Uscita 3 del 01/03/2015 – Cima Giosolette e Ciotto Mieu

Non i  rampant ma litri d’acqua avrebbero dovuto trovar posto nello

rampant

zaino! Particolarmente negli zaini di coloro che hanno fatto il concatenamento delle due punte, trovatisi ad affrontare la ripellata di 500m per raggiungere il Ciotto Mieu dopo aver salito e sceso la cima delle Giosolette. Non ci credete? leggete qui il resoconto di dottor Fabio:

Ore 5,20. La sveglia sembra il fischio della sirena di una fabbrica sovietica. Quella che sigla l’inizio del turno di lavoro. Emesso un grugnito come saluto al nuovo giorno inizia l’ispezione del cielo. E per rimanere nell’immagine della realtà industriale comunista è di un grigio pazzesco.

“Non ti preoccupare. Il cielo si aprirà. Io lo so.” Dichiarazione del primo compagno di avventura che raccolgo nel tragitto da casa al pullman. Nel delirio mistico del mattino me lo immagino novello Mosè, davanti al cielo, armato di bastoncino da sci con i nembi che si aprono al suo ordine.

Seconda stazione della via crucis, altro compagno di avventura. Lo trovo in Piazza Rivoli, davanti alla caserma Amione. In piedi con gli sci in mano. Fermo, immobile, non un guizzo muscolare, non un respiro. Solo la sagoma indistinguibile nella penombra del mattino appena definita da un lontano lampione. Sembra un monumento al glorioso alpino sciatore caduto nella Grande Guerra. Il primo impulso è quello di depositare una corona ed onorarne la memoria. E defilarmi con ben noto gesto scaramantico. In realtà il soldato è proprio Stefano.  Va beh, cambio programma. Sali in macchina che siamo in ritardo.

E finalmente si parte. Dopo aver stipato il pullman stile autobus terzomondista con la precisione di un orologio atomico il Dario parte con l’appello. E lancia la prima preveggenza. Con anche un lieve tono polemico misto ad ironia inglese. “Hanno previsto lo zero termico a 2600 metri”. Pausa accompagnata da affettuosa commiserazione per i più che ottimisti metereologi. “Non penso proprio”. Adesso che scrivo da reduce e sono scampato a quel forno mi rendo contro che se avessi avuto come lui il dono di saper leggere il futuro gli avrei augurato una bella sciatica ad inizio salita.

Ma andiamo con ordine.

Albeggia. Il cielo è rosso sangue all’orizzonte. Forse il Mosè dei cieli ha ragione.

Si arriva a Limonetto. Scarico al parcheggio e prime cadute senza sci sul lastrone di ghiaccio. Ottimo inizio. Abbiamo già degli infortunati.

Si parte accompagnati dai rintocchi delle campane che siglano le 9. Il cielo è azzurro. Le prime cime illuminate dal sole.

Arriviamo al bivio. Lì troviamo il Diretur fermo e statuario. Sembra la Sfinge. E noi siamo i malcapitati viandanti.

Piccolo preambolo. La gita è organizzata in due varianti.

La prima con destinazione Monte Ciotto Mieu (altezza 2378). Meta entrata nella tradizione della scuola.

La seconda percorso di guerra. Cima delle Giosolette (altezza 2214), foto ricordo, schiamazzi, spellaggio, discesa in neve fresca, ripellaggio, risalita in cima al Ciotto Mieu.

La Sfinge sigla il nostro destino. Destinazione Ciotto Mieu.

Ma non ha  considerato le giovani tre Furie del nostro gruppo. Mi faccio portatore della loro richiesta ed intercedo con la Sfinge. Mi va bene, per ora. Non mi ha divorato. E ci lascia partire verso Cima delle Giosolette.

Intraprendiamo a passo sostenuto la salita. Ritmo vivace nel tentativo di riagganciarci ai gruppi che ci precedono. La  neve è bella, il sole inizia a scaldare. Gli zero gradi mi sa che sono a quote ben più alte.

Le Furie si rivelano tali. Anche nelle inversioni non mostrano nessun tentennamento. Sembrano dei Pljuščenko dello sci. Procediamo spediti, la neve cigola sotto i nostri sci. L’aria è piacevole. La cima sopra di noi. Tutto perfetto!!

Quasi. Era perfetto. Parte la seconda preveggenza della giornata. Il vate ha lasciato la postazione al bivio e ci segue come un U-Boat tedesco. E il siluro parte, eccome.

“Fabio, rallenta il passo, che poi non ce la fanno. Anzi semmai non ce la fai tu!!!!!!!!!!!!!!”. Questa volta il nostro ha fatto centro con la stessa precisione di un cecchino dei corpi speciali che deve sparare ad un bersaglio posto a 50 centimetri. E se avessi avuto anche io la preveggenza avrei augurato la sciatica alla gamba precedentemente graziata.

Il sole ci riscalda, il morale è alto. La cima sempre più vicina.

