21-25 aprile 2017
Raid Chamonix – Ollomont

GIORNO UNO, Venerdì 21 Aprile

Eccoci qui, a.D. 2017, ovvero quattro anni dopo avere percorso la parte terminale della Chamonix-Zermatt (era il 16 aprile del 2013 e salimmo il Dome di Cian, la Pigne d’Arolla, l’Eveque, la Tete Blanche de Valpelline, il Breithorn) siamo ora qui per “chiudere il cerchio.
L’obiettivo è ambizioso e prevede la partenza da Glacier nella Valpelline di Ollomont dove, se tutto va per il verso giusto, torneremo martedì 25 Aprile.

Piccozza alla mano minaccio i miei dieci amichetti che mi consegnano con un groppo alla gola, il malloppo di 200 iuros con cui pagheremo solo le spese del primo giorno!

Alle sette-zero-zero di Venerdì 21 Aprile il prenotato pullmino-taxi solo-soletto ci attende nel piazzale della minuscola frazione.

Caricati sci, zaini e gli undici bipedi ci accompagna rapidamente a Courmayeur dove prendiamo la super SKYWAY, meraviglia tecnologica, rotante che, in un paio di tronconi, ci consegna alle gelide atmosfere della Punta Helbronner a 11371 piedi o, più familiarmente, a 3466 metri, dopo avere letteralmente “sorvolato” il Rifugio Torino.

Fa freschino (come direbbe Forrest Gump) ma zero vento, non una nuvola, sole a palla e neve da urlo.
Come se non bastasse poca gente in giro… insomma, meglio di così difficile chiedere!

Se non avessi dimenticato la mia radio nel taxi a Courmayeur sarebbe tutto perfetto!!!

Ci mettiamo gli sci (senza pelli di foca) e cominciamo…. le tantissime fermate.

Per chi ci è passato, in condizioni similari, lo sa: è difficilissimo sciare continuativamente!!
E non è la carenza di ossigeno a stoppare i nostri fisici marmorei e temprati alle alte vette: è semplicemente la maestosità dell’ambiente che ad ogni piccolo cambio di prospettiva ci obbliga a fermarci e scattare decine di foto…

Scendiamo così molto lentamente scrutando la possibile salita alla Breche Puiseux della Periades (ormai totalmente priva di neve sul lato del ghiacciaio del Mallet).
Purtroppo, passata la Salle à Manger a quota 2400 la neve lascia il posto a chiazze di ghiaccio, difficili da sciare e pericolose ma con qualche “gava&buta” arriviamo alla grotta nel ghiaccio, l’estremo avamposto raggiungibile per i tanti turisti che salgono in scarpette da Chamonix.

Ci inerpichiamo per lo scalone mischiandoci alla folla fotografante, tra famiglie rumorose provenienti da ogni angolo del mondo.

Raggiunte le piccole cabinovie vi saliamo cercando di non ferire nessuno con le lamine dei nostri sci e le picche fissate agli zaini.

Arriviamo così alla Gare di Montenvers dove la biglietteria apre per noi (i biglietti i turisti li comprano giù, a Chamonix). Venti minuti di trenino ed eccoci nella calda Chamonix, a mille metri di quota….

Livio propone subito una birra e ci fermiamo così per un’oretta in una via centrale della vivace Chamonix.

E poi, reperita la fermata dell’autobus, in Place du Mont Blanc (che fantasia!), aspettiamo pochi minuti l’arrivo del torpedone.
Ci scarica proprio di fronte agli impianti di salita dei Grand Montets e, fatti i biglietti, siamo di nuovo in funivia.

Vista la bella giornata, saliamo fino in cima ai 3295 metri di quota, massima elevazione raggiungibile con gli impianti.

Da lì un’ardita scaletta sale ad un’ampia terrazza di osservazione dove scrutiamo con estrema attenzione il lato destro orografico della immensa conca glaciale di Argentiere.

Domani è previsto il passaggio dal Col du Passon, alternativa ormai consolidata al (peraltro bellissimo) Colle dello Chardonnet dove – dicono – siano necessarie due lunghe doppie per scendere “di là”.
Come se non bastasse, se si transitasse dal Colle dello Chardonnet, occorrerebbe salire poi ancora alla Fenetre de Saleina per guadagnare il Plateau du Trient.

Spesi altri 15 minuti sulla terrazza ripercorriamo le ripide ma facili scalette a ritroso e, ancora una volta, rimettiamo gli sci senza pelli per tuffarci nella lunghissima discesa che ci porta ai 2030 metri del nostro covo, uno strampalato, antico, rifugio, gestito da due strampalati tipi.

