SSA.1 6-7 Uscita: col di Vers e monte Cugulet

18-19 marzo 2023

“La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura.”

Paolo Cognetti

Come ci ricordano Carlo e Federica (che ringraziamo per la relazione di questa ultima gita), le parole di Cognetti risuonano perfettamente dentro a tutti noi amanti della montagna e in particolare a noi scialpinisti che siamo un po’ una “bestia strana“. E sì, amanti del dislivello prima ancora che della discesa (eh già diciamocelo, se no chi ce lo farebbe fare?! saremmo tutti freerider!), amanti di grandi fatiche e disposti ad accettare sveglie sempre più improbabili e improponibili man mano che la stagione avanzae per cosa? per la ricerca della neve? del perfetto firn, di quella morbida sensazione che lo sci dà sulla superficie innevata? un incredulo interlocutore ci potrebbe domandare – beh..ma con quale frequenza la trovate? e per quanto tempo nell’arco di una gita? A quel punto un po’ di imbarazzo probabilmente calerebbe .. Come glielo spiego che sì e no una mezz’ora di discesa su tutta una giornata di fatica e di ravanage?! … e quindi, cosa? la ricerca dell’avventura? o la vista degli orizzonti immensi? il brivido del pendio? la gioia della curva ben impostata? sì certamente ma forse è anche la sfida della ricerca stessa: leggere bollettini, meteo e relazioni e provare a trovare il luogo perfetto. E poi lì, lungo la traccia, e poi dopo, in cima al pendio, a guardare, scrutare i bianchi pendii e i vicini avvallamenti sempre alla ricerca del passaggio perfetto, alla ricerca di quella amata sensazione sotto i nostri piedi ( e sì! anche i piedi sentono, eccome, chiedetelo a uno scialpinista!) ..qualunque sia il mix che ci porta lassù non c’è niente da fare lì ci vedrete scappare appena possibile 😉 . Carlo e Federica, a voi la parola!

Sembra ieri che impostavamo la sveglia per riuscire a inviare il modulo di iscrizione alla Scuola di sci alpinismo a mezzanotte spaccata e garantirci uno dei pochi posti disponibili, eppure eccoci già qui a scrivere la relazione dell’ultima gita del corso SA1 2023.
E come concludere al meglio se non con una bella uscita di due giorni? Per l’occasione abbiamo deciso di cimentarci in una rischiosa impresa… guidare fino in Val Varaita.
Una sola cosa ci permette di affrontare con coraggio l’avventata decisione di rinunciare al sacro sonnellino ristoratore in pullman: il caffè, accompagnato da una buona brioche.

Giunti a Sant’Anna di Bellino, l’avvio verso il colle di Vers è tranquillo, si percepiscono un’atmosfera di grande entusiasmo e voglia di mettersi alla prova. La salita ci regala una vista spettacolare: montagne innevate, pareti di roccia e scolpiti polpacci di compagni ed istruttori che, risoluti a non abbandonare lo stile, decidono di salire con i risvoltini.

Foto: Luca Biasato

Dopo una salita agevolata dai dolci pendii e dal clima mite, il vento proveniente dal colle ci ricorda che le giacche ed i pile non sono solo accessori di bellezza. Quale sia la domanda predominante al momento del loro acquisto è noto a tutti: “Si abbinerà ai calzini?”.

La mancanza di neve ci impedisce di raggiungere la cima di Rocca la Marchisa e davanti a noi si presenta la fatidica scelta: accontentarsi della quota raggiunta e tornare alle macchine o conquistare i 1200 m di dislivello previsti scendendo per un breve tratto sul versante opposto per poi risalire? Si tratta chiaramente di una domanda retorica, perché lo scialpinista del CAI Uget non demorde e non teme la fatica (ci si può davvero opporre alla odi-amata ripellata? Io non credo).

Veniamo quindi spronati a goderci questo primo pendio che si affaccia sulla Val Maira come se fosse il più bello e innevato di sempre, apprezzando ogni tratto intonso visto che più in basso ci aspetterà un altro tipo di neve, a tratti composto prevalentemente da ramoscelli ed arbusti.