Piccola pausa cartografica. Orientamento. Dove siamo? Cosa ci facciamo? Dove andiamo? Girano dei sestanti,si teorizzano delle linee di forza dei Maya o triangoli esoterici. Qualcuno giura di percepire come i volatili il campo magnetico terreste. Se fossimo stati nella ciurma di Colombo ci saremmo incagliati sulla spiaggia di Palos con la convinzione di andare verso Ovest. Per fortuna Sara illumina con la sua conoscenza ed esperienza noi tutti. E ci indica la via.

Finalmente arriviamo. Piccola passeggiata a lambire la sommità con tanto di foto ricordo. Le nubi si raccolgono a nord. Dario sorride soddisfatto  come il Duca di Wellington a Waterloo.

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Inizia una bella discesa su neve fresca. Sul pendio sud che si affaccia sul vallone che ci catapulterà al Ciotto Mieu. La neve, lievemente pesante, ci riempie di endorfine.

L’umore è sempre più alto.

Arriviamo a valle e si ripella. Un due e tre e si riparte. La cima non è in vista. Quello che si vede è una salita per niente incoraggiante.

Il caldo è mostruoso. Chissà perché il Diretur azzecca solamente le previsioni nei miei confronti. La temperatura è rovente. Mi supera il mio compagno Mosè. E’ trasfigurato. Sembra Cristo imperlato di sudore e con la faccia contratta. Nel delirio riesco pure a vedergli la corona di spine ed un centurione romano che gli scudiscia le pudenda. Ma non mi offro di aiutarlo a portare la croce. Sento i muscoli che si tendono come le corde di un violino. Il dolore è immediato. Nella mia testa sento rimbombare la risata mefistofelica di Dario. Con tanto di odore di zolfo. Il caldo infernale non ho bisogno di immaginarmelo.

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La salita procede ma sempre più lenta. I gruppi mi distanziano. Mi tiene compagnia il dolore dei crampi. E il caldo. Mi sembra di udire “Cocco bello, cocco bello”. Mi giro chiedendo al venditore se ha anche dei ghiaccioli ed allungando il denaro, famelico di qualcosa che mi disseti.

La neve!!!   Inizio a riempire il thermos del tè caldo con neve, pur di avere una maggiore quantità di acqua da bere.

Le gambe sempre più deboli ma la voglia di cima è tanta. Non voglio cedere.

Improvvisamente sono solo. In mezzo alla neve con la mia radio gracchiante in cui sento che Dario mitizza un vento fresco in cima. Ma che fa, vuole pure torturarmi?

La solitudine nella neve è scoraggiante. Parte il trip. Vedo titoli di inizio film in bianco e nero. Scritta cubitale Stalingrado 1943. Mi immedesimo nel soldato che ritorna dal disastroso fronte in mezzo alla neve, solo, esausto e con scarse possibilità di sopravvivenza. Le forze vengono meno. Sembra quell’inferno bianco. No, qui di infernale c’è solo il caldo.

Ritrovo un gruppetto di sopravvissuti. Mi vengono le lacrime di commozione. Non sono  solo. Morirò in compagnia.

E in questo momento di alto lirismo la radio gracchia. Vogliono me. Cavolo, sarà successo qualcosa? Qualcuno sarà stato male? Qualcuno sta peggio di me? Affatto. Il mio primo fan, e non per meriti sportivi, mi chiede se ho fatto la torta con il formaggio cipolle ed altre leggerezze. Prenota via radio una fetta.

Che bella iniezione di energia. La mia autostima vola vicino allo zero termico. Ma quello del freezer.

Tuttavia vedo gli eroi in cima. Non è un miraggio. Quasi quasi ci provo. Dai, andiamo!!!!

La radio gracchia di nuovo. Sembra un corvo. Questa volta è l’imperatore. E parla direttamente a me dall’alto del suo paradiso verso il girone infernale in cui ormai risiedo e da cui mi voglio affrancare.

“GAME OVER”.

Noooooooooo!!!!!

Li attendo per la discesa. Scendono tracciando sulla neve delle curve giottesche. Il Diretur e altri esseri sovrannaturali disegnano figure che ricordano addirittura  le linee di Nazca. Da oggi oggetto di studi fino al prossimo disgelo. Civiltà antica? Extraterrestri in gita al Ciotto Mieu?

La mia discesa è ben meno aggraziata. Ricorda quella della valanga a neve umida. Pesante, lenta, inesorabile.

Arriviamo finalmente al pullman. La fatica finalmente si scioglie. Viene depredata tutta la birra. Pure l’acqua del radiatore non viene risparmiata. Le arance nelle cassette sono oggetto di venerazione.

E in questo Nirvana arriva Dario. Che mi propone di fare la relazione sulla gita. Ho terminato le gambe a cui augurargli una sciatica. La farò.

Fabio

La relazione della variante (salita diretta al Ciotto Mieu, senza ripellamenti) a breve, insieme alle fotografie.