Mi immaginavo che gli 80 euro per una mezza pensione del Chalet-Refuge de Lognan fossero sinonimo di stanze con letti a baldacchino e servizio in camera ma devo presto ricredermi….
I prezzi cominciano ad essere esorbitanti ma… tant’è… la clientela che frequenta questi ambienti, raramente proviene dal reparto presse della FIAT o fa il clochard sous les ponts de la Seine.


GIORNO DUE, Sabato 22 Aprile

La salita al Col du Passon, tanto osservata il giorno prima, comporta un fastidioso passaggio sulla ormai spelacchiata morena rocciosa alla base del pendio intorno ai 2400 metri.

Superato il fastidioso intoppo si percorre il ripido ma nevoso pendio fino alla base del vero canale.

Che si dimostra divertente, battutissimo e relativamente facile nonostante passaggi fino a 50 gradi.

Raggiunta la fine dello stretto budello, perfettamente innevato, si spalancano le porte del Paradiso e si entra in un ambiente di incomparabile bellezza.

Attraversiamo estasiasti il Glacier du Tour, piuttosto pianeggiante, per poi infilarci nell’ampio canale del Col du Tour che si raggiunge quasi sci ai piedi esclusi pochi metri terminali.

Da lì decidiamo di salire l’Aiguille du Tour spostandoci verso sinistra.
Tale Aiguille è composta da due sommità.

Qualcuno sale su quella di sinistra, leggermente più bassa di quella di destra.

Necessarie corde, ramponi, sistemi assicurativi per quella di destra.

Solo Enrico oserà salire fino in cima alla massima elevazione.

Tutti gli altri si arrestano più in basso mentre Roby e Guido che avevano optato per la punta di sinistra arrivano anche loro all’apice.

Rimessi gli sci, iniziamo la discesa.

Giovanni perde la manopola di un bastoncino (che non recuperiamo nonostante tanti sforzi) e scesi di un paio di centinaia di metri, ci chiediamo perché, anziché perdere tempo in “faccende” alpinistiche, pericolose e per nulla sciistiche non siamo saliti alle spettacolari Aiguilles Dorees, super tracciate e davvero affascinanti!

Noi ce ne siamo accorti solo troppo tardi ed abbiamo dovuto rinunciarvi…
Si trovano ad EST della Fenetre de Saleina, già citata e si raggiungono in breve anche dal “nostro” itinerario.

Il Plateau du Trient, immenso e bellissimo, è anche sede di atterraggio e decollo di leggeri aerei.

Ci lasciamo sulla destra la Cabane du Trient del CAS a 3170m e scendiamo giù per il Glacier du Trient fino ad intravedere sulla destra lo stretto e ripidissimo Col des Ecandies che, dotato di corde fisse, si risale con una partenza….a forza di braccia: con gli sci in spalla è piuttosto faticoso ma dopo una decina di metri le difficoltà si attenuano ed i 43 metri di salita passano in fretta.

Giunti al Col (des Ecandies) ha inizio la discesa nella bellissima Val d’Arpette.
Arriviamo giù con gli sci molto in basso e con una mezz’oretta a piedi, sci in spalla, siamo a Champex.

Pernottiamo presso Le Bon Abri interessante struttura gestita da stranieri secondo standard svizzeri ma con prezzi più alla portata della media elvetica.
Per “soli” 63 CHF (ovviamente ovunque accettano euro al cambio 1:1) ci trattano davvero bene ed i locali sono perfetti.

Ci rinfranchiamo con birre alla spina a prezzi italiani, docce calde, stanze calde, comode e confortevoli.

Una simpatica signora ci riempie di stuzzichini mentre Mike che festeggia proprio oggi il suo compleanno offre un generoso birrone a tutti che tutti apprezzano moltissimo!


GIORNO TRE, Domenica 23 aprile

Colazione abbondantissima con ogni ben di Dio.

Da buon svizzero alle 7,50 il taxi prenotato da settimane è lì davanti a Le Bon Abri.
Carichiamo gli sci sul predisposto cassone posteriore e gli zaini nel bagagliaio e veniamo portati a quota 800 metri a Verbier.
Spendiamo 37 euro o franchi a testa (avevo messo a budget 28 euro!) ed abbiamo in mano il Forfait-Randonneur con cui possiamo raggiungere il Col des Gentianes a quasi 2900 metri.

