Uscita 5 del 03.04.2011: Dal Rifugio Pontese

Non è mai facile esprimere in poche righe tutte le emozioni provate durante una gita, i pensieri che passano per la testa mentre si sale (e non si riesce più a parlare per la fatica) o mentre si scende (e li, in genere, si parla un po’ di più e magari, se la neve è bella, si urla anche!!!) o, come in questo caso, durante la notte in rifugio, quando non si riesce a dormire un po’ per la stanchezza, un po’ per l’emozione della gita che ci aspetta, un po’ perché se la camerata è da più di quattro o cinque persone è impossibile che non ci sia un russatore!!!
Quella dello scorso fine settimana per me è stata davvero una gran bella gita, anche se non abbiamo raggiunto la cima in programma ed anche se, causa bronchite, ho fatto molta più fatica del solito a raggiungere la meta.

Una gita “da scuola” perché abbiamo avuto modo di imparare molto sul modo di sciare ma soprattutto sul modo di andare in montagna.
Che l’uscita sarebbe stata ben più difficile rispetto a quelle fatte quest’anno con la scuola, lo si era capito già percorrendo in macchina la stradina aerea che porta alla diga del Teleccio, nel Vallone del Piantonetto.
Il paesaggio che si presentava ai nostri occhi era infatti spettacolare: pendii ripidi, rocce e canali che fino a qualche giorno prima avevano scaricato la neve caduta abbondante a metà marzo.
Con il mio gruppetto, raggiunta la diga alle sei circa del pomeriggio, siamo partiti alla volta del rifugio Pontese, ma quasi subito la salita ha iniziato a presentare le prime difficoltà. Dopo un breve tratto con gli sci ai piedi, di fronte ad un pendio ripido e ormai quasi del tutto senza neve, ci siamo rassegnati a salire con gli sci in spalla.
Qualcuno si è ritrovato per la prima volta a dover sistemare gli sci nello zaino e soprattutto camminare su un terreno ripido e scivoloso con ai piedi scarponi rigidi anziché comodi scarponcini da trekking, Ma, aiutati dai consigli degli istruttori, siamo arrivati al rifugio tutti insieme, un pò stanchi e molto affamati.
Lì abbiamo ritrovato il primo gruppo che al mattino aveva risalito la Cialma per poi raggiungere il rifugio qualche ora prima di noi…
Incitati dal buon profumino che arrivava dalla cucina abbiamo depositato gli sci e ci siamo cambiati in fretta e furia per prendere posto a tavola, dove ci sono stati serviti piatti davvero squisiti.
Qualche istruzione dal Diretur e poi tutti a nanna visto che la sveglia sarebbe stata assai presto.
E infatti è ancora buio quando ci alziamo per fare colazione ed inizia ad albeggiare mentre ci prepariamo per la partenza.
Lo spettacolo delle montagne davanti a noi, che appena si intravvedono con le prime luci del giorno, è davvero emozionante. Sugli itinerari di salita brilla qualche lucina… le pile frontali di qualcuno che è partito prima di noi alla volta di altre cime!
Mentre con il mio gruppo inizio la salita ci arriva la notizia che Chiara è caduta appena fuori dal rifugio e si è tagliata. Nulla di grave ma dovrà rimanere li. Peccato.
Dopo un primo tratto di spostamento, proprio mentre ormai fa giorno, arriviamo all’inizio del canale. A vederlo da sotto fa quasi paura. Ripido e ben più lungo di altri già affrontati. Invece, pian piano, inversione dopo inversione, sotto la guida degli istruttori, compresi quelli sopraggiunti la mattina stessa (il mitico terzo gruppo della giornata, quello che si è fatto la gita tutta in un colpo solo!!!) il canale si sale e si imparano un sacco di cose. Le inversioni innanzitutto, e poi la tenuta delle pelli, l’utilizzo dei coltelli e, qualcuno, la salita con i ramponi e gli sci in spalla.
Quando arriviamo al tratto piano, subito dopo l’uscita del canale non sembra quasi vero di averlo fatto tutto! Proprio mentre iniziamo a tirare un sospiro di sollievo, spunta anche il sole, quasi a ricompensarci della fatica e delle difficoltà superate.
Dalle radio arriva la notizia che non è possibile salire fino alla Punta d’Ondezana e che, quindi, si arriverà solo fino ad un certo punto per rimanere in posizioni sicure e, sinceramente, considerato il livello di stanchezza, la tosse ed il caldo, sono molto contenta della notizia.
Fatto un ultimo tratto di salita intravvedo, dopo un lungo traverso, un bel gruppetto di persone già spaparanzate su un colle. L’ultima fatica e poi arrivo anche io.
Foto di rito, piccolo spuntino e poi iniziamo una discesa tra le più belle di tutta la stagione. Neve trasformata, pendio che, fino all’imbocco del canale ha una pendenza ideale. C’è davvero da divertirsi anche se non bisogna mai abbassare il livello di concentrazione e di attenzione perchè, come gli istruttori non si stancano di ricordare, non siamo in pista e la neve, soprattutto in pendii come questo, può nascondere mille insidie.
Anche il canale viene sceso senza difficoltà da tutti, nonostante la stanchezza. Poco prima del rifugio un altro imprevisto: un volo che costa a Daniele una lesione al polpaccio.
Al rifugio una bella pausa ristoratrice tra birrette e qualche panino. Si riparte poi per raggiungere le auto ma, viste le condizioni di Chiara e di Daniele, considerata anche la difficoltà di quel tratto di discesa, si decide di chiamare l’elicottero per farli rientrare senza peggiorare la situazione.
In effetti il tratto tra il rifugio e le auto è decisamente impervio tanto che siamo tutti ben felici di arrivare alle auto, togliere gli scarponi, indossare indumenti più leggeri e, come da tradizione, spiluccare qualche delizia, stavolta senza problemi di freddo, anzi, godendo di un clima quasi estivo.
Speriamo solo che queste temperature tropicali non sciolgano tutta la neve…. È questo il solo pensiero che mi accompagna durante il ritorno in città. Già perché come finisce una gita, nonostante la stanchezza, io ho già subito voglia di pensare ad un’altra. Sarà normale???