Alessandro Vicario

Tornati in cima, molti si rifocillano dando fondo a tutto il cibo disponibile (cosa si mangerà il giorno seguente è in fondo un problema del futuro) mentre qualcuno si appisola su una roccia mentre prendono il sole, per esser poi svegliato da una palla di neve in pieno viso.

Foto: Davide Vecchio

Zaini in spalla e ci avviamo alla ricerca dei tratti migliori per scendere. La neve sembra meglio del previsto e i larghi canali fanno sembrare per un attimo di sciare lungo un half-pipe. Non mancano tuttavia correzioni e saggi consigli da parte degli istruttori: si cerca di correggere l’impostazione della curva, di notare i punti più pericolosi e i cambiamenti di consistenza della neve, si provano le curve con due bastoncini e saltate, alla continua ricerca dei tratti più ripidi. Quale miglior momento per uscire dalla propria comfort zone se non durante un corso?

Arrivati all’hotel Torinetto, dopo una doccia ristoratrice, alcuni allievi decidono di visitare Sampeyre. L’appetito culturale di alcuni di loro viene saziato da gustosi tranci di pizza, mentre altri, meno motivati, si limitano a visitare una chiesa.

Con uno spritz o una birra in mano attendiamo la cena giocando a carte, deliziati dalla presenza di un esemplare femminile di orso dagli occhiali, gentilmente fornito dal sole del mattino.
La cena, composta da varie portate e rallegrata dal vino, ci permette di condividere esperienze e chiacchierare con i nostri istruttori e compagni di corso, creando nuove amicizie che, si spera, continueranno nel tempo e porteranno ad altre numerose avventure in montagna.

Qualche coraggioso si ferma a giocare a carte e godersi ancora la serata in compagnia nonostante la sveglia fissata alle 7, altri vanno a riposare, o almeno ci provano visto che qualche compagno ha il respiro un po’”appesantito” dalla quantità di cibo e dal vino.

Al mattino il meteo sembra essere più clemente del previsto e si parte alla volta del monte Cugulet. Le condizioni del terreno ci permettono di scoprire una delle tecniche più amate dai praticanti di sci alpinismo: il portage. Leghiamo gli sci allo zaino e ci incamminiamo su per il pendio erboso, che fino a soli dieci giorni fa era una frequentata pista da sci.
Una volta superato il punto più ripido, calziamo gli sci e ci lanciamo in una serie di inversioni in mezzo ad alberi e arbusti che ci permette di guadagnare quota in poche centinaia di metri.
Dopo il boschetto il percorso continua in falsopiano fino ad un’ultima salita. Quasi in cima, la nebbia ci circonda; una breve pausa per compattarci , e- lasciati gli sci sul colletto – raggiungiamo la cima del Monte Cugulet a piedi (la neve sembra scarseggiare anche qui). Ci fermiamo a chiacchierare e scattare foto, nella vana speranza che una fugace schiarita ci permetta di intravedere il panorama.

Foto: Davide Vecchio

Ci aspetta la prima discesa del corso in condizione di scarsa visibilità; cautamente, l’ex Diretùr ci fa strada nella nebbia che ci impedisce di vedere la trama della neve, e più volte gli sci scappano, come dotati di una volontà tutta loro.

Per fortuna la nebbia si dirada man mano che scendiamo, fino a permetterci di affrontare con tranquillità, e con un divertente slalom, il tratto più fitto di bosco che ci separa dagli impianti.

Foto: Chiara Tenderini

Un emporio ed una birreria di Melle chiudono in bellezza il corso di sci alpinismo, permettendoci di salutare i compagni delle numerose avventure di quest’inverno.

Alessandro Vicario

Non vediamo l’ora di partecipare al prossimo corso!

