sotto le lenti specchiate, ed è impossibile descrivere la gioia di questa sciata! Siamo contenti come bambini e ci fermiamo a fare foto di gruppo, ma nessuna foto può riprodurre quell’unico sorriso goduto, riprodotto su 47 persone differenti.

Adesso la ricreazione è finita, il rifugio è appena sotto di noi e da lì in giù il rientro sarà più faticoso. Con poca eleganza e molta approssimazione raggiungo le auto e con il gruppo ci fermiamo a ritemprarci come si deve all’Alpe Rebelle.

Inutile dire che la fatica annegò in fiumi di birra!

Un abbraccio a tutti e alla prossima!

Laura

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