La vista sul Gran Combin è meravigliosa!
Dal lato Panossière ovviamente.
Si intuisce bene la smisurata lunghezza del ghiacciaio!
Alcuni di noi vi sono stati pochi giorni prima (dal lato Valsorey) ma è facile identificare la varie cime…

Scendiamo i 150 metri di dislivello in pista, ripelliamo e, in un’ora scarsa, arriviamo al Col de la Chaux 2940m, da cui si scende in un bellissimo vallone per risalire dolcemente verso la Roseblanche.

Con qualche dubbio di percorso, dovuto ad una sbadata lettura della traccia sul GPS da parte mia, raggiungiamo poi il Colle de Momin e da lì, con breve traverso arriviamo al Col de Cleuson dove, rapiti dal fascino della Roseblanche, decidiamo di posare armi & bagagli, per salire i facili e non distanti pendii che puntano alla vetta, a 3336 metri di quota.

Il tempo continua ad essere eccezionale: zero vento, rischio 1, neve presente ovunque, sole a palla.
Che qualcuno abbia fatto un patto con il diavolo?
Ma no che…l’ultimo giorno pagheremo tutto!!!

Dalla vetta della Rosablanche alcune tracce poco distanti ci fanno rimpiangere di non avere portato su gli zaini.
Due di noi, che invece hanno i bagagli con sé, decidono di scendere dalla punta direttamente.
Sembra una buona idea invece incontreranno non poche difficoltà…

La quasi totalità invece torna al Colle di Cleuson, recupera il materiale e dopo breve e simpatica discesa risaliamo al colle di Sovereu con estetica sequenza di “gucie”, sci al colle.

Discesa goduriosa nel Glacier des Ecoulaies e virata a sinistra (dove ci raggiungono i due esuli).

Non abbiamo optato per il (saggio) stop alla Cabane de Prafleuri ma proseguiamo costeggiando il gigantesco (e semi-vuoto) Lac des Dix sulla cui sinistra orografica la neve comincia a scarseggiare.

Raggiunto, ormai esausti, il divertente Pas du Chat, qualcuno addirittura, vinto dalla stanchezza, barcolla e cade ma viene recuperato, alleggerito e …. scaricato il peso dello zaino sui samaritani presenti, si risalgono gli ultimi 500 metri fino alla Cabane des Dix che, avvisata del nostro ritardo via telefono satellitare, ci aspetta.

Solita acqua con micro-verdure galleggianti, carne, purè sintetico che con la notte su tavolato ci costano la solita 80ina di euro.
Almeno i bagni sono interni.
L’acqua ovviamente non è mai presente (la bottiglia da litri 1,5 costa otto euro ed è indispensabile).


GIORNO QUATTRO, Lunedì 24 Aprile

È tanti anni che ho in mente il Mont Blanc de Cheilon ed ora lo saliremo.

Per la via sci-alpinistica, la medesima che la blasonata e famosa scuola di sci-alpinismo Righini di Milano ha percorso ieri.

Scambio alcune parole con qualche membro e ne risulta una salita facile, senza pericoli, e si dovrebbe arrivare fino quasi in vetta con gli sci.
Nonostante oltrepassi i 3800 metri.
La punta vera e propria è leggermente più alta ma per me… è sufficiente a “mettergli” la tacca sopra.

Raggiungiamo in un’oretta il colle de Cheilon con il sole basso all’orizzonte, lasciandoci a destra l’invitante Luette, e ci inoltriamo nel freddo e glaciale fianco sud-ovest dove saliamo lentamente.

La quota si fa sentire ma in meno di tre ore siamo su.

Qualcuno si lamenta del freddo ma siamo anche al mattino presto a 3813 metri!

Mi soffermo poco in punta anche se il panorama meriterebbe; abbiamo una certa fretta perché tre di noi (Roberto, Giovanni, Guido) oggi “usciranno” dal RAID e quindi vorremmo fare il percorso tutti insieme il più possibile.

Altro suggerimento per chi emulerà l’impresa: fatevi prima una salutare salita alla Luette, divertente, sicura e…soleggiata, 3500 metri immediatamente ad ovest della Cabane e poi, con calma salite al Mont Blanc de Cheilon che tanto, prende sole tardissimo!!!

Recuperati i materiali lasciati in basso (qualcuno) si presenta ora l’incognita del passaggio dei due colli: Mont Rouge e de la Lire Rose.

Mi erano giunte voci fossero non transitabili per ghiaccio in alto e poca neve in basso.
Il gestore invece dice che sono transitabili.

E tali si rivelano: un minimo di attenzione e siamo rapidamente al Col de Lire Rose 3100 metri, duecento sotto il precedente.