Carlo e Federica

E ora le foto 🙂

Foto Col di Vers

Foto Monte Cougulet

SSA1. 5 Uscita: Monte Giulian

5 marzo 2023

Le gite, si sa, sono fatte di salite e discese ma anche di traversi e ripellaggi; di obiettivi e progetti ma anche di curiosi imprevisti; di curve morbide e di neve intonsa ma anche di vento inaspettato e di arzigogolati ravanage . Insomma non tutto va sempre come te l’eri immaginato ma il viaggio vale comunque la fatica! Scenario per la nostra quinta gita è stato l’ampio anfiteatro alle spalle di Prali e della frazione Giordano che offre una ricca gamma di gite e varianti per gli sciatori volenterosi che puntino ad inerpicarsi sulle sue pendici alla ricerca delle giuste condizioni di neve. Seguiamo quindi la nostra allegra armata mentre sale e scende i costoni della valle. A voi Miriam, Alessandra e Alessandro il racconto di cosa può succedere davanti a un bivio

In questa assolata e mite giornata di inizio Marzo siamo andati a fare una bella gita al fondo della Val Germanasca, partendo da Ghigo di Prali. Il ricordo della nevicata di qualche giorno prima prometteva finalmente la neve farinosa tanto cercata, sperata, e raccontata. 

Iniziamo la salita lungo una stretta stradina che presto dobbiamo condividere con i partecipanti alla gara di sci alpinismo! Dopo averli fatti passare e ammirato la loro velocità e instancabile fiato, continuiamo per la nostra stradina che presto diventa un ripido sentiero. 

Salendo scivolavamo contenti su una neve soffice e morbida, finalmente!

Foto: Marcasnow

Guardandoci intorno e chiacchierando con gli istruttori, sembrava che la recente nevicata non avesse causato valanghe. Ma nonostante cio’, consci che il rischio valanghe quel giorno era tra il 2 e il 3, di fronte a un canalino da attraversare siamo andati prudentemente uno alla volta.

E mentre un primo gruppo saliva la montagna dal vallone delle Miniere, un’altra parte del gruppo prendeva una diversa via..come ci racconta Alessandra

Un gruppo di impavidi avventurieri, presi dall’entusiasmo e dalla passione per le imprese pionieristiche, decide di abbandonare la traccia dei primi tre gruppi per avventurarsi in un meraviglioso bosco, con tanta neve, soffice e farinosa (solo a tratti crostosa), soprannominato  in seguito BOSCO DELLE FATE per la singolare bellezza . L’avventura ci ha portato a fare delle goduriose serie di inversioni su neve super soffice, ci ha permesso di vedere panorami mozzafiato, ma soprattutto di scendere su neve intonsa con le pelli ancora attaccate agli sci! …esperienza quasi mistica che, da neofita di questo sport, non credevo fosse possibile fare!Bellissimo!!! bravissimi gli istruttori che ci hanno guidato in questo viaggio meraviglioso!!!!

Fast & Furious

Percorsi alternativi Foto: Luca Biasato

Ma torniamo al primo gruppo, da lì a poco raggiunto anche dalla coda

Dopo l’ultimo pezzo di salita abbastanza intenso e caldo, arriviamo sulla cima del Monte Giulian, quota 2547 da cui si ammira un incredibile vista sulla montagne intorno, sulla Val Pellice, e sembrava di poter quasi toccare il Monviso!

E cima fu! Foto: Davide Vecchio

Una volta arrivati in cima, alcuni gruppi hanno deciso di scendere subito un po’ godendosi la bella neve e ripellare, giusto per fare ‘un po’ di dislivello’ dato che la gita era  1100m 😀, ma soprattutto per godersi la neve! C’e’ stato comunque tempo per tutti/e di godersi il sole, la cima non troppo ventata, riposare le gambe, e godersi il panorama!

La discesa e’ stata finalmente un’esperienza con la vera neve fresca, invece del piattume trovato in alcune delle scorse gite. I grandi cumuli polverosi e il boschetto hanno fatto divertire molti/e di noi, ma anche messo un po’ a dura prova chi ancora non possiede la tecnica perfetta! 

Lungo la discesa, mentre si aspettavano i vari gruppi, e’ naturalmente partita una battaglia di palle di neve che ha causato netti schieramenti e una dura lotta fino all’ultimo fiocco acquoso! Dopo che la diplomazia ha eseguito il suo lavoro nel riportare la pace fra le parti, siamo tornati giu’ e gustato come sempre con tanta gioia la squisita merenda preparata da tutti/e noi!

L’Aggregato Storico per antonomasia esperto di prelibatezze Foto: Federico Ansaldi

Una menzione speciale a Cavour che ha avuto il coraggio di offrire la zizzona, e la saggezza di portare degli stuzzica denti per mangiarla! 😋

Miriam

Alessandro Vicario Monte Giulian 2547

Ed ora come ogni volta le foto!