Kia

Quale la meta che abbiamo raggiunto? bella domanda, perchè quella splendida dorsale al sole dove ci siamo fermati non ha nome e non è normalmente meta di salita. Abbiamo inaugurato un nuovo percorso, con splendidi pendii che hanno regalato grande soddisfazione a tutti i 50 presenti! E con la Torre del Gran San Pietro alle spalle, magico il colpo d’occhio sulle montagne al contorno ed al pianoro al fondo del quale il rifugio Pontese, dove magnificamente ci aveva accolto Mara.

Il programma prevedeva la salita alla Punta d’Ondezana, ma le condizioni del passaggio dal ghiacciaio di Teleccio (o, meglio, dal nevaio..) al lenzuolo superiore sottostante l’Ondezana non erano più quelle che ci ricordavamo e sicuramente non fattibili in sicurezza e tempi decenti per un gruppo così numeroso come il nostro.

Riportiamo qui (nelle parole di Stefano P.) il “reportage didattico sull’evoluzione dell’ambiente alpino” nelle foto scattate da Alberto C. ieri a confronto con quella del 1997.

3 aprile 2011

aprile 1997

Gran bella gita, faticosa non tanto per il dislivello (1100m dal rifugio) quanto per la tensione e attenzione che il ripido pendio iniziale richiedeva, dove la neve ben consolidata nella notte ha fatto ben comprendere l’uso dei coltelli o ramponi.
Ben più bucolica la seconda parte della salita, svolta sui facili pendii individuati dall’alto del colle di Teleccio ove in avanscoperta era salito il diretur con tre fedeli compagni

Forse faceva freddo al mattino presto, quando abbiamo lasciato il rifugio. Ma una volta giunti alla meta la temperatura era ben diversa, come Pietro ci dimostra…

Purtroppo, mentre scendevamo, Daniele R. si infortunava in seguito ad un pittoresco volo: lesioni al polpaccio che richiedevano l’intervento dell’elicottero. Auguri Daniele, vogliamo presto rivederti in pista!!!!

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