Da lì possiamo osservare bene i ghiacciai della Serpentine, del Ponton, del Breney ed intuire il gigantesco Otemma.

E vediamo anche la (fortunatamente) innevata via di discesa verso la Cabane di Chanrion, che rappresenterà l’ultima sosta del nostro lungo peregrinaggio.

Con qualche “metti&togli” riusciamo ad arrivare alla Cabane che, alle ore 14 sembra deserta.

I tre che dovevano rientrare ci hanno ormai salutato e noi passiamo un rilassante pomeriggio in rifugio.


GIORNO CINQUE, Martedì 25 Aprile

Siamo rimasti in otto ma, una volta scesi alla base del vallone, sotto la Chanrion, ci dividiamo ancora: tre più ottimisti, sfidando la meteo in sicuro peggioramento (si spera non troppo rapido) saliranno al Gelè mentre il resto della Banda punterà alla più accessibile Fenetre Durand 2797m con eventuale digressione al Mont Avril un facile montagnone, 400 metri più alto.

Il pallido ed intermittente sole che ci accompagna in salita si rende sempre meno presente a mano a mano che ci avviciniamo al Mont Avril.

Trecento metri sotto quella che dovrebbe essere la sommità giriamo la prua e tolte le pelli facciamo rotta verso l’Italia.

Fotografia veloce all’ampio colle e, tra le raffiche di vento, ci buttiamo giù verso le grange Thoules (ormai in Valpelline).

Da lì mi ero preparato ad una lunga marcia sulla strada inter-poderale ma precedenti positive esperienze del nostro presidente ed anche la traccia sci-alpinistica sulla cartina svizzera (ed anche l’ottimo innevamento dell’ampio pianoro) ci spingono a tentare la discesa diretta su Glacier.

Percorso velocemente il pianoro giungiamo allo sbarramento idrico che ben ricordavo quando facemmo in sociale la Traversata del Gelè dal Rifugio Crete Seche (12 aprile 2015).

Da lì togliamo gli sci nella nebbia e seguiamo la stradina che, poco sotto, riprende ad essere innevata.
Chi in sci, chi a piedi, raggiungiamo l’imbocco del ripido sentiero che, ormai pulito, ci porta in venti minuti al piazzale di Glassier (come da carte ufficiali) dove con abile logistica, possiamo accedere alle nostre auto e (finalmente) darci una lavata e cambiarci.

Ci spostiamo verso il paese di Valpelline e, poco a monte, godiamo della nostra cucina nazionale-valdostana, presso il “Vecchio SUISSE” (di ben altro livello rispetto a quanto consumato nei rifugi frequentati!) in attesa dell’arrivo dei nostri amici che hanno avuto fortuna e raggiunto senza problemi il Gelè.

Ricomposti gli equipaggi, il sottoscritto torna (grazie alla pazienza di Annalisa, Livio e Mike) a recuperare la radio a Courmayeur mentre Lorenzo, Daniel, Lino, Enrico si dirigono su Torino.

Il Raid è finito.

Mitico.


Un grazie a tutti i partecipanti e complimenti a tutti.
Abbiamo “retto” per cinque lunghe giornate, anche se la prima non ha comportato alcuna salita con le pelli.

Con questa lunga uscita il GSA ha percorso TUTTA la Chamonix-Zermatt che resta, credo, uno dei più bei percorsi al mondo per chi è appassionato di sci-alpinismo.
Siamo stati fortunatissimi come meteo e come innevamento.

Il rischio 1 può essere sinonimo di scarso innevamento (ed infatti rari tratti, ovviamente alle quote più basse, hanno comportato il “déchaussage” degli ski o il portage) ma questo quadro ha consentito una progressione scevra da possibili valanghe.

Solo il Martedì 25 Aprile (quinto ed ultimo giorno) la meteo è peggiorata ma con gradualità consentendoci un ritorno “asciutto” ed ancora con ottima visibilità (salvo rarissimi momenti di nebbia alle quote medie).

È difficile chiudere con un “ad maiora” … ma qualcosa inventeremo!!!!

Siamo o non siamo il GSA????

Il Gruppo:
annalisa, mike, enrico, daniel, lino, livio, lorenzo, guido, roberto, giovanni, marco.

Un saluto a davide che, poche ore prima della partenza, ha dovuto rinunciare al Raid per questioni personali.

emmecì


Fotografie di Marco Centin e Michelino Giordano.

Per vedere e scaricare queste e tutte le altre foto di Marco potete cliccare quì.
Per quelle di Mike potete invece cliccare quì.

Cai Uget