SSA1 QUARTA USCITA: POINTE DES ROCHERS CHARNIERS

Ci sono montagne che si mostrano poco alla volta, cime che si nascondono man mano che ci si avvicina. Si riparano schive dietro colli e montarozzi cosicché la strada dello scialpinista si spezzetta in tante salite e speranze infrante, mentre uno sci dopo l’altro si suda e ci si affatica lungo i suoi pendii. Rochers Charniers è una di queste.

Quest’oggi saranno le parole di Elisa ad accompagnarci lungo i suoi pendii. Grazie Elisa!

“La cima appare sempre un po’ più in su
E il sole brucia chi sta fermo, di più” 

Una delle mie più grandi passioni è la musica, e mi viene sempre spontaneo associare ogni ricordo emozionante della  vita ad un brano. Beh, ieri sera al rientro dalla gita il ritornello che avevo in testa era questa  strofa del brano “Giovanni sulla terra” di Fabi, Silvestri e Gazzè. 

Giovanni, a mio avviso, potrebbe essere una perfetta incarnazione di un po’ tutti noi del corso; si alza presto il mattino, lavora tutta la settimana, e suda per conquistare “la sua montagna”, con il perenne timore che il proprio sudore sia “lo sforzo di un fesso”.  

Tale sensazione l’ho provata durante la nostra gita di domenica, alla conquista del Pointe des Rochers,  durante l’ascesa dell’ultimo pendio, sotto un sole più che primaverile, a pochi passi dal raggiungimento della tanta ambita meta…  I 3067 mt di altitudine! La mancanza di allenamento dell’ultimo mese, la stanchezza della sveglia alle 5, dopo una settimana impegnativa, si sono fatti tutti sentire… Ma questa  sensazione è stata ben presto spazzata via dall’impagabile bellezza del panorama dell’arco alpino francese ed italiano che abbiamo ammirato dalla vetta (Pic de Rochebrune, Barre des Ecrins etc), e da qualche folata di una tutt’altro che primaverile brezza

I dettagli più tecnici in merito alla gita sono a portata di chiunque consulti il portale Gulliver. Io volevo condividere qui la mia esperienza personale della gita, partendo dall’arrivo al piazzale di Monginevro. Lo abbiamo raggiunto molto presto il mattino (mi ricordo di essermi risvegliata dal consueto sonnellino  ristoratore sul pullman alle 7:15 in prossimità della rotonda di Cesana, albeggiava già ampiamente ed Enzo era pronto al tanto atteso annuncio delle “formazioni”, ovvero i gruppi per la gita), la temperatura era già piuttosto gradevole, tutt’altro che invernale.  

Come di consueto ci si prepara, si va “alla caccia” dei propri istruttori e ci si incammina, questa volta però con gli sci a spalla, per un tratto di strada asfaltata, per fortuna molto breve, prima di imboccare una stradina in direzione Village du Soleil. 

La prima parte di gita, che è la stessa che percorsi per arrivare in cima allo Chaberton (in estiva però), è piuttosto dolce, attraverso il bosco, con sole ed ombra che si alternano. Questo segmento della gita mi piace sempre molto, perché si socializza con nuovi compagni di avventura, con i quali, quantomeno per la giornata che si sta vivendo, si crea inevitabilmente una sorta di filo d’unione. 

Arrivati in prossimità della seggiovia Rochers Rouges il gruppetto si ricompatta e si fa qualche accenno di cartografia, per potersi orientare nell’immensità dei pendii che ci circondano. Ne approfittiamo per rifocillarci un po’ e prepararci alla vera ascesa, in quanto da lì inizia la salita vera e propria. 

Prima di raggiungere il Colle des Trois Freres Mineurs, ci si inerpica per una sorta di coulor, dove provo per la prima volta l’esperienza di mettere i coltelli. Da lì non li togliamo più fino a raggiungere la vetta. Iniziamo a percorrere una serie di pendii tanto spettacolari, quanto impegnativi, con una serie infinita di curvoni ben delineati dalle tante amate “inversioni”. 

Una serie infinita di inversioni, Foto:Davide Vecchio

E finalmente, ecco la cima! L’ultimo tratto è accompagnato da una pungente “bisa” che ben si associa alla fatica che si sta provando per conquistare la vetta.  

I primi gruppi sono già in cima, ed in ottima compagnia di altri 2 Cai ed altri sciatori.  

Il panorama appaga ampiamente tutta la fatica che si è provata… Personalmente il piccolo Monviso (il Pic de Rochebrune, dove sono stata percorrendo la via normale la scorsa estate) ha sempre un fascino incredibile visto in prospettiva, ed il pensiero di poterlo, forse, chissà  un giorno scalare in alpinistica contribuisce ancor di più ad alleviare la fatica della vetta. 

Un appagante panorama, Foto Agnese Amoretti

Dopo una pausa ristoratrice i gruppi si ricompattano e ci si prepara ad affrontare la tanto attesa discesa. 

Al termine del primo pendio il divertimento viene interrotto dalla consueta simulazione di scavo con pala e sonda…  Proprio quando pensavi che la fatica fosse terminata..  Ecco qui la parte più impegnativa della gita 🙂 Quasi due metri di scavo, in tempistiche piuttosto vergognose… Ma sicuramente un’utilissima esperienza, già solo per non dimenticare mai la difficoltà che tale manovra richiede, che ti spinge a riflettere bene prima di poterti avventurare in situazioni ambigue e pericolose… 

Una trincea di scavi, Foto: Stefano Bertolotto

… Si riparte… La discesa, nonostante la neve a tratti “non perfetta” è, almeno per me, una bella goduria, sotto un bel sole splendente…  E poi l’arrivo al parcheggio, l’attesa del pullman, nella bramosia di una bella birra ghiacciata e una bella fettona di salame … Questo momento di convivialità a fine gita è sempre spettacolare: ogni volta un sorriso e una battuta con qualche nuovo compagno/a…  Il valore aggiunto della montagna condivisa 🙂

E poi il relax sul pullman, le giornata che si allungano… Una fantastica domenica! Grazie a Chiara, Giuseppe (i miei istruttori di domenica), a tutti i pazientissimi istruttori Cai ed a tutti i compagni di avventura 🙂

Alla prossima!  

Elisa. 

Punta Rochers Charniers, Alessandro Vicario

E ora le foto!

SSA1 terza uscita: Sella Flassin

07.02.2023

Nell’era dei social e dello storytelling anche la scuola diventa sempre più creativa e visual: a raccontare le nostre avventure non solo più parole e foto ma anche disegni e video! Nell’augurarvi una buona lettura ringraziamo per il loro prezioso contributo le diverse “penne” che hanno contribuito all’ultima relazione, nell’ordine Angelina, la nostra nuova allieva e scrittrice, Stefano non solo istruttore ma anche eccellente fotografo e il nostro immancabile disegnatore Alessandro. Grazie ragazzi e a tutti voi buona lettura!

Più o meno 2.700 metri è stata la quota alla quale siamo arrivati nella terza gita del corso. 1.300 metri di dislivello cominciano ad essere una bella cifra per una principiante come me! Ma la cosa che mi sembra pazzesca è come funziona la geografia. 2.700 metri sopra il livello del mare e mi sentivo proprio in alto. Ironico visto che sono nata e vissuta per 23 anni a Bogotà (Colombia), la quinta capitale più alta al mondo!

A Bogotà diciamo “2.640 metros más cerca a las estrellas”, 2.640 metri più vicini alle stelle. Ma il paesaggio è ben lontano da quello che ci ha regalato le montagne italiane questa domenica. In Colombia, un paese proprio sull’equatore, devi andare qualche metro più in su per poter veder neve: forse con un po’ di fortuna arrivando ai 5.000 metri cominci a trovarla. Ma è così poca e protetta dallo Stato che l’ultima cosa che puoi pensare è di andarci a sciare.

Ma spostiamoci di 9.040 km dalla Colombia e torniamo alla nostra gita al Flassin. Siamo partiti in pullman alle 6:00 da Torino. Lontani dai -15° della gita scorsa, Saint-Oyen ci ha ricevuto con +5°. Questo fatto cominciava a togliermi la speranza di trovare della bella neve farinosa.

Si formano i gruppi e si parte verso il Mont de Flassin. Per le prime 2-3 ore la salita è stata bella, tranquilla, non particolarmente impegnativa e con un bel paesaggio invernale. Nel secondo pezzo cominciava la parte ripida per arrivare alla nostra meta. Ero nell’ultimo gruppo ed era veramente impressionante vedere circa 40 persone fare zig-zag e inversioni una dietro all’altra.

“Vedere 40 persone fare zig zag”, Agnese Amoretti

Dopo circa quattro ore eccoci arrivati al colle tra la Testa Cordellaz e il Flassin.

Verso il colle, Luca Biasato

Anche se non siamo arrivati sulla cima a causa delle condizioni poco sicure, la vista era comunque impressionante. Un cielo blu senza nemmeno una sola nuvola.

Video: Stefano Bertolotti

Si mangia e si beve, si tolgono le pelli e comincia la parte “divertente”. Divertente più per alcuni che per altri, ma comunque piacevole. La condizione della neve era un po’ difficile, per alcuni è stata la nostra prima esperienza con la crosta da vento e rigelo. E tra cristonate e un po’ di mal di gambe siamo scesi dalla parte più ripida per fare esercitazione di autosoccorso in valanga. Si comincia a prendere più confidenza con Artva, sonda e pala e si riprende poi la discesa per raggiungere il pullman. La seconda parte della discesa è decisamente più tranquilla, sembra quasi una pista di sci, con dei tratti di neve più bella e altri un po’ più ghiacciata e crostosa.

I gruppi cominciano ad arrivare uno per volta al pullman e sono accolti da un bel vento gelido. Arrivati tutti, ci raccogliamo al riparo del fabbricato del Foyer de Fond per scappare dal freddo vento da Nord, e si dà il via ad un bel terzo tempo con ogni tipo di spuntini salati, dolci e birra.

Verso le 17.15 si comincia a tornare a casa. Un po’ di traffico, ma verso le 19.00 siamo al punto di ritrovo.

È stata una bella gita, con un bel clima e buona compagnia. Magari la neve non era più farinosa, ma abbiamo imparato tanto e ci siamo divertiti ugualmente. Ed ora si aspetta con trepidazione la quarta gita del corso.

Angelina Callegar

Il gracchio volò e forse lo stambecco osservò – Alessandro Vicario

e ora ecco qui le foto

SSA1 Seconda Uscita: Colle BEgino + Cima SAUREL

25.01.2023

Per la nostra seconda gita, udite udite, abbiamo avuto l’onore di incontrare una morbida neve su cui far correre i nostri amati assi e un pallido sole che ci ha accompagnato lungo la nostra salita (per poi lasciarci, giunti alla meta, preda di un gelido vento, brrr!). Aspettiamo però a farci travolgere da prematuro entusiasmo per l’arrivo della agognata stagione invernale e, per il momento, con aplomb sabaudo custodiamo solo per noi il goduto luccichio della neve e le travolgenti speranze.

Il morbido ambiente invernale alle spalle di Capanna Mautino foto di Gaia

Come tradizione comanda, ripercorriamo ora la nostra ultima gita attraverso le parole del Nostro Girovago Bardo che quest’anno si è fatto sorprendere dall’inizio dei corsi mentre esplorava l’altro lato dell’emisfero. A te la parola, Enrico!

Ormai non reggo più il passo della Scuola.

Qualcuno potrebbe commentare: “E quando mai l’hai retto..”.  Ma sarebbe una malignità: il mio interesse per l’ambiente circostante, l’inclinazione a lieti conversari, si traduce in un incedere mai affannato, regale,  solo in apparenza lento.

No, no, è in generale che non tengo più il passo.

Ma dico: uno torna da un giretto in Patagonia – con ancora negli occhi Fitz Roy, Cerro Torre e Torri del Paine – e scopre che mica lo hanno aspettato, c’è già stata una gita! “E la relazione chi l’ha fatta?” chiedo interessato (NB le relazioni della Prima Gita sono curate da me medesimo, ab immemorabili). “Un’allieva.. l’ha fatta in bus, quando siamo arrivati a Torino era già finita”.

In bus! Ma si può?? Fast and furious!

Mi è venuta l’ansia… Non posso reggere ‘sti ritmi.. Io la relazione la scrivo con piuma d’oca, la leggo, rileggo, la tornisco, la faccio sedimentare..

E ci sono già state pure due lezioni teoriche! Mi presento alla terza, neve e valanghe. Si sa, la tiene un Chiarissimo docente del Politecnico. Da sempre, vi assisto con ammirato interesse, per la competenza, la precisione espositiva, la chiarezza delle slide. Ho solo una latente preoccupazione, che ad un certo punto dica: “Bene, ora facciamo una verifica: prendete un foglio protocollo e  scrivete «Su di un pendio esposto ad nord est nevica da 6 ore; il manto nevoso cresce di 1,72 cm all’ora; il vento ne riduce l’incremento del 19%. Considerata una temperatura media di 2,3°, calcoli il candidato.. »”.

A fine lezione aspettavo il fugone verso l’uscita, invece un allievo ha fatto una domanda che non ho capito proprio bene: ricordo solo che concerneva il cielo stellato.. La cosa che mi ha lasciato esterefatto è che ha formulato la domanda con un riferimento puntuale a due slide, di cui ricordava l’esatta numerazione (tra le mille slide proiettate..). Nella lezione neve e valanghe del 1987, annata d’oro cui mi pregio di essermi affacciato alla Scuola, la domanda avrebbe potuto essere: “Cristalli a calice… con Bonarda o Barbera?” Il docente avrebbe reagito con un mirato lancio di picca.

Ribadisco… troppo sul pezzo ‘sti ragazzi. Temo che alla corrente “Sci alpinismo mite”, di cui sono l’orgoglioso caposcuola, non resti che entrare in clandestinità…

Tormentato da questi pensieri mi accingo alla gita numero due. Appuntamento mattutino h 06.30, bus deluxe, bipiano. All’arrivo a Bousson abbandoniamo il tepore del mezzo, fuori si ghiaccia a – 11. La densità di auto nel parcheggio testimonia che la meta scelta non è stata originale, ma probabilmente assennata.

Per la relazione della gita potrei procedere ad un agevole copia/incolla dalla descrizione su Gulliver (“Da Bousson si segue la strada che si inerpica tra le case fino alle ultime, lasciandola per seguire il sentiero che si tiene alto sul fiume Thures, e dopo l’attraversamento di alcuni prati tocca i ruderi di Bonne Maison”), ma non è questo che mi chiedono i miei lettori. 😊

Dopo agevole salita di buon passo, al Lago Nero il gruppo si divide: circa la metà della combriccola sale a sinistra, al Col Begino, aggiungendo 300 m di dislivello e una ripellata (ripellata???!! Alla seconda gita!!! Ommisignur! Ma  sensa cunisiun!!!). Gli altri proseguono sull’itinerario classico, verso punta Saurel.

La giornata è sì frizzantina, ma il freddo non terribile, complice anche un solicello che pian piano sembra prendere coraggio. Le condizioni del manto nevoso consentono una valida didattica in situ, con illustrazione delle zone dove è più evidente l’insidiosa neve riportata.

Sul pendio a destra possiamo apprezzare anche un’opera d’arte:  “Mirage”, una luna in lamelle di bambù creata sulle fondamenta di un ex avamposto militare.

Quando ci affacciamo ai 2.451 m della cima troviamo un freddo beccaccino, una bisa feroce. Improponibile attendere gli altri qui: rapidamente togliamo le pelli, mettiamo gli sci in assetto da discesa e ci ricompattiamo alla seggiovia dismessa di Col Saurel, per sosta spuntino.

La disponibilità del bus ci consente – con le opportune indicazioni all’autista, dirottato su Claviere – di scendere su di un versante diverso rispetto a quello della traccia di salita. E ben ce ne incoglie: la neve è buona, a tratti ottima, e la discesa divertente.

Sosta per una ricerca Artva ai pianori sopra Capanna Gimont; la difficoltà maggiore è il freddo, funzionale a temprare le giovani leve ed a rendere più sfidante l’esercitazione: nella temuta ipotesi in cui si dovesse ricercare un compagno sepolto, le condizioni meteo e temperatura non le potremmo scegliere noi..

Il corvo imperiale osserva l’esercitazione Artva, Alessandro Vicario

Scendiamo sulle piste; sciatori pochi, l’impressione è che fosse più gente a fare Cima Saurel che sugli impianti.

Al bus degna conclusione della giornata con ricche libagioni; almeno questo nella Scuola non è cambiato.

Quindi, ricapitolando: un millino tondo di dislivello, neve buona in discesa. Bilancio della giornata ampiamente positivo.

Alla fine della gita, stanco ed infreddolito, il mio demone competitivo mi ha suggerito di iniziare a scrivere la relazione in bus… ma mi calo il cappello sugli occhi, e sfrutto al meglio gli ottimi sedili…

Cavùr

PS La temperatura di – 11 alla partenza era impegnativa.. nulla a che vedere però con i – 15 dei cugini bianconeri in campionato … 😊

Le foto della giornata

15.01.2023 SSA 1 PrImA Uscita: Bettaforca e Gabiet

Quando un’immagine dice più di molte parole,,, foto di Federico
Ed eccoci qui, inizia una nuovo anno e una nuova avventura! beh forse non proprio all'insegna del bel tempo ma sicuramente dell'entusiasmo. ;)

La Redazione cambia volto..ops.. penna.  Per quest'anno la frizzante e acuta penna di Francesca non potrà accompagnarci attraverso i racconti delle  nostre peripezie su e giù per le montagne. Aspettando che torni presto,  lasciamo la parola a una  delle  nostre nuove allieve, Alessandra Gallo, che coraggiosamente si è prestata alla scrittura della prima relazione dell'anno (Grazie Alessandra!). 

A seguire, come sempre, lo slideshow con le foto della gita (che a dirla tutta questa volta langue un po'..ma ci rifaremo la prossima volta!)

A te la parola, Alessandra 

Prima uscita 2023 con il Cai Uget per il corso di sci-alpinismo: per me, che sono assolutamente nuova del gruppo e di questo sport, un po’ di tensione e tanta emozione!

Giá dal ritrovo alle 6.30, presso il luogo prestabilito dove troviamo pronto ad attenderci il nostro pullman, si percepisce che nelle persone con cui avrei trascorso la giornata c’è una meravigliosa fiamma accesa che ci accomuna: quella scintilla che alimenta l’entusiasmo ad alzarti la domenica mattina alle 4.45, e che ti carica quando, con un paio di sci pellati ai piedi, devi salire versanti della maestosa montagna innevata, magari anche ripidi e ghiacciati!

Tutto meraviglioso: la sfida con se stessi e con le proprie possibilità è uno stimolo impareggiabile. E gli istruttori del CAI, preparatissimi e attentissimi, sono pronti ad aiutare e a spiegare le tecniche di salita con delicatezza e fermezza.

Per me è stata la prima volta che ho provato un’inversione: incredibile! certi numeri che neanche una ballerina di classica!!!

A rendere il tutto veramente magico è l’eterogeneità del gruppo! Etá diverse, origini diverse, professioni diverse………tutti accomunati dalla passione per la montagna e per la sfida nel superare se stessi!

La nostra meta è Gressoney La Trinitè. Arrivati sul posto, divisione in gruppi e breve ma importante momento di conoscenza con il proprio. Prova dell’artva, e via a prendere l’ovovia che ci porta sulle piste dove ha inizio la salita. È durante questo primo momento che il gruppo si affiata. Il meteo lievemente ostile non spegne la fiamma  che ci lega con un filo invisibile di rispetto e attenzione reciproca. Io ho percepito questo in particolare durante la discesa: tutti con stili e velocitá di andatura diversi, anche in parecchi sullo stesso tratto di pista: non ho mai sentito l’ansia di un’eventuale collisione come invece mi capita normalmente sulle piste affollate! Ciascuno attento a se e agli altri intorno! Per me questa modalitá di discesa è una coccola!

Fatta anche la prova di discesa per testare la capacitá di controllo della sciata di ciascuno; poi giú a valle per rimettere le pelli, risalire verso Gabiet con un’altra ovovia e risalire con gli sci verso il Passo dei Salati per poi gustare una gradevolissima discesa verso Staffal dove ad attenderci il pullman e un buffet ricco di cibo e di simpatia!

Vai allo